domenica 31 luglio 2022

Roma #27 (san lorenzo)

 C’è chi inizia dalla fine ed è sempre un buon modo per farlo, perché altrimenti bisognerebbe ricordarsi di tutto quello che è successo e di quello che non lo è, gli eventi, i sogni, i desideri, le passioni e le paure e ci avevo vissuto per più di due anni a San Lorenzo, condividendo la casa con un gruppo di amici, Matteo, Gabriele, Lorenzo, Filippo e soprattutto i giorni e le notti e la vita e quello che c’era dentro e fuori di essa e le serate a parlare, a bere, a cucinare, a comprare il fumo dai ragazzi marocchini per strada, gli sguardi di intesa, gli scambi veloci - Le serate nei pub a sbronzarci e a discutere, le serate in camera a scrivere, a ridere, a suonare, a raccontarci tutto, qualunque cosa ci passasse per la testa e le cene in cucina quando tornavo dal lavoro e mi mettevo a preparare da mangiare per chiunque fosse venuto, rimasto, passato e i vostri volti, i vostri sorrisi, i vostri silenzi, i vostri sguardi, momenti che fuggono e poi rimangono come fotogrammi nella memoria - Non so neanche dirvi quanto vi ho amati, perché mi è impossibile esprimerlo e quanto smarrirsi, andarsene e svanire da tutto ciò sia stato indispensabile, perché fuggire da quello che ci è più vicino al cuore è anche una intima confessione di quanto sia stato meraviglioso vivere quel tempo con voi, di quanto la mia felicità sia stata lucente e di quanto il dolore che la consapevolezza di sapere che anche questo cerchio si stava chiudendo sia stato profondo - È una danza, disse qualcuno, è una lotta, continua a ripetere mio padre, ci ho rimesso piede oggi a San Lorenzo, dopo più di cinque anni, le strade di sempre, i locali in cui mi fermavo a comprare una birra, un panino o un pezzo di pizza, i negozi di libri, i palazzi, gli odori, le strade brillavano e avevo prismi di lacrime negli occhi, come diamanti e così mi sono messo a scrivere, a ricordare, a lasciare che ciò che è stato fosse di nuovo presente, per dirvi ciao invece di andarmene senza avervi salutato, senza avervi abbracciato, per sapere che tutto andava bene e poi sorridervi e stringervi e sparire così. 


giovedì 28 luglio 2022

freewheelin' #66

 Le radioline accese, la domenica mattina e il rumore ovattato del traffico e poi persone che camminavano lungo i portici di Piazza Vittorio e dovevano essere i primi del Novecento e io vivevo in una stanza, proprio sotto una delle arcate e ascoltavo le voci fuori dalla piccola finestra e bevevo assenzio e fumavo oppio ed ero uno scrittore e un bohémien e un’anima solitaria per scelta e vocazione - E poi ero seduto sotto un ponte, ancora il rumore del traffico poco distante e lo scorrere placido e lento di un fiume, con i suoi ricordi di immondizie fluttuanti e poesie di lurida  sporcizia e le case galleggianti attaccate lungo una delle sponde e i primi film di Pasolini e le trattorie dimenticate e il vino, i canti, gli osti dalle trippe prominenti e le eresie architettoniche di un sogno lucente e le sale oniriche di un aeroporto del futuro che mi attendevano - Avevo già comprato i biglietti per un altro volo del subconscio, seduto comodo, in una parentesi di estasi cosmica che racchiudeva come in una visione acida tutta la nostra esistenza, granelli di sabbia, fini granelli di sabbia, grattacieli dell’immaginazione, il calore sulle palpebre e gli occhi di una donna che mi guardavano come solo i tuoi occhi sanno fare mentre discutevamo e mi chiedevo se ci fosse stata almeno una volta, una singola volta nella mia vita in cui mi fossi sentito a mio agio a parlare di lavoro, qualunque esso fosse e di soldi, di guadagni, profitti e rendite e poi ho visto una ragazza passare lungo una strada e mi sono girato dall’altra parte solo per non doverla guardare e poi i riflessi, i bagliori danzanti sulla struttura metallica del ponte sotto il quale ero seduto a scrivere, le fotografie della mente, i profili, i volumi e le geometrie che solo lo scrittore vedeva, i chiaroscuri di disegni non terminati e Sara che dipingeva in una stanza mentre fuori pioveva e io ritagliavo vecchi articoli di guerra da giornali del passato, trascrivendo sul computer il diario di mio nonno, di quando era stato un soldato, perché quella memoria della sua gioventù così distante dalla mia non andasse perduta e mi avvicinasse a lui e poi altre fulgide immagini fra queste mura mentre mi passi la pipa e attendo che gli oggetti comincino a ondeggiare, a vorticare, a danzare, come in un’estasi marina, in una sinfonia oceanica di colori e suoni in movimento, i gioielli che indossi ti rendono meravigliosa amore mio perché niente esiste al di fuori di te.


domenica 24 luglio 2022

dream #114

 Ero nella cucina della casa di mia nonna, insieme a Nick e stavamo parlando e bevendo whisky e poi una porta si è aperta ed è entrata una giovane donna che non conoscevo e ci ha detto che quella era la sua casa e che dovevamo andarcene, così io e Nick siamo usciti e siamo scesi nel cortile del palazzo e lì c’erano persone che discutevano e fra di esse qualcuno che mi ha indicato, mettendosi ad urlare, era un uomo basso, saltava isterico gridando come un ossesso, continuando a indicarmi, allora mi sono girato verso di lui e sul muro che aveva dietro alle spalle c’era attaccata una targa con il mio nome, l’ho letta e poi le parole sono svanite - Ero in un luogo affollato, pieno di gente e c’era come una tensione elettrica nell’aria, camminavo senza sapere dove andare - Ero seduto con Wolfgang da qualche parte, a bere birra e a discutere di cose senza importanza - Ero in un bagno, avevo chiuso la porta e mi stavo preparando per farmi una doccia, faceva caldo, è entrata una donna mentre mi stavo spogliando, mi guardava in una maniera strana e mi sono sentito intimorito da lei,  poi ha preso un asciugamano ed è entrata nella doccia - Lo scroscio dell’acqua, l’odore del mare, l’eco di spiagge perdute nelle isole di un arcipelago di desideri proibiti.


giovedì 21 luglio 2022

freewheelin' #65

 E’ ancora inverno da qualche parte nel mondo e ci sono cristalli di ghiaccio sul parabrezza della macchina e nuvolette di aria condensata che mi escono dalla bocca ed è mattina e i nodi del passato si stanno sciogliendo diventando frammenti di luce su una pellicola di fotogrammi inesplosi - Ci sono immagini di una cucina illuminata dal giorno e quiete e i lenti movimenti di un gatto che mi si avvicina mentre preparo il caffè e poi mi siedo davanti a una delle grandi vetrate, c’è silenzio e ci sono i profili di alberi che diventano quelli dei palazzi di una città immaginaria, migliaia e migliaia di riflessi, migliaia e migliaia di direzioni possibili, anche se non ho nessuna intenzione di muovermi da qui - Il gatto si fa più vicino, trova un confortevole spicchio di sole e ci si sdraia, calmo, consapevole di questo momento, un leggero fumo sale dalla tazza di caffè che ho fra le mani, insieme al suo aroma - Ci sono anche altre immagini, quelle di giornate trascorse al mare, del luccichio delle onde, di quello della sabbia, il suo calore sotto i piedi, le dune, le piante desertiche, i profumi dispersi nell’aria - Ci sono quadri che nessuno ha mai dipinto e romanzi meravigliosi che aspettano solo di non essere scritti, la vita comincia di nuovo in qualche parte del mondo anche se io non so esattamente dove e l’inverno diventa primavera nel cuore di qualcuno e la primavera estate in quello di altri - Accarezzo la pancia del gatto, mentre si gira e mi osserva, ci incontriamo fra queste pagine mio perduto amore,  come fossero le lenzuola di un letto disfatto, perché è solo qui che ti stringerò a me, perché del tuo sorriso non rimanga altro che un suono sospeso, un movimento leggero, un fremito delle labbra o uno sguardo nel buio.

martedì 19 luglio 2022

Roma #26 (piazza vittorio)

 Erano passate quante? Due settimane? Di più? Il tempo interiore è difficilmente calcolabile se ci ritroviamo in quella dimensione confusa, eccitabile, apatica e immaginativa che l’erba produce e così scompariranno anche gli appigli di ore-minuti-secondi e la nostra fuga di fantasie proibite si perderà in un spazio che non saranno gli orologi a costruire - Vivevo a Piazza Vittorio, in un piccolo appartamento in uno dei vecchi palazzi che la circondavano, le mie mani scrivono lente, la nebbia della mattina è svanita e il sole sta iniziando a riscaldare le mie dita e spero che le parole possano apparire più velocemente sul foglio, perché tutta questa fretta? Per tenere il ritmo delle immagini mentali e dei pensieri che arrivano - Compravo oppio dai cinesi e passavo le giornate chiuso in casa a fumare dalla lunga pipa, steso sul divano, sul tappeto logoro - Passavo ore a decifrare gli alfabeti segreti dei ricami floreali consunti della carta da parati, leggevo storie dimenticate fra gli odori dei mobili, delle pagine polverose dei libri, fra i sospiri di vecchie foto che mi cadevano dalle mani - Ascoltavo i misteriosi racconti dei fantasmi di chi aveva vissuto in questo luogo prima di me e c’erano ricordi di marinai e viaggiatori e trafficanti e contrabbandieri - E c’erano stati incontri con prostitute, perché le puttane apparivano sempre più romantiche e vicine all’essenza della vita di una donna qualsiasi - E c’erano lettere, centinaia di lettere che aprivo e smascheravo con gli occhi, pensando di scrivere risposte che nessuno avrebbe mai ricevuto - C’erano album di famiglia dai bordi bruciati, con istantanee di persone ormai morte, le osservavo al lume delle candele mentre fuori pioveva e accendevo la stufa a gas e prendevo un’altra coperta di lana ormai lisa dall’armadio, quel sentore di canfora e giorni perduti - Scrivevo i miei appunti su un quaderno di pelle nera, nella modesta e solitaria malinconia della camera da pranzo, c’era una ricchezza di sensazioni che non era il valore economico delle cose a suggerire ma quanto altri uomini avevano messo delle loro esistenze e delle loro passioni dentro di esse, donando a quegli oggetti un’anima, il potere di poter comunicare attraverso il contratto delle loro superfici sui palmi delle nostre mani - Parlavo con gli arabi, i bengalesi, i cinesi, gli africani che giravano, lavoravano e vivevano nel quartiere - C’era un libro che qualcuno aveva lasciato nell’appartamento, senza il nome dell’autore e parlava di un uomo che aveva vissuto (o forse solo immaginato di vivere) in questo quartiere, si intitolava le alte torri, una serie di porte verso l’ignoto - I viaggi cominciavano quando chiudevo gli occhi e posavo la pipa sul tavolino di legno nero, basso, scheggiato, bellissimo e c’erano ricordi, come fotogrammi mentali e tutte le sensazioni provate e racchiuse in essi - Fuori pioveva o forse solo dentro la mia scatola cranica, nelle storie che lì venivano create e di cui lo scrittore era quasi sempre il protagonista - Avevano camminato dei pittori sulle assi sconnesse del pavimento, c’erano ancora aloni sbiaditi di macchie di colore che non sarebbero andate più via, c’erano tele alle pareti e volti e figure femminili nude o in pose lascive e poi l’oblio della notte, quando tornavo indietro almeno di un secolo per ritrovarmi di nuovo su un tappeto, cosa ero diventato? Pazzo, poeta, idiota, vagabondo? Unico e solitario erede di un’ultima invisibile generazione di scrittori falliti? Eppure avevo trovato dei gioielli e dell’oro nascosti sotto una delle assi del pavimento e ne avevo venduti alcuni e così mi ero fermato e non avevo più pensato a come avrei dovuto guadagnarmi da vivere, a come fare per tirare avanti, non me ne fregava niente dell’aspetto economico di questa commedia, il denaro mi metteva orrore, volevo esistere dentro di me fino alla fine dei miei giorni, in questo corpo, poi sarei andato altrove, chissà dove… Avevo comprato dell’altro oppio e così i giorni svanivano lenti e onirici e c’erano solo racconti di pura fantasia riflessi nei miei occhi e in questi momenti, anche nei più opachi, tutto cominciava a brillare, a vibrare, a divenire reale, così come solo i sogni possono esserlo, tu e l’altro e chiunque in un attimo sospeso fra verità e menzogna abbia deciso di diventare. 


freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...