venerdì 31 dicembre 2021

senza titolo

 Parlami dei giorni andati e di quelli in cui non ti ho più vista, parlami degli anni perduti e di ogni incontro svanito dalla memoria, parlami delle notti in cui bere era un atto di fede e ubriacarsi una meravigliosa canzone d’amore per la tua anima infranta, disegna ancora i tuoi demoni su questi fogli sparsi davanti ai sipari delle mie lacrime, indicami nuove direzioni dove fuggire, dove sparire, dove lasciare che le ore tacciano e che il loro silenzio sia il motivo di questa separazione, ricordami in una scintilla di luce sulle onde del mare d’estate, ricordami in un sogno d’inverno, ti vedo ancora nel profilo delle nubi alla sera, quando la solitudine mi prende per mano e ci sono ombre che mi danzano sul cuore, quelle di chi abbiamo amato e perduto e amato ancora.





mercoledì 29 dicembre 2021

Cigarrones #23

 Era sabato, avevo deciso di non andare al full moon party a Cigarrones e così mi ero ritrovato a incazzarmi con Sara, nel pizza&love, mentre stavamo aspettando da mangiare. Ci eravamo già fatti fuori qualche birra (litigavamo sempre meglio quando eravamo un pò ubriachi) e poi le avevo detto qualcosa sull’educazione e non era assolutamente quello che lei voleva sentire, così aveva iniziato a insultarmi e un’onda di rabbia mi era salita dentro (reazioni, reazioni, reazioni), così a metà del mio hamburger (che era arrivato durante la nostra sempre più accesa discussione) mi ero alzato, avevo lasciato dei soldi sul tavolo e me ne ero tornato a casa, senza aspettarla, crogiolandomi sulla teatralità della mia uscita di scena.

La domenica, nel primo pomeriggio, avevo preso la macchina di Sara (credo che durante la notte, in qualche misterioso modo, avessimo chiarito le nostre posizioni e fatto pace) e avevo guidato fino a Cigarrones, dopo aver comprato alla gasolinera un paio di litri di birra più un tercio da sorseggiare mentre ero al volante. Mi piaceva pensare a questo gesto come a un omaggio a Vittorio, che vedevo sempre più come una sorta di anarchica guida lisergica e che, in parte, credo lo fosse veramente. A bassa velocità mi ero diretto verso Cigarrones con la mia cerveza fra le gambe, come avevo visto fare a lui altre volte. In verità il ricordo maggiormente nitido è quello di Vittorio che guida il suo library service van con un bicchiere di vetro, con non so quale miscuglio alcolico dentro, poggiato direttamente davanti al pacco. Comunque sia, appena superato il women’s field, mi sono reso conto che c’erano una marea di macchine, camion e camper parcheggiati un pò ovunque, più di quanti ne avessi mai visti lì, di sicuro appartenevano alle persone che avevano partecipato al full moon party la notte prima e che erano rimaste in zona sia per smaltire i postumi di tutte le droghe assunte sia per partecipare al mercatino domenicale (più concerto) che era il motivo per il quale ero venuto.

Dopo aver lasciato la macchina in uno spazio dove non si poteva parcheggiare (mi sentivo uno di casa da quelle parti, quindi facevo un pò come cazzo mi pareva) sono andato a trovare Lolo, che era nella sua baracca insieme a Ara, li ho salutati e poi ci siamo seduti sul divano di fuori, c’era il sole, la temperatura era perfetta, abbiamo parlato, abbiamo riso e abbiamo bevuto la birra che avevo portato e che era ancora fresca.

Poi la musica è iniziata, la sentivamo arrivare fra i cespugli e i San Pedro, fra l’aria e le foglie che brillavano nella luce, così siamo andati al tempio (il pussy temple come lo chiamava scherzosamente Adriano) e già c’era parecchia gente nello spiazzo che aveva davanti, tutti sembravano allegri e senza troppe preoccupazioni, Vanessa, Wibbs e Will parevano risplendere (le droghe erano state davvero buone la notte prima, pensavo), Vittorio e Uncle Eddie erano in disparte, chiacchierando fra loro, io mi sono trovato un angolo, ho continuato a bere, poi mi sono messo a ballare ad occhi chiusi, sentendomi vivo e presente e limpido e parte di questo flusso sonico che mi portava con sé. 

Mi è passato davanti Chaz, avevo per un momento riaperto gli occhi, in cerca di alcol, sguardo assente e parole strascicate, mi ha confessato che l’acido che aveva preso durante il party era stato troppo forte (bravo coglione, ho pensato) ma non avevo nessuna voglia di ascoltare i suoi discorsi, soprattutto adesso, così gli ho dato un sorso della mia birra giusto per levarmelo dalle palle e gli ho suggerito di proseguire verso Vittorio.

Il tempo è passato (o siamo noi che passiamo attraverso di esso? Un luogo invisibile, una meraviglia inafferrabile) e l’energia umana mi vibrava dentro e intorno e aveva forme e colori e suoni e odori. Ho abbracciato Maeve e Pauline quando ci siamo visti. Poi altro tempo è passato e la musica è finita, così sono andato di nuovo con Lolo nella sua baracca, ci siamo bevuti un bicchiere di vino, mi sentivo soddisfatto della giornata e non c’era molto altro che volessi fare o dire.

Dopo aver salutato Lolo sono tornato alla macchina e mi sono reso conto che anche la guardia civil era arrivata, parcheggiando non troppo distante. Non capivo bene cosa stessero facendo, forse qualche controllo (anche se la situazione generale era ancora fuori controllo), c’era anche un elicottero che ronzava fastidioso nel cielo, ho studiato un pò la macchina della guardia civil, non c’era molto da vedere, solo un paio di colgioni in divisa appoggiati al cofano che non potevano fare più di tanto, allora ho messo in moto, li ho superati, loro neanche mi hanno guardato, meglio così, ho dato un pò più di gas e me ne sono ritornato al pueblo.


Il giorno dopo siamo andati al monreon, io e Sara, a trovare Stéphane, un suo amico e lui ci ha accolto nella sua casa, con gli strumenti musicali e i libri e gli echi fra le pareti di innumerevoli storie raccontate e dimenticate, ci siamo messi a parlare o meglio Stéphane ha cominciato una interminabile e appassionata arringa contro alcuni coglioni (secondo lui) che si era ritrovato come vicini. Lo ascoltavo un pò sbronzo, credo che ci fossimo fermati a bere una paio di birre al chico bar, io e Sara, prima di arrivare da lui. Poi sono entrati in casa i suoi figli e Stéphane mi ha chiesto se io ne avessi e gli ho risposto di no e lui ha aggiunto che neanche lui ne voleva e che erano stati un regalo per la sua compagna, poi ha guardato la figlia sorridendole e le ha sussurrato - Tu sei stata un regalo.


lunedì 13 dicembre 2021

Orgiva #66

 C’era qualcosa di invisibile nell’attrazione che le donne esercitavano sugli uomini, qualcosa che gli dei della creazione avevano tenuto segreto ai nostri occhi, qualcosa che si poteva sentire ogni volta che una donna iniziava a tessere i suoi filo di gioia e sofferenza intorno al nostro cuore, i sentimenti venivano aggrovigliati fra di loro, divenendo così difficili da separare - Sara sapeva quali punti colpire, con gli sguardi, le parole, i gesti, con i graffi, le urla, gli insulti - Non che tutto questo facesse necessariamente male se eravamo pronti ad accettarlo, era un camino imprevedibile che poteva portare solo a una resa definitiva, a una sottomissione  totale che era l’unico modo per assecondare una natura altra, quella femminile, aliena e lunare, che non era la nostra (o forse che era troppo simile alla mia…) - Poteva essere una lotta, un labirinto, un incubo di passioni soffocanti, una lucente liberazione, uno specchio di momenti smarriti - Cominciavo a capire sempre meglio perché molti grandi scrittori si erano ritrovati alcolizzati, era una maniera per lasciare andare il pensiero a briglia sciolta, il flusso arrivava, indomito, galoppava direttamente verso le dita, le parole si disponeva in linea su un foglio, il danzare di una penna, il ticchettio di una macchina da scrivere, poi si formavano immagini mentali, film personali, storie, racconti o forse nulla di tutto questo.

C’erano mattine che si spogliavano di ogni passato, di ogni vita precedentemente perduta, era sempre un equilibrio precario quello su cui camminavo silenzioso, prima della prossima caduta, del prossimo capovolgimento, quando il cielo diventava mare e l’universo un abisso di intimi misteri infiniti.


sabato 11 dicembre 2021

senza titolo

Quando è stata l’ultima volta che sono stato con te su una spiaggia? A bere birra o vino bianco nel riverbero dorato del sole – La tua pelle era come sabbia e il tuo odore era quello del mare e c’erano brividi lungo la schiena e una leggera brezza che lasciava libero il presente di essere qualsiasi cosa volessimo e di tutti i miei sogni, i miei desideri non è rimasto nulla nel cuore, se non un pallido sospiro, un  respiro leggero che svanisce ogni giorno di più, fino a quando ricordare diventa simile a guardare un film in una sala buia e solitaria e lo sai che ci saranno stelle che brilleranno per te in questa quieta oscurità anche se io non sarò nessuna di esse - Quanti anni hai avuto? Quanti volti? Quante voci? Così diverse eppure tutte comprensibili alla mia anima - Quante volte ti ho perduta? Quante volte ti ho trovata di nuovo? Quante volte mi hai fatto piangere? Quanto ancora andrà avanti questa storia?


 

giovedì 9 dicembre 2021

Orgiva #65

 Territorial pissings o dell’arte di farsi i cazzi propri, li avrei lasciati tutti parlare come meglio credevano e me ne sarei rimasto all’ombra delle mie abitudini, dei miei vizi e dei miei piaceri proibiti. Il tempo era di una perfezione quasi divina e me ne stavo sdraiato come un’oziosa lucertola al sole su un’enorme masso, non mi sarebbe dispiaciuto andarmene da questo mondo così, essere totalmente assorbito dalla vita e sparire in essa, alcuni la chiamavano morte, a me sembrava un atto definitivo di resa alla bellezza dell’esistenza e al suo infinito abbraccio.


Magnifiche giornate senza progetti, se non quelli che il cuore all’improvviso sospirava e a volte era lo scrittore a seguirli, altre il fotografo, poi scomparivano le voci e i personaggi e non c’era più nessun piano, nessuna direzione e io diventavo finalmente libero di non essere più nulla e chiudevo gli occhi sotto un albero, solo, a respirare.


E della tua giovinezza, dei tuoi errori, dei tagli sui polsi, delle lacrime e del dolore non rimarranno altro che cicatrici, quelle che gli anni trasformano in storie e le parole in ricordi, carezze e stelle lontane, quelle di cui ci dobbiamo dimenticare prima di imparare di nuovo ad amare.


giovedì 18 novembre 2021

Orgiva #64

C’era una musica che avrebbe potuto essere tango o qualcosa del genere, non si poteva mai dire da queste parti e delle chiacchiere nell’aria che come al solito non mi interessavano, bastavano i volti, con le loro espressioni ad avere storie da raccontare e questo poteva essere già abbastanza per la fantasia dello scrittore senza l’aggiunta di inutili parole. E i personaggi continuavano a presentarsi sul palco del teatro psichico in ordine casuale, adesso erano seduti vicino a un tavolo di un bar inesistente, ricostruito mentalmente sotto delle luci psichedeliche, in nome di una improvvisazione alcolica e anarchica, in quanti di questi luoghi ero già stato? Quando ne avrei avuto le palle piene di questa gente? Dei loro problemi, dello loro tossiche voci? Non manca molto suggeriva un uomo dallo sguardo oscuro e profondo, non manca molto come mi dicevano i miei genitori quando ero piccolo e mi stancavo di stare in macchina. E poi l’odore dell’erba e le coste del Marocco che io e Sebastian avevamo visto o forse solo immaginato dal mirador di Cañar, Sebastian con le sue classi di disegno e il suo quaderno pieno di piccoli tesori e i suoi racconti e una passeggiata insieme fatta in un bosco fino a un mulino in rovina nel quale si nascondevano i fantasmi di passati impossibili da ricordare e nessuno aveva mai del tabacco con sé anche se tutti fumavano in continuazione e Lorenzo, mentre eravamo seduti al Metal Bar, portava delle birre alle due donne dai capelli d’argento che erano sedute alla mia sinistra e John blaterava come sempre di non so che cosa e sulla strada passava un pullman diretto lontano da qui, da questo pueblo da cui tutti volevano fuggire solo per potervi fare ritorno, che cosa era questa costante insoddisfazione? Che cosa significava questo perdersi&ritrovarsi giorno dopo giorno? Vattene al bar a scrivere la tua merda, diceva Sara, arrabbiata un’altra volta, ero stanco, non sapevo più cosa fare con lei, che ognuno seguisse il suo cammino, che ognuno abbracciasse i propri demoni, che la notte finalmente ci togliesse di torno tutto quello che il mattino aveva portato con lui.


Quanti giorni mancano alla prossima sconfitta? Al prossimo abbandono? Alla prossima resa?


Non molti, ragazzo mio, perché ovunque tu sia io saprò sempre come raggiungerti.

 

mercoledì 3 novembre 2021

Orgiva #63

 E gli uomini erano di nuovo al Chico Bar ed era lunedì ed erano gli stessi uomini di tutti gli altri giorni e parlavano di calcio e di squadre ed erano le solite inutili chiacchiere di sempre e per questo perfettamente essenziali e il tempo, intorno, dentro di me, stava perdendo coesione e i luoghi della memoria si alteravano fra di loro, lucenti e tenebrosi e poi eravamo a un concerto jazz a Monachil, io e Sara, seduti a un tavolo a bere birra e a ridere e poi rimanevamo in silenzio ad ascoltare la musica e arrivavano dei ricordi, delle tregue, degli attimi, dei frammenti di giovinezza e c’erano cani al guinzaglio nelle strade assolate del pomeriggio e altri lasciati liberi di morire come meglio credessero e la sensazione che qualcosa stesse per finire e ci sarebbero state nuove stanze proibite ad attenderci ed ennesime città oniriche nelle quali avremmo voluto vivere e dove non saremmo mai passati, neanche per fuggire da noi stessi e quartieri nella pioggia e luci al neon e ringhiere arrugginite e antenne e vie misteriose che si piegavano su se stesse e lo scrittore e la sua gloria di fallimenti e sconfitte, una gloria che solo lui conosceva e vedeva, consacrata dalla miseria del mondo e dalle parole biascicate di chi indecentemente ci viveva e poi un’eco della primavera prima che si desnudi disinibita nell’estate, le ombre che danzano sulle tue palpebre socchiuse e la vita che fugge lontano e alcuni di noi insieme a lei, inseguendola e sapendo bene che non ci sarebbe stato ritorno.

mercoledì 27 ottobre 2021

homesick #55

 Solo le immagini mentali così come arrivano - Eravamo andati a un concerto degli Interpol, io e Marco, credo che fosse all’Atlantico, un locale oscuro, dal soffitto basso, perfetto per le sonorità dark del gruppo, avevamo bevuto parecchie birre e fumato una enormità di sigarette ed era lui, a distanza di anni, l’unico amico che mi era rimasto, che era ancora nel mio cuore, era lui mio fratello e lo sarebbe stato per i giorni a venire anche se non ci fossimo più visti, anche se le nostre strade, da tempo, avevano preso direzioni diverse, lui era con me, nei miei ricordi, in tutto quello che ci aveva diviso e per questo unito in maniera indissolubile - Avevamo incontrato Nicole all’aeroporto Leonardo Da Vinci, io e Maria e poi eravamo andati a mangiare tutti e tre insieme a Fiumicino, in uno stabilimento, seduti a un tavolo che dava sul mare, con i riflessi sulle onde che arrivavano come scintille di luce e avevamo ordinato pesce e una frittura di calamari e bevuto vino bianco ghiacciato e c’era calma e quiete e parole che scivolavano via nell’aria e questa sequenza perduta e l’ultima volta che ho visto Nicole, l’azzurro dei suoi occhi, la malinconia e la dolcezza in quelli di Maria - Tutta la vita che ci separa solo quando abbiamo potuto condividerla con qualcuno - E il giorno in cui ho lasciato il lavoro, il giorno in cui un ennesimo cerchio è stato chiuso, una circonferenza di punti imperfetti sulla quale mi ero stancato di girare, disegnata su fogli ingialliti di una memoria consumata, non c’era più un cazzo da fare là dentro e se gli dei della grazia avessero voluto non avrei più rivisto nessuna delle molteplici teste di cazzo che mi erano ciondolate intorno in quegli anni, quanta rabbia, quanto rancore, le dolenti onde della disillusione in un mare di menzogne, ero naufragato, la nave era colata a picco, niente capitanicoraggiosi, niente sirene, nessuna puttana a gambe aperte ad aspettarti, nessuno che ricordasse il mio nome, ero diventato un’ombra, ero fuggito, i muri erano crollati e le macerie erano tutto quello che ne era rimasto - Un giorno di primavera, una notte d’inverno, un pomeriggio d’autunno, una mattina d’estate, un abbraccio mai dato, un saluto svanito, un addio sussurrato, un amore mai rivelato, un giorno in cui mi sono svegliato e tu non eri più qui, una notte in cui ti ho sognata e ti vedevo ovunque, in ogni luogo di questa colorata farsa in cui ti avrei cercata e mai più incontrata.


lunedì 11 ottobre 2021

Orgiva #62

 Avevo bevuto un paio di alhambra especial, seduto a uno dei luridi tavolini del Chico Bar e dopo mi ero andato a stendere su delle erbacce, lì vicino, sopra al mio poncho rosso e sembrava veramente già estate e sembrava veramente di avere di nuovo vent’anni e l’aria intorno e dentro di me vibrava di suoni e speranze dimenticate - Poi mi sono alzato e sono andato al Viejo Molino, mi sono seduto a un tavolino in penombra e ho ordinato un tubo, ho preso un giornale dal mucchio in un angolo del bancone e mi sono messo a leggere - A Nerja, alcuni giorni prima, io e Sara avevamo incontrato Lorenzo e Hannah, poi eravamo andati a una piccola spiaggia (Playa Carabeo) e avevamo bevuto un paio di lattine di birra sulla sabbia e avevo scattato delle foto a Sara, poi avevamo mangiato pizza&pasta in un ristorantino italiano, parlando e continuando a bere birra, era magnifico il presente e farne parte, ridendo di tutto ed essendo felici in ogni istante che ci separa dalla nostra morte - Alcune volte scherzavamo, io e Sara, sulla possibilità di avere dei figli, non sarei mai stato padre e mi sembrava una saggia decisione - Era arrivato Sebastian e si era seduto accanto a me, ero ancora nel Viejo Molino bevendo il mio secondo tubo, ci siamo messi a chiacchierare, poi eravamo in macchina, Sebastian aveva una classe di disegno nel pomeriggio e mi aveva chiesto se volessi fare da modello per i suoi studenti, avevo accettato - Ero seduto su una sedia, come quelle delle scuole elementari, controllavo il respiro, era stupendo non muoversi e rimanere concentrato su ogni sfumatura emotiva interiore, sarei potuto stare così in eterno - Questo è il lavoro perfetto, ho pensato, in un momento improvviso in cui il futuro ha preso forma nella mia testa, per svanire subito dopo - Sebastian era un bravo maestro, aveva pazienza e guardava e parlava sempre in modo gentile e pacato con i suoi alunni, mi sentivo così in armonia quando ero vicino a lui - Una ragazza che mi stava facendo il ritratto mi ha chiesto se potessi rimanere senza muovermi tutto il giorno, le ho detto di si, senza guardarla, è come una meditazione, ho aggiunto, poi lei mi ha fatto vedere il suo disegno, avvicinandosi a me, mancavano i miei occhi, solo allora l’ho guadata direttamente, lei ha sorriso, hai gli occhi verdi, mi ha detto - Eravamo al Bar Cañadas, era quasi sera, io e Sebastian stavamo parlando e bevendo birra - Arte, filosofia, meditazione, educazione, sostanze psichedeliche, famiglia, Tomoko, giovinezza, infanzia, alcol, sigarette, musica, fughe, montagna, isolamento, solitudine, illuminazioni, Picasso, linee, disegno figurativo, emozioni, riflessi - La sua anima era così simile alla mia - Poi sono arrivate altre persone, altri folli personaggi di questo labirinto psichico che era Orgiva, ho iniziato a sentirmi confuso, troppe voci, troppi stimoli, troppe birre, mi sono alzato, ho baciato Sebastian sulla guancia e sono tornato a casa, Sara era addormentata sul divano, sono andato in camera, mi sono spogliato e sono entrato nel letto, un luogo sicuro, sotto le lenzuola rosse, c’era l’odore del corpo di Sara, come sarebbe stata, un giorno, la vita senza di lei? Non volevo pensarci, ci sono dei sogni dai quali non vorremmo mai svegliarci.

domenica 3 ottobre 2021

Orgiva #61

 Sembrava di nuovo estate, quella dei miei vent’anni, con la luce e le scopate e le birre e il vento caldo nell’aria, l’odore degli eucalipti come quelli dell’Isola e il mare e le spiagge e il desiderio di vivere solo per il gusto di esistere, senza sapere, senza voler sapere quello che sarebbe successo dopo.


Era come tornare indietro e farlo senza l’obbligo di andare avanti e per questo rimanere fermi nel presente, immergendosi totalmente in esso, nei suoi giochi, nei suoi trucchi e al di là di ogni illusione volevo solo abbandonarmi al vuoto dorato di ogni respiro e gioirne in silenzio. E ancora gli uomini parlavano al bancone del Chico Bar e io mi sedevo in disparte a scrivere e sapevo che il vecchio Hank sarebbe stato orgoglioso di me se mi avesse visto, di quello che (non) stavo facendo, di quanto non me ne fregasse più un cazzo (te ne è mai fregato niente? domandava sorridendo lo scrittore) di giudizi e aspettative, di quello che gli altri pensassero o volessero da me, era l’arte dell’equidistanza, suggeriva qualcuno, nella mia mente, seduto sotto un albero nella posizione del loto.


Mi misi a parlare con Paul e gli dissi che prima o poi avremmo finito questo documentario sul Dragon Festival e che dopo avremmo iniziato qualcosa di completamente diverso, sarebbe stato importante filmare la vita, continuavo, nel suo invisibile e perpetuo manifestarsi, gli strambi personaggi e i grotteschi individui che si muovevano al suo interno, non dobbiamo programmare nulla, Paul, tornando al presente, tutto sarà improvvisato, senza ordine logico, senza sovrastrutture mentali, dobbiamo solo sbronzarci giorno dopo giorno e filmare e non capire più nulla di ciò che stiamo facendo e poi lasciare ogni cosa al suo posto e dimenticare questa realtà inseguendo visioni acide e questo è tutto quello di cui abbiamo bisogno, Paul, un film che esista solo nelle nostre menti, girato, proiettato e distrutto allo stesso tempo, creato e dimenticato, inseguito e perduto.


Chaz mi aveva descritto i sette gradi dell’alcolismo (e sentivo, con un brivido di eccitazione lungo la schiena, di trovarmi già fra il quarto e il quinto - Sei quasi arrivato, ghignava lo scrittore) e i dodici passi della disintossicazione, lo avevo ascoltato con interesse (forse perché ero già alla terza birra), ripetendomi silenziosamente nella testa che questa era la prima e ultima volta che lo sarei stato a sentire, mi aveva proposto di andare a vivere a casa sua (in subaffitto, visto che doveva andare a fare non so quali cazzi in Francia, forse a vendemmiare) e l’idea adesso mi sembrava del tutto improponibile, cominciavo ad averne le palle piene di ubriaconi e tossici e desperados vari, erano utili per lo scrittore e basta, poi il luogo dove vivevo lo volevo tranquillo e pulito, senza spazzatura umana intorno.


I figli che avrei avuto con Sara e non sarebbero mai nati, non mi ricordavo da quanto tempo non sentissi questo tipo di intimità con una donna e di appartenenza a tutto quello che ci univa e divideva nella danza del tempo, in quella del cuore e dei sentimenti, mi piaceva anche quando mi infilava un dito nel culo e un giorno le avrei permesso di scoparmi da dietro con qualcosa di più sostanzioso dentro.


Raccontiamoci i nostri segreti perché siano le bugie a dirci la verità, perché come ci ricorda il vecchio Lee in questa vita nulla è reale eppure tutto è permesso.


domenica 26 settembre 2021

Capileira

 Alcuni alberi erano spogli e altri avevano già le loro piccole gemme e credo fosse  il suono della chitarra di Eric Clapton o JJ Cale a uscire fuori lento, sinuoso e magnifico dalle casse attaccate alla corteccia di un tronco, il volume era perfetto e così la temperatura del giorno ed ero seduto nel patio di un bar (El Tilo a Capileira) a bere una birra e avevo una macchina parcheggiata lì vicino (quella di  Sara) e benza a sufficienza per continuare ad andare dopo questa pausa anche se non avrei saputo bene dire dove, c’era l’immagine di una montagna nella mia mente e la presenza di un bianco silenzio sulla sua sommità, sapevo che non c’erano più parole che avesse senso dire, mi sembrava importante solo lasciarsi trasportare dagli eventi in uno stato di continua improvvisazione, con l’unico intento di non programmare nulla, di non sapere niente di quello che sarebbe venuto dopo, eterno presente, eterno splendore di una mente immacolata, nessuna confusione, nessuna deviazione, nessuna scappatoia anche se poi c’erano sempre i tuoi piedi a tentarmi e a farmi prostrare, distruggendo così ogni mia resistenza, mi inginocchiavo per baciarli, cominciando ad apprezzare le tue  umiliazioni verbali e i tuoi abusi psicologici - Jimi Hendrix adesso suonava Little Wing e qualcuno mi avrebbe passato un altro acido, prima o poi, c’era una moltitudine di case sconosciute nelle quali avrei voluto vivere, solo per dare spazio alle visioni dello scrittore, non rimaneva quasi più nulla di ciò che ero stato, inventavo il mio presente fra momenti di disperazione e risa, estasi e cadute, il cielo era di un azzurro brillante e ho visto il tuo volto cambiare, farsi più vecchio, le sue rughe come le linee di una cattedrale di misteriosa e arcaica bellezza, i fili d’argento fra i tuoi capelli, fra quelli di ogni donna che il tempo finirà per far danzare con sé, nel riflesso di quelle lacrime che ho lasciato cadere come diamanti dimenticati fra dita e terre ormai lontane e scomparse.

venerdì 24 settembre 2021

...

 "Il tempo cambiava rapidamente, il caldo non avrebbe tardato a opprimere il sud della Spagna; ragazze nude cominciavano a popolare la spiaggia vicino a casa mia, soprattutto il fine settimana; sentivo rinascere, debole e fiacco, non un vero desiderio - poiché la parola mi sembra comunque predisporre una fiducia minima nella possibilità della sua realizzazione - ma il ricordo, il fantasma di quello che avrebbe potuto essere un desiderio. Vedevo profilarsi la cosa mentale, l'estremo tormento, e in quel momento potei finalmente dire di aver capito. Il piacere sessuale non era soltanto superiore, in raffinatezza e violenza, a tutti gli altri piaceri che la vita poteva comportare; non era solamente l'unico piacere che non si accompagni ad alcun danno per l'organismo, ma che contribuisca invece a mantenerlo al suo più alto livello di vitalità e di forza; era l'unico piacere, l'unico obiettivo in verità dell'esistenza umana, e tutti gli altri - fossero associati ai cibi ricchi, al tabacco, all'alcool o alla droga - non erano che compensazioni irrisorie e disperate, dei minisuicidi che non avevano il coraggio di proferire il loro nome, dei tentativi per distruggere più in fretta un corpo che non aveva più accesso al piacere unico. La vita umana, dunque, era organizzata in maniera terribilmente semplice, e per una ventina d'anni, attraverso le mie sceneggiature e i miei sketch non avevo fatto altro che girare intorno a una realtà che avrei potuto esprimere in poche frasi. La giovinezza era il tempo della felicità, la sua stagione unica; conducendo una vita oziosa e priva di preoccupazioni, occupata unicamente da studi poco impegnativi, i giovani potevano dedicarsi senza limiti alla libera esultanza dei loro corpi. Potevano giocare, ballare, amare, moltiplicare i piaceri. alle prime ore del mattino potevano uscire da una festa in compagnia dei partner sessuali che si erano scelti, per contemplare la tetra fila degli impiegati che si recavano al lavoro. Erano il sale della terra, e veniva dato loro tutto, veniva permesso loro tutto, per loro tutto era possibile. In seguito, fondata una famiglia, entrati nel mondo degli adulti, avrebbero conosciutole seccature, la fatica, la responsabilità, le difficoltà dell'esistenza; avrebbero dovuto pagare le tasse, assoggettarsi a formalità amministrative senza smettere di assistere, impotenti, al degrado irrimediabile - lento dapprima, poi sempre più rapido - dei loro corpi; avrebbero dovuto mantenere dei figli, soprattutto, come nemici mortali nella propria casa; avrebbero dovuto coccolarli, nutrirli, preoccuparsi delle loro malattie, assicurare i mezzi della loro istruzione e dei loro divertimenti, e contrariamente a ciocche avviene negli animali ciò non sarebbe durato soltanto una stagione, sarebbero rimasti schiavi della loro prole fino alla fine, il tempo della gioia era definitivamente terminato per loro; avrebbero continuato a penare fino in fondo, nel dolore e nei disturbi fisici crescenti, fino a essere gettati definitivamente fra gli scarti, una volta diventati vecchi e buoni a nulla. Dai figli non avrebbero affatto ricevuto riconoscenza, anzi, i loro sforzi, per quanto accaniti, non sarebbero mai stati ritenuti sufficienti, fino alla fine sarebbero stati considerati colpevoli per il semplice fatto di essere genitori. Da questa vita dolorosa, segnata dalla vergogna, ogni gioia sarebbe stata spietatamente bandita. Non appena avessero voluto avvicinarsi al corpo dei giovani, sarebbero stati perseguitati, respinti, condannati al ridicolo, all'obbrobrio, e, ai nostri giorni, sempre più spesso alla prigione. Il corpo dei giovani, unico bene desiderabile che sia mai stato in grado di produrre il mondo, era riservato all'uso esclusivo dei giovani, e la sorte dei vecchi era quella di lavorare e patire. Questo era il vero senso della solidarietà fra le generazioni: consisteva in un puro e semplice olocausto di ogni generazione a beneficio di quella destinata a sostituirla, olocausto crudele, prolungato, e che non si accompagnava ad alcuna consolazione, ad alcun conforto, ad alcuna compensazione materiale o affettiva."

michel houellebecq
la possibilità di un'isola

domenica 19 settembre 2021

Orgiva #60

 Case bianche e origami di neve nel verde che avvolge lo sguardo e ancora discussioni durante la notte con Sara mentre fumiamo hashish nella mia stanza e i nostri pensieri si fanno confusi, poi le chiedo se posso dormire con lei, poi sono nel suo letto e lei è seduta a suonare il piano, poi ci sono i nostri corpi vicini, di nuovo il suo respiro sulla mia bocca e l’energia sessuale che pulsa alla base dei coglioni - Le immagini al tramonto della nuova casa dove lei andrà a vivere e la sensazione di essere già stato lì, come solo nei sogni può succedere, quando  siamo andati a visitarla insieme, con la presenza di un uomo morto nascosto in un armadio e scatoloni pieni di libri e ombre danzanti sulle pareti e flussi insensati di parole, di ricordi che non ci porteranno da nessuna parte e il tuo carattere, Sara, che mi scuote e mi istiga al confronto e la voglia di scoparti mentre ti neghi giorno dopo giorno e la voglia di sborrare mentre continui a eccitarmi per poi ridere di me, delle mie debolezze, del mio arrendermi e ribellarmi alla tua natura, alla tua essenza, sempre più presente al mio interno, nel cuore, nei desideri, in ogni mia fantasia che finisci per realizzare per poi intrappolarmi nei tuoi discorsi, pensieri, emozioni - Furia femminile, incontrollato splendore.


E non volevo sapere cosa sarebbe successo dopo, se erano solo i miei orgasmi negati a dettare le regole da seguire o se fossero i limiti di una convivenza impossibile da portare avanti a farmi restare con te, esploravamo questi labili confini solo per poi distruggerli l’attimo seguente, ingannandoci ancora e creandone così di nuovi, fino a quando fosse stata la libertà o la nostra rispettiva schiavitù a condurci nei luoghi dell’immaginazione e della realtà che esiste al di là di essa.


Non sai mai cosa si troverà dopo il prossimo angolo, diceva Paul, poi mi passava la bottiglia di Jameson e davo un sorso, Martha era lì vicino, l’abbiamo raggiunta, stava bevendo birra con altra gente, il Chico Bar era stranamente affollato e Miguel stava per chiudere, chiamando l’ultimo giro, ci sarebbe stato un party da Vittorio quella notte - Sono tornato a casa da Sara, poi tutto si è fatto senza senso e i ruoli di entrambi sono stati quelli sbagliati, volevo solo vedere un film con te, Sara e poi sdraiarmi al tuo fianco, non me ne frega un cazzo dei personaggi di questo pueblo, è lo scrittore che li crea e li descrive e li lascia vivere fra queste pagine, la crudeltà è un gioco sublime, diceva qualcuno, l’amore solo una ferita più profonda delle altre.


venerdì 17 settembre 2021

...

"Mi immaginavo allora - e quindici anni dopo ci ripensavo ancora con vergogna, con disgusto - che a partire da una certa età il desiderio sessuale sparisse, che lasciasse perlomeno relativamente tranquilli. Come avevo potuto, io che mi ritenevo uno spirito acuto, caustico, come avevo potuto farmi un'illusione così ridicola? Conoscevo la vita, in linea di massima, avevo anche letto dei libri; e se c'era un argomento semplice, un argomento su cui, come si dice, tutte le testimonianze concordano, era proprio quello. Non solo il desiderio sessuale non sparisce, ma con l'età si fa sempre più crudele, sempre più straziante e insaziabile - e anche negli uomini, piuttosto rari, in cui spariscono le secrezioni ormonali, l'erezione e tutti i fenomeni associati, l'attrazione per i giovani corpi femminili non diminuisce, essa diventa, ed è forse ancora peggio, una cosa mentale, e desiderio del desiderio. Ecco la verità, ecco l'evidenza, ecco quello che avevano ripetuto instancabilmente tutti gli autori seri"

michel houellebecq
la possibilità di un'isola

mercoledì 15 settembre 2021

Lanjaron #3

 Odore di pescado e una Estrella Galicia ambrata e ghiacciata davanti, posata sul tavolino del bar, i riflessi del sole nel vetro della bottiglia, come le vene lucenti di un essere mescalinico, poi nuvole improvvise nel cielo e l’inquieto grigiore intorno alle cime delle montagne, avrebbe nevicato? Chiedeva uno degli uomini travestiti da desperados al tavolo accanto al mio mentre un altro sembrava prevedere l’arrivo di una bianca sostanza durante la notte (forse la coca che gli sarebbe risalita su per le narici? Pensava sarcastico lo scrittore), a me interessava solo addormentarmi un’altra volta al fianco di Sara, sentire il calore del suo corpo, del suo culo schiacciato contro il mio cazzo che cominciava a pulsare (le tue erezioni sembrano sempre una domanda, mi aveva detto una volta), poi la voglia, la frustrazione, la voglia, la frustrazione, il suo odore, il suo collo da baciare mentre la stringevo da dietro, mi faceva tenere una mano sul suo ventre, una sul seno, mi perdevo in quel contatto, svanivo nel sonno, nel mondo dei sogni, ero di nuovo nel letto vicino a lei, il cazzo duro, la prima luce del giorno, tutto sembrava perfetto, impossibile, naturale, imprevedibile, dolente, stupendo.


Avevamo fumato changa, una sera, creando prima un piccolo rituale, seduti su  dei cuscini orientali, nella penombra di una luce rossastra, gli effetti di questo miscuglio di erbe era arrivato quasi subito, trascinandomi velocemente in quell’altro mondo (il nagual) dal quale ero stato assorbito, prima ad occhi chiusi, con strutture geometriche, colorate e concentriche, in movimento, poi ad occhi aperti, con nuove profondità tridimensionali dello spazio e degli oggetti al loro interno, la realtà girava circolarmente intorno ai punti su cui si fermava il mio  sguardo - Divinità indiane, il volto di Sara, misterioso come quello di una donna araba, poi il contatto delle sue dita sul mio braccio, freddo e mortale - Eravamo due estranei seduti uno accanto all’altro, mentre ci concedevamo una pausa dalle nostre litigate, dalle nostre sfuriate, rifugiandoci per poco e in silenzio nei nostri rispettivi mondi interiori - Un gemito di piacere mi era uscito dalle labbra quando la sostanza si era impossessata di me, sprofondavo, riemergevo, io e Sara eravamo stati entrambi altrove senza che nessuno potesse dirci esattamente dove, poi eravamo di nuovo seduti sul divano, le proporzioni della stanza tornavano alla normalità (quale? domandava scettico lo scrittore) - Quella delle stupide illusioni euclidee, nuovi teoremi sarebbero stati scoperti, un giorno, oltre le fetide elucubrazioni di una geometria ormai vecchia, inutile e stantia.


Qualcuno fumava porro al tavolo dei desperados, avevo ordinato una seconda Estrella, il tipo stava parlando con gli altri in italiano, nascondendosi a vivere chissà dove, forse in montagna, a coltivare oppio e marijuana - Avevo passato un paio di ore, durante la mattina, a guidare senza meta, per poi fermarmi a scattare foto alle enormi eliche di gigantesche turbine eoliche - Mi era venuto il cazzo duro nei pantaloni, pensando a Sara, erano più di dieci giorni che non sborravo, mi sentivo i coglioni gonfi (che condanna essere uomini, ripeteva lo scrittore a se stesso) e il minimo contatto del suo corpo mi provocava un brivido e un fremito di piacere e inquietudine - Le avevo baciato una caviglia, la notte precedente, sul piccolo terrazzo di casa e le solite fantasie avevano preso forma nella sala buia delle proiezioni mentali (sempre lo stesso film, sempre lo stesso film, ripeteva annoiato il regista in cerca di nuove e decadenti sceneggiature) - In un bar qualcuno stava parlando di bocchini e masturbazione e c’erano intorno, da qualche parte, facciate lucenti di case abbandonate e frammenti di storie dimenticate fra di esse e persone in attesa fra i vicoli sporchi e lungo le strade ormai vuote di questo pueblo, dove Tim si sistemava per terra con il suo violino, suonando una musica di una tristezza devastante e poi le fotografie perdute di tutti i giorni che abbiamo sprecato insieme, di quelli passati a guardare le onde del mare scintillare durante la mia giovinezza, l’odore dell’hashish e ogni momento di cui non sapremo più nulla e poi l’oblio che ogni storia d’amore racchiude e disvela e le nostre dita intrecciate e l’amore che che ho provato e ho cercato di esprimere per tutta la mia vita senza mai riuscirci e poi gli errori e le sconfitte e quella fine che ogni inizio pretende solo per essere tale e il silenzio di una stanza e quello dei miei piaceri proibiti e le parole che mi dimenticherò di dirti e questo istante con le sue mendicanti menzogne e le sue verità in vesti di sgargianti bugie, cangianti oscenità, i tuoi morsi fra quel che resta delle mie indomite e insaziabili metamorfosi notturne, bianca luce che accogli ogni sbaglio, continua a proteggermi, bianco calore che trasformi la sofferenza nel piacere di chi si abbandona alle tue sinuose onde, ovunque proteggimi, ultima spiaggia, ultimo orgasmo, fottere, fottere, fottere, grida qualcuno nell’estasi di un tormento infinito.


venerdì 10 settembre 2021

...

 "Non avevo forse mai avuto una vera conversazione con qualcuno che non fosse una donna amata, e in fondo mi pareva normale che lo scambio di idee con qualcuno che non conosce il vostro corpo, che non è in grado di farne l'infelicità o la gioia, fosse un esercizio falso e in fin dei conti impossibile, poiché siamo dei corpi, siamo innanzitutto, principalmente e quasi unicamente dei corpi, e lo stato dei nostri corpi costituisce l'autentica spiegazione della maggior parte delle nostre concezioni intellettuali e morali"

michel houellebecq
la possibilità di un'isola

mercoledì 8 settembre 2021

Orgiva #59

 Aveva ragione mio padre quando diceva che non si poteva passare tutto il tempo a scrivere, Hemingway se ne andava spesso a bere o alle corride o a pescare il merlin insieme a Fidel Castro (chissà quanti ami gli si saranno infilati nella barba, ghignava lo scrittore) e aveva ragione anche il vecchio Hank quando diceva che i bar erano un ottimo posto per trovare l’ispirazione (insieme agli ippodromi, of course) e così anche io, seguendo i consigli dei più saggi, me ne andavo al Chico Bar o al Viejo Molino quando volevo una birra per cominciare a riempire una nuova pagina bianca o quando Sara voleva il suo spazio a casa e lasciavo per qualche ora il suo mondo per immergermi di nuovo nel mio, con la speranza che un giorno fossero diventati lo stesso universo e noi due stelle lucenti nella sua sensuale oscurità.

E le notti si susseguivano nella sua stanza, a volte trasformata in un teatro delle crudeltà erotiche, con atti proibiti, meravigliosi e impudici, altre volte ci addormentavamo abbracciati e mi limitavo ad ascoltare il suo respiro veloce e ritmico, poi c’erano le notti in cui scopavamo e mi sembrava di sprofondare nei misteri del sesso e della sua inquieta magia, poi mi fermavo e la guardavo negli occhi e tutto svaniva e la bellezza che vedevo al loro interno era sconvolgente, era qualcosa simile ad un incanto e le sussurravo che l’amavo, anche se nessuna parola avrebbe realmente potuto esprimere ciò che provavo in quei momenti.

Poi riprendevo a scoparla, ad occhi chiusi, a leccarle la fica, lei si avvicinava ad un orgasmo che poi fuggiva via, lasciandola in balia di non so quale disfatta personale, ma non c’è nessuna gara contro il tempo in questo tipo di cose, avrei dovuto dirle, nessuna inquietudine in questa bizzarra fuga verso un piacere che ti appare irraggiungibile, abbandonati ad un climax danzante dei sensi, aspetterò il ripetersi delle maree fra le tue gambe, questo luogo così suadente, floreale e marino, come fosse l’estuario di un fiume segreto su un oceano di fuggenti estasi femminee.

Le montagne intorno al pueblo continuavano a proteggermi con le loro linee e forme azzurrine durante i tramonti invernali o a ispirare scenari zen nei giorni di foschia e bruma fumosa. Aveva piovuto durante la notte e le pietre della piazza erano lucenti, come i miei occhi ogni volta che la tristezza li bagnava di ricordi e visi smarriti, dimentica il mio nome in modo che non ci sia nessun passato, nessun amante perduto, che nei sogni venga ancora a turbarti, con il suo inutile amore, le sue pressanti erezioni e ogni menzogna che non abbia mai avuto il coraggio di raccontarti.


sabato 4 settembre 2021

Orgiva #58

Il fumo della sigaretta di Miguel, poggiata in un posacenere vicino al bancone del Chico Bar, creava figure astratte nell’aria e c’erano bottiglie di birra vuote che aspettavano di essere raccolte e altre piene che attendevano di essere scolate e uomini accanto ad esse che le afferravano e le portavano vicino alla bocca, poi davano un sorso, poi un tiro dalla perenne sigaretta tenuta fra le dita e poi parole e sguardi che non riconoscevo e mi sentivo di nuovo uno straniero ed ero felice di esserlo e forse questo sarebbe stato il resto della mia vita, apparire in luoghi sconosciuti come fossero lo scenario di un sogno, sparire dalle città, assumere identità diverse, inventate ogni volta dallo scrittore, indossare maschere, interpretare personaggi bizzarri, dare corpo, sudore e voce ai protagonisti di atti sessuali proibiti e perversi - C’erano formiche che procedevano in fila su un tavolo di legno, accanto alle mie braccia, tracciando direzioni senza senso, se non quello deciso da divinità invisibili a noi umani che davano agli insetti la possibilità di credere in un percorso che nessuno avrebbe seguito al di fuori di essi - C’era una deriva e un senso di sconfitta umana nel Chico Bar che mi affascinava, c’era l’essenza stessa di un certo tipo di esistenza e la tristezza e il dolore che la consapevolezza di esserne parte portavano, c’era l’attesa, la perenne attesa di qualcosa che non aveva nome (la morte non bisogna mai chiamarla direttamente) e di qualcosa che non sarebbe mai arrivato se non negli improvvisi attimi di felicità che quasi nessuno sapeva riconoscere fra quei tavoli luridi (Miguel dava giusto un’innaffiata generale alla sera) e poi c’era la tua testa nell’incavo della mia spalla e potevo sentire l’odore dei tuoi capelli ancora bagnati e così scrivevo ancora le mie poesie d’amore anche se non ci sarebbero stati lettori a ricordarsi di esse e sarà il tempo, mia dolce amica, con il suo eterno silenzio a dirci che solo il presente conta e quello che esso racchiude, fosso solo un sospiro o un gemito di impudica gioia - Miguel si rolla un’altra sigaretta fatta a mano, parlando e fottendosene altamente di qualsiasi cosa io possa scrivere, pensare o dire e questo mi sembra di una perfezione assoluta, mentre il giorno prosegue il suo arcuato camino e io non aspetto altro che esserti di nuovo accanto nel letto e non credo abbia molta importanza se sia il sesso o se siano i sentimenti a riportarmi ogni volta da te, continuerai ad asciugare le mie lacrime fino a quando accetterai che è questo il mio modo di amarti, di entrarti dentro, di fuggire lontano, con la speranza, che in un modo o nell’altro, tua sappia sempre come raggiungermi.


martedì 17 agosto 2021

Orgiva #57

 Mi ero ritrovato in una vita in cui avevo sempre voluto finire, quella degli scrittori e degli artisti che avevo amato, mi ero ritrovato con una marea di soldi (i produttori ghignavano, il denaro sporco è sempre stata una loro specialità. E i trafficanti?) anche se non me ne fregava un cazzo del mio conto in banca, l’essenziale era lo stile bohémien, il porre la creazione artistica davanti a tutto, che fossero parole, immagini, arpeggi, scopate o atti unici di improvvisazione umana non aveva importanza, questa era la maniera più autentica che avevo di esprimermi, era la mia anima nel suo costante tentativo di trasformarsi e io la lasciavo libera, di fuggire, di vagare, di danzare, di soffrire, di amare, di scomparire, di trascendere il mio corpo e i suoi desideri o di rimanere prigioniera di essi, perché c’è libertà anche nella schiavitù secondo alcune discipline sadomaso e poi c’era Sara, ogni volta, ad aspettarmi fino a quando si fosse stancata di me o io di lei o fino a quando le nostre strade si fossero separate e quindi allontanarsi l’uno dall’altra sarebbe stato finalmente possibile e c’era lei e tutto quello che significava per me, la sua femminilità, i suoi cambiamenti di umore, le lacrime che mi faceva piangere, tutte le erezioni, la gioia improvvisa di averla accanto, le notti di astinenza e frustrazione, poi le selvagge copulazioni dorate e i suoi occhi che splendevano per poi divenire tristi all’improvviso e io mi perdevo in essi, poi tornavo dentro di me e non c’era più nessuna differenza (in che cosa? Quando sei stato simile a qualcuno?) e poi i respiri con le palpebre chiuse e il silenzio e le giornate passate dentro un bar, a scrivere a penna sul quaderno, a bere birra e poi le serate con Sara a guardare film, a fumare sul piccolo balcone di casa, poi abbracciati sotto le lenzuola rosse del suo letto, il calore del corpo e delle labbra, i primi baci delicati e poi tutto quello che la fantasia sussurrava e le leccavo i piedi, adorando la sua persona e la sua essenza e poi lei si sedeva sulla mia faccia, la fica rasata, era così dolce baciarla e succhiarla, infilarci la lingua dentro, sentirne le contrazioni, sentire i movimenti di Sara, i suoi gemiti e allora non c’erano più distrazioni della ragione e del pensiero, ero unito a lei in una maniera impossibile da descrivere con parole, mi scioglievo, i minuti svanivano in una consistenza tattile, quella della sua pelle fremente sopra di me, non ricordavo altre donne a cui avessi detto ti amo così facilmente, senza quella sensazione di confessare qualcosa che era troppo grande per essere detto, senza la paura di esprimere qualcosa che non sapevo bene quanto sarebbe durato, mi veniva così naturale dirle quello che provavo, i sentimenti e anche i miei desideri, le mie perversioni e c’erano attimi di violenza e altri di abbandono e lucenti momenti di sottomissione e totale fusione, divenivo lei nella sua lenta e sinuosa ricerca del piacere, mentre si masturbava piano con la punta del mio cazzo dopo averci messo un anello vibrante intorno (i dettagli pornografici sono sempre stati la tua specialità, diceva un ubriacone allo scrittore)  diventavo altro da me stesso, in una verità fisica che i sensi mostravano e insegnavano, in quel luogo di eccitazione e mistero tutto finiva e iniziava e negli orgasmi che mi negavo trovavo un modo d’amare che mi spingeva nell’universo di Sara, a volte avvolgente, altre terrorizzante ed alieno, scompariva così la mia individualità e sempre nel profondo dei tuoi occhi ho visto quello che di più umano e divino possiedi e che è tuo in ogni abbraccio che a te mi lega e in un dolore e in una dolcezza che la vita decide e il nostro amore sublima. 


lunedì 16 agosto 2021

Orgiva #56

 Smiley pedalava sulla sua bicicletta, inseguendo la propria ombra lisergica e Andy e Tim erano già seduti vicino al Semaforo, pronti a mendicare, i loro volti ogni giorno più stanchi con le linee disegnate da qualche sadico pittore, il crack e l’eroina e l’inarrestabile ruota del bisogno e dell’eterno ritorno che girava e girava mentre io ero seduto su una panchina a scrivere ed era lunedì (I lunedì al sole) e mi sembrava un giorno perfetto per fare quello che più mi piaceva, ciò che dava realmente senso alla mia esistenza, cioè le parole, poggiate una dopo l’altra sulle linee di un foglio e Sara si era svegliata triste, senza neanche guardarmi, ripetendo che non voleva vivere e sentire questo come prima cosa la mattina faceva male perché ero lì accanto a lei e il suo culo spingeva contro il mio cazzo e volevo scoparla (c’è stato un giorno in cui non hai voluto? Gesùcristo che ossessione!) e allo stesso tempo rimanere in questo limbo di erezioni proibite ed energia sessuale trattenuta (farsi una sega non è mai stato un peccato!) e mi sembrava così meraviglioso aprire gli occhi e trovarmi accanto a lei e sentirne il calore del corpo e il ritmo dei respiri e proprio perché sapevo bene che tutto questo un giorno sarebbe terminato mi immergevo sempre più in profondità nel presente, in questo presente, in ogni attimo di gioia o disperazione che passavo con lei e allora il tempo si allontanava, si dissolveva e con esso il suo carico di aspettative, problemi, insicurezze e illusioni, poi mi ero alzato e ero andato a preparare il caffé e non vedevo nessuna ragione per condividere la tristezza di Sara, non ci si poteva fare nulla, sarebbe andata via come ogni altra emozione che ci attraversava il cuore e non sapevo e non volevo sapere dove stesse naufragando la mia vita e non mi sembrava così importante saperlo ma l’essenziale era solo continuare a cadere ed essere felice di farlo, avevo imparato a lasciarmi andare, a non essere come gli altri e a non volerlo essere, avevo accettato il trasformarsi di un respiro in quello successivo senza chiedere nulla d’altro, avevo smesso di desiderare (anche se a volte il sesso continuava a danzarmi nei pensieri e nei coglioni), sapevo aspettare e guardarmi dentro e conoscere le esatte coordinate psichiche di dove mi trovassi nel mio mondo interiore.

E i ricordi continuavano ad arrivare e con loro c’erano le storie ancora da narrare, un’infinità di storie e poi i silenzi come pagine bianche che non avrei riempito e il tuo sorriso in un angolo dello specchio e la polvere e gli anni trascorsi e le lacrime e il tuo profilo perduto in riflessi e inganni che il tuo sguardo tradiva per violentare ogni possibile attimo di felicità che avevamo vissuto, per aggredire ancora ciò che è stato e mai avrebbe potuto essere diverso.


domenica 15 agosto 2021

Granada #2

 Le navate del centrocommerciale erano vaste e inondate di luce e all’interno di esse sembrava esserci spazio vitale per camminarci, potevamo essere dentro qualche stazione orbitante del futuro, pensava lo scrittore, passando il dito sulla copertina impolverata di un vecchio libro di Isaac Asimov - Osservavo le molecole di ossigeno vibrare nell’ariacondizionata ed entrare nelle narici dei mortiviventi che mi scivolavano intorno, non sapevano i poveristronzi di essere già defunti, di essere solo un simulacro distorto nell’immaginazione dello scrittore, con i loro orribili vestitifirmati e i tagli di capelli da aprire crepe nei corpi di specchi innocenti e poi le famiglie organizzate come unità di consumo militante che assalivano i negozi con tecniche di guerriglia d’acquisto compulsivo e così le mie percezioni venivano rapite da architetture atemporali, linee e forme spazzate vie dalla circonferenza delle ore e dei minuti e poi i riflessi magici nelle vetrine e sui pavimenti lucidi e non avevo nessun interesse per nulla che fosse comprabile in questo tempio del capitale, gli dei della pubblicità attendevano di essere venerati e i giovani adepti di inginocchiarsi davanti a loro, continuavo ad avere pure intuizioni estetiche senza nessuna finalità e questo era l’importante, specialmente qui, dove ogni cosa esisteva con lo scopo di essere venduta e non c’era nulla di umano anche se tutto ne aveva le sembianze, poi anche questi oggetti, queste illusioni materialistiche sarebbero andate distrutte, in una serie di esplosioni di luoghi e dei loro significati, visibili e non e ci sarebbero state nuove rovine ad accoglierci e allora mi sarei seduto in un angolo isolato di qualche parcheggio di un centrocommerciale periferico, fra le carcasse delle auto e le sagome immobili di cani affamati, fra le ombre di profili piene di menzogne e le bocche sdentate dei tossici alla sera, fra tutte le storie che non sarebbero mai state raccontate, non qui, non in questo presente che il sole con la sua arroganza rendeva irreale e impossibile da dipingere sulle tele delle nostre agonie e maledizioni, c’era la possibilità di essere felici e nessuno la voleva, solo per il gusto di continuare a ferirci, a ingannarci, a torturarci durante il gioco degli amanti e quello delle passioni proibite - Mi ripetevi che non potevo venire, che avrei dovuto aspettare altri tre giorni per avere un orgasmo mentre il mio cazzo era dentro di te e io stavo scomparendo fra le tue parole e le tue gambe e ti sussurravo di farmi ancora male, di farmi piangere, di farmi desiderare la tua presenza come se non ci fosse più nessun luogo in cui potessi nascondermi da essa, sentivo qualcosa di irrazionale e incontrollabile crescermi dentro e volevo continuare a scoparti ma non potevo perché i coglioni stavano per esplodermi e tu mi avevi detto che non dovevo sborrare (quante stupide fantasie!) e tu proseguivi a parlare e di me non esisteva quasi più nulla, né decisioni, né scelte, poi qualcuno si è alzato in una sala buia e si è messo a urlare e si è accesa una luce e i tuoi disegni erano sparsi ovunque e c’erano le mie dita nella tua fica insieme al mio cazzo che potevo sentire contro i polpastrelli, stavamo ancora scopando ed erano svanite le distrazioni, le inibizioni e giungeva questa consapevolezza improvvisa di essere vivo con te, nel tuo corpo, nei tuoi gemiti, nelle tue frasi che si trasformavano in suoni indistinti e poi eravamo seduti in un bar a bere vino ed avremmo potuto di nuovo essere giovani amanti, essere in quel periodo della vita in cui i giorni hanno un odore di mandorle e arance e la tua pelle si divertiva a confidarmi poesie che sapevo bene non avrei mai scritto mentre arrivavano le immagini mentali di un passato inesistente in cui siamo stati vicini e ci siamo amati, non essere triste, hai detto, anche se nei giorni che verranno ci saranno gli abbracci della malinconia ad attenderci, non sono triste, ti ho detto e in queste notti in cui nulla sembra più profondo dei baci delle nostre labbra io mi avvolgo con te in lenzuola cosparse dalla polvere di abissi e galassie lontane, quelle che i tuoi occhi disvelano, quelle che il mio cuore conosce così bene al di là di ogni stupido e inutile nome che sia mai stato capace di dargli.

giovedì 12 agosto 2021

Orgiva #55

 Tomate, aguacate, aceite de oliva y sal con una alhambra especial accanto e Miguel che si versava un altro bicchiere di vino costa e gli uomini intorno a lui che parlavano di cose da uomini, cose per le quali non ho mai avuto nessun interesse, preferendo sempre di più starmene in silenzio, in disparte, a scrivere e a immaginarmi la vita.

E la disperazione che ho visto prendersi il corpo e l’anima di Sara, una notte, dopo che aveva parlato al telefono con uno dei suoi vecchi amanti, malato di cancro, una disperazione così devastante, oscura, tangibile, come se fosse stata una maledizione, un terribile e antico sortilegio, non sapevo cosa fare, come farla uscire da quel luogo, le sono stato vicino, solo questo, poi siamo andati a dormire, ho pianto in silenzio quando mi ha confessato che aveva tentato di suicidarsi due volte e poi… sono di nuovo qui, al sole, fuori del Chico Bar, con l’odore del pomodoro e dell’olio e del sale che mi fanno venire in mente i ricordi delle estati con mia nonna e le merende nel pomeriggio e quella luce e le sensazioni di essere ancora un bambino e qualcosa che è scomparso e che la memoria cela e racchiude e che alla fine è stato meglio così, le fotografie delle cose perdute, i volti immobili nella penombra di una dolce malinconia e poi… sono un’altra volta nel corridoio di casa e Sara è davanti a me e ho una erezione solo a baciarla sul collo e lei mi afferra il cazzo e lo stringe e mi sorride, non ora, sussurra, non ora e poi… ci sono i neon all’interno di una palestra, il soffitto nero come la vernice chimica che dipinge una notte metropolitana e le forme tubolari di attrezzature e macchine per far lavorare i muscoli, un’estetica di corpi e linee e raggi di sole che entrano obliqui dalle grandi vetrate e mi trasportano nella dimensione fluida di un sogno, un luogo dove sono già stato, chissà quando, un luogo dal quale non mi sono mai svegliato e poi… ci sono gli occhi di Sara che sorridono ancora e la bacio leggermente sulle labbra in un’altra mattina di un’intensità inaudita, dopo un’altra notte che sono gli incubi e le paure a trasformare nel mistero dell’attesa dell’alba, qualcuno morirà fra le nostre braccia e qualcuno ci stringerà quando sarà arrivato il nostro momento, per dirci addio o più semplicemente arrivederci.

domenica 8 agosto 2021

Orgiva #54

 Mi ero svegliato con una erezione, Sara era accanto a me nel letto, il contatto del suo culo contro il mio cazzo, era ancora presto e già stavo morendo dalla voglia di scoparla o per lo meno di sborrare, le avevo confessato che erano quasi dieci giorni che non venivo e che mi eccitava l’idea che fosse lei a decidere quando e come farmi avere un orgasmo. Ho iniziato a muovere il bacino e a morderla sul collo, lei ha cominciato a gemere e così le ho messo una mano sulla bocca e con l’altra mi sono sfilato le mutande, lei mi ha afferrato per le palle, stringendole, erano gonfie e sensibili, poi mi ha stretto il cazzo, volevo scoparla, aveva la regla, stava succhiandomi il pollice della mano che le tenevo sopra le labbra e poi ha preso a masturbarmi lentamente, poi si è girata di scatto e ha detto che voleva farmi sborrare, il mio battito cardiaco è aumentato, mi sono messo sulla schiena e lei si è sistemata al mio fianco, continuando a farmi una sega, adesso voglio che sborri, ha detto, masturbandomi più velocemente, le ho detto che stavo per venire, il mio corpo tremava e sentivo il cazzo che stava per esplodermi, non ora ha detto lei, mi sono trattenuto in un misto indescrivibile di piacere, frustrazione, paura, eccitazione, il cuore mi batteva impazzito, allora mi ha portato di nuovo vicino a un altro orgasmo e poi si è fermata, sentivo che in una maniera quasi incontrollabile stavo sprofondando dentro di me e dentro di lei e che non c’era più nessuna differenza, nessuna divisione fra noi due, poi si è messa a cavalcioni sul mio petto, avevo il suo culo davanti alla mia faccia, con un pezzo dell’assorbente che le usciva fuori dalle mutandine, ha iniziato a succhiarmi il cazzo, voracemente, la cappella che le arrivava fino alla gola, lo faceva in maniera animale, violenta, era puro istinto, le annusavo il buco del culo, inalavo il suo odore quando l'ano sfiorava la punta del mio naso, avevo spasmi lungo tutto il corpo, tremavo, stavo perdendo ogni controllo, ogni inibizione, volevo sborrare, liberarmi disperatamente da quel fluido vitale ma adesso un orgasmo era la cosa più difficile da ottenere, ero totalmente in suo potere, mi stava torturando e facendo godere in una maniera inesprimibile, poi mi ha messo un piede in bocca, ho cominciato a succhiarle le dita, tutte le mie fantasie stavano diventando reali, sentivo i coglioni che stavano per esplodere, lei si è fermata, le ho baciato dolcemente le natiche, poi Sara si è sdraiata vicino a me, l’ho abbracciata, sentivo il suo cuore, il suo odore, la sua pelle, lei era tutto quello che avesse senso e importanza in questo preciso momento, le ho detto che l’amavo, non sei venuto, vero? Ha sussurrato lei, mi dispiace ha aggiunto con un sorriso, grazie le ho detto, tienimi così per un’altra settimana, non farmi venire, non farmi scopare, soffrirai per me? Mi ha chiesto, si, ho risposto, perché siano le mie lacrime, un’altra volta, le poesie che scriverò per te.

sabato 7 agosto 2021

Cigarrones #22

 A donde vas?, mi ha chiesto qualcuno, en mi coche, ho risposto e se fossi stato più sincero avrei dovuto aggiungere a collassarci dentro, il pezzo di space cake che Uncle Eddie mi aveva dato aveva iniziato a fare effetto e come al solito era più forte di quanto avessi immaginato, mi sentivo le gambe molli e non potevo fare altro che andare a stendermi da qualche parte e per fortuna prima della torta avevo già scattato parecchie foto (in stato di ebbrezza alcolica) e ripreso un paio di pezzi dei Bayacaneros, la cui musica mi sembrava abbastanza sin cojones e poi avevo parlato con Steve, anche se più delle nostre bocche erano stati gli occhi a comunicare e il party da Vittorio stava andando alla grande e me la stavo spassando decisamente bene fino all’incontro con Uncle Eddie e poi non so che cazzo è successo, dopo essere giunto alla macchina, traballando e trascinandomi, mi sono sdraiato sul sedile posteriore e mi sono disciolto in un flusso psichico costante in cui non c’erano più differenze fra interno ed esterno, tutto si mischiava, sensazioni, emozioni, pensieri, percezioni sonore, la musica, il rumore del vento, i miei respiri, non riuscivo fisicamente a muovermi e devo aver passato un paio di ore in questo stato di alterazione totale, poi è cominciato il tramonto e in un atto di lucidità improvvisa ho guidato fino a casa, Sara era di buon umore, riuscivo a malapena a parlarle, dopo un bicchiere di vino siamo andati a dormire ognuno nella propria stanza, la notte ha dimenticato il mio nome e io quello di ogni amante che abbia mai avuto o desiderato.


martedì 3 agosto 2021

Orgiva #53

 Alcune volte non c’era nulla da dire e nulla da fare e queste erano le volte migliori, perché il pensiero si fermava e l’agire non aveva più nessuna importanza e me ne sarei rimasto in silenzio a guardati il culo mentre la luce del giorno lo disegnava di intenzioni divine.

Non c’erano sogni ad attenderci e non c’erano più piani e vie di fuga che ci potessero salvare, gli uomini lo sapevano che la vita sarebbe finita e che era inutile opporsi, era un continuo costruire e distruggere senza un senso apparente anche se tutto, in alcuni fulgidi momenti, brillava di un significato di splendente illogicità.

Trovavo libri mentre camminavo, lasciati da qualche parte e altri regali inaspettati e poi il dono più meraviglioso di tutti, il mio cuore era di nuovo intero, vivo e palpitante, le sue ferite pulsavano di colori lisergici nel buio dei miei occhi chiusi, il dolore era scomparso e l’amore mi sembrava ora un atto di una volontà liberata e non il bisogno di una schiavitù emotiva.

Proseguivo a cimentarmi nell’arte dell’equidistanza, sulla pelle lasciavamo segni che gli altri potessero vedere, sapevo come nascondermi e svanire, le notti erano tornate ad essere respiri e occhi liquidi fra le ultime battute di un ennesimo spettacolo che stava per finire, non ci sarebbero state altre repliche, lo sapevamo bene, goditi questi attimi prima che restino solo le lacrime a ricordarti i giorni in cui ti ho amata e perduta.


domenica 1 agosto 2021

senza titolo

 C’era una trama invisibile, nascosta fra i misteri del mondo, che ci legava gli uni agli altri, lungo le strade, negli anni e negli amori perduti, nelle distanze, negli attimi di improvvisa intimità e c’era sempre il rischio o il bisogno di ferire e lasciarsi ferite, di sentirne il dolore, di conoscerlo e accettarlo, in modo che ci attraversasse, come tutto quanto il resto, come l’amore, la gioia, come ogni momento di incertezza e paura che erano le nostre lacrime a rendere reali, ad esprimere, come la luce che brillava nei tuoi occhi, come ogni abbraccio che ho saputo essere niente altro che un addio, come ogni menzogna che mascheriamo di bellezza, come un ultimo disperato tentativo di essere noi stessi e ogni altra persona che non saremo mai. Accoglievo le tue confessioni, i tuoi errori, le tue urla come fossero i doni segreti di un’amante meravigliosa e in fondo lo erano nel pormi davanti ai miei sbagli e all’abisso e ai ricordi dei volti amati e anche a tutti i giorni in cui sono stato felice senza domande che conoscessero risposte, senza cadute che finissero per farmi mettere in ginocchio nell’attesa di una spiegazione che non sarebbe mai arrivata, perché non c’erano significati nelle nostre azioni, come non c’era nessuno che ci avrebbe giudicato se avessimo scelto un camino invece di un altro, tutto continuava, giorno dopo giorno e noi non potevamo opporci a questo fluire, spinti alla deriva fra onde e scintille in costante movimento, c’era ancora l’orizzonte del tuo sguardo da qualche parte e gli universi al loro interno e solo quando sarai lontana da me capirai quanto è stato importante amarti, essere parte di te, essere un respiro nella tua bocca, un bagliore nel buio dell’eternità, un brivido inaspettato, un’altra notte fuggita fra le tue braccia, ogni risveglio che non abbiamo vissuto, ogni sconfitta che abbiamo chiamato libertà.

venerdì 30 luglio 2021

Orgiva #52

 La riunione a Cigarrones non aveva portato da nessuna parte, Scott voleva vendere la sua terra e sinceramente ventimila euro per un pezzo di deserto con quattro caravan sfondati parcheggiati sopra e un’idea incompiuta di bar mi sembravano un’enormità, c’era anche il magic bus compreso nel prezzo ma il succo della storia non cambiava, erano una montagna di soldi e nessuno li aveva e alcuni, durante l’incontro per decidere cosa cazzo fare, parlavano di cose che non capivo e che neanche mi interessavano - Ero attratto dai loro profili di luce e rimanevo estasiato a guardarli - La mattina dopo, cioè adesso, ero seduto a uno dei tavolini del Metal Bar a bere un caffè e a scrivere e c’era già un gruppo di freaks britannici accanto a me a scolarsi una birra e a parlare di musica e tutti sembravano fuggiti via direttamente da qualche pellicola acida degli anni settanta, discutevano anche di cinema adesso che provavo a sentirli più attentamente e mi stupiva sempre la capacità degli inglesi di parlare di tutto, anche della cosa più insignificante e di farla passare come la più importante del mondo e potevano farlo a qualsiasi ora del giorno e della notte, specialmente se c’erano droghe in giro e qui ce ne erano quasi sempre, erano completamente assorti nell’uso del linguaggio con il quale diventavano la medesima cosa, non c’erano più distinzioni fra coloro che parlavano e le cose che dicevano. Era assurdo.

Mi ero svegliato vicino al corpo di Sara, mi stavo innamorando di lei un’altra volta ed  era così difficile starle accanto, alcuni giorni, che non sapevo bene come fare, avevamo iniziato anche a scopare di nuovo ma c’era qualcosa di triste e dolente nei suoi occhi, che mi faceva stare in pena per lei - La stavo penetrando, poi mi sono fermato, sentivo una vibrazione di violenza al suo interno, mi ha sussurrato se volessi sapere cosa era successo fra lei e il suo amante una delle notti precedenti, le ho detto di no, che erano fatti suoi e di quell’altro uomo, le ho detto che poteva parlarmi di tutto il resto ma non di questo, le ho detto che non mi interessava ed era la verità, allora Sara ha detto a voce bassa che si sentiva vuota e io le ho detto che il sesso non avrebbe mai riempito quell’assenza, quello spazio interiore ero incolmabile da qualcosa di fisico, lei si è girata, nascondendo il volto, il suo culo era scoperto, allora ho cominciato a sculacciarla, è questo che vuoi? Le ho detto in un orecchio, si, ha risposto lei, allora l’ho colpita più forte fino a quando ho sentito i suoi gemiti e i singhiozzi e sapevo che le lacrime le stavano rigando le guance e allora lei si è tranquillizzata e io ho smesso di darle schiaffi sul culo e l’ho abbracciata e le ho detto piano che l’amavo e siamo rimasti in silenzio, lasciando che il tempo, finalmente, svanisse dentro di noi e dalla stanza nella quale eravamo diventati un solo respiro.

mercoledì 28 luglio 2021

Orgiva #51

 La televisione era accesa e i porci della Guardia Civil si erano sistemati fuori della casa dove si tenevano le classi e le lezioni di una scuola alternativa - alternativa a che? Domandava lo scrittore, ai vostri sistemi di educazione, rispondeva qualche genitore assente e con il cazzo, signori e signore, che ne erano stati inventati di nuovi, ribatteva lo scrittore leggermente ubriaco, era la stessa merda vecchia di una secolo, solo con nomi diversi e qui sembrava sempre che qualcuno stesse sul punto di incularti, in una maniera o in un’altra ed era più crudele la possibilità che fosse chi ti stava vicino a farlo piuttosto che uno dei maiali in divisa che ogni intanto ti vedevi intorno.

E non c’era molta differenza, nelle camere da letto, fra vittime e amanti, amanti e carnefici, ci si continuava a torturare, in una maniera o in un’altra, a volte erano le parole gli strumenti di tormento e le fantasie e le paranoie che esse creavano - Pensarti a cosce aperte mentre un altro uomo ti stava scopando, i tuoi gemiti, le tue richieste, che cosa avrei potuto fare? Nulla, assolutamente nulla, se non continuare a guardarti negli occhi, a desiderarti, proprio quando non volevi sapere più nulla di me, evviva l’amore libero gridava qualche lurido fricchettone dalle palle mosce, era la stessa storia di sempre ed era di una noia mortale - I segreti, i segreti del cuore, tutto avrebbe potuto finire in ogni istante e non c’era modo di fuggire, perché tu eri qui e nelle mie illusioni e in quello che non poteva esistere all’interno di esse e nei respiri e in quello che nasceva e moriva nello spazio sconosciuto, continuo, umano ed eterno che li divideva e univa gli uni dagli altri. Ennesime rese, ennesime rivolte. I pugni in tasca e quelli che ti sarebbe piaciuto infilarmi nel culo.

martedì 27 luglio 2021

Orgiva #50

Del perché mi trovassi qui e non in un altro luogo non avevo nessuna idea. Ero attratto da questi uomini e da queste donne sempre sul bordo di un precipizio esistenziale, oltre il quale si apriva un abisso emotivo e psichico dal quale, molto probabilmente, non ci sarebbe stato ritorno. Era qualcosa di affascinante e disturbante, c’era come una vibrazione costante nel loro essere, capace di mandare in frantumi le loro personalità in ogni momento, un punto di instabilità continua, un terremoto interiore che poteva essere creato da un pugno come da una carezza - Frane di immagini di volti ed espressioni, cascate sonore di fiumi di ignobile miseria, maschere sconosciute che il fotografo voleva solo ritrarre, possibilmente di nascosto e poi lasciare ognuno libero di dirigersi dove cazzo volesse - C’erano troppi cuori di tenebra e tentazioni lisergiche e dialoghi che l’alcol e gli psicofarmaci facevano dimenticare ed era meglio così perché in questo modo le mattine erano fogli bianchi, copioni non ancora scritti, volontà sotterranee, disegni incompiuti, riflessi divini di diurne e divine speranze, non sapevo se ci fosse un significato nascosto in quei luoghi in cui tutto appariva perduto e per questo meraviglioso e sublime - Le estasi che solo i folli conoscevano o i profeti che camminavano a piedi nudi nel deserto, le estati che non torneranno più, le orme lasciate sulle spiagge della giovinezza sono i passi di una danza di sconfitte e fallimenti e i baci non dati solo una pallida cicatrice sulle tue labbra socchiuse.

lunedì 26 luglio 2021

Orgiva #49

 Il vento era tornato e con esso le nuvole grigie intorno alla cima della montagna, un’atmosfera impalpabile e zen e il rumore di un bicchiere che cade sul cemento senza infrangersi, i continui messaggi di Sara e le donne zingare sedute a chiacchierare in un angolo della strada, eserciti di figli per le vie e Andy seduto su una sedia nera a sorseggiare brandy e fumare sigarette rollate a mano, mi sentivo stranamente calmo, a fronte degli scazzi quotidiani che mi stavano dissanguando, stavo mangiando habas con jamon nel mediodia di un giorno senza nome,  accanto a Andy, bevendo una cerveza e ascoltando la musica andalusa che usciva fuori da casse mezze sfondate, le discussioni con Sara erano iniziate di nuove, era una guerra aperta, senza vincitori, né vinti, solo reduci.

Osservavo le macchine e i furgoni passare davanti al Metal Bar, mio zio mi aveva chiesto cosa stessi facendo qui, che cazzo ne so, gli avrei voluto rispondere, potevo passare il mio tempo a bere e scrivere e questo già mi sembrava uno dei regali più belli che la vita mi avesse potuto fare, mi sarebbero potuti bastare venti minuti per preparare lo zaino e andarmene e questo significava che qualcosa lo avevo imparato, c’erano così tanti eccentrici e bizzarri personaggi intorno a me, sarei diventato anche io uno di loro?

Il vento stava diventando più forte ed era iniziata la danza delle foglie, i denti marci nelle bocche delle donne zingare, birra che gocciola come piscio dal bordo di un tavolo, qualcuno batteva il ritmo di una canzone dimenticata con le proprie mani tremanti, i colpi di un bastone sul pavimento, i giorni che lasciavo svanire dal mio cuore, le parole scomparse, una stanza in penombra che stava diventando solo un ricordo d’estate e ancora le tue mani a ricordarmi che ogni promessa proibita non sarà mai mantenuta.


domenica 25 luglio 2021

Orgiva #48

 Gli uomini del Chico Bar giocavano a carte, bevevano birra o vino Costa e mi  piaceva pensare che se ne fregassero di tutto il resto, delle donne soprattutto, del denaro e del cielo e venivo qui a scrivere o a parlare con Paul o quando le cose con Sara, a casa, si facevano pesanti e mi sembrava saggia la scelta che qualcuno aveva suggerito di sparire per un pò e rifugiarsi in un bar - Codardo una voce mi aveva urlato in una notte in cui avrei solo voluto dormire e dimenticarmi di ogni problema - Difficile sapere quello che sarebbe successo dopo, mi sembravano preziosi i giorni che stavo passando con Sara, nella loro costante incertezza e nel loro sempre mutevole splendore, le notti in cui dormivamo insieme, vicini, senza che nulla accadesse, se non lo smarrirsi nei propri sogni e poi le improvvise e primitive rappresentazioni di atti erotici e pornografici, mi sedevo sulla sua faccia e sentivo la sua lingua insinuarsi nel mio buco del culo, poi le infilavo il cazzo in bocca, la scopavo nella bocca, spingendo la cappella fino al fondo della sua gola, in alcuni momenti sembrava soffocare, la facevo respirare un poco e poi glielo rimettevo dentro, altre volte si sedeva lei sulla mia faccia, la fica fradicia, iniziavo a leccarla, a mangiarla, non ne ero mai sazio, lei mi baciava i piedi, poi le  infilavo le dita nella fica, fino a che fossero tutte dentro, le piaceva, la sentivo gemere, mi aveva chiesto di provare con un pugno, facendolo sparire fino al polso, stavo imparando, ero sempre stato un buono studente - Alcune volte mi veniva da piangere in un misto di emozioni ed erezioni trattenute, altre rimanevo ore intere a sentire Sara mentre respirava, la notte, quando l’alba era ancora nascosta e i nostri desideri proibiti insieme ad essa, poi c’erano le eterne discussioni e chissà se la cosa migliore non fosse stata quella di prenderla a schiaffi e per i capelli e di scoparmela fino a quando non si fosse calmata, c’erano tutte queste teorie femministe in giro e poi solo il semplice bisogno di essere trattata come una cagna, non era qualcosa di facile da capire, mi lasciavo trasportare, il mio cuore sapeva come amare nella sofferenza, la mia, non quella altrui.

Attendevo che anche questi barlumi di felicità passassero, sarebbero rimasti i ricordi e la luce racchiusa in essi e nei tuoi occhi, il contatto della tua pelle e poi il silenzio che tutti gli spazi di ogni sconfitta riempie e con infinita dolcezza sublima.

giovedì 22 luglio 2021

Orgiva #47

 Rapidi cambi di personalità e nuovi/vecchi ruoli da interpretare - Paul sdraiato su un materassino gonfiabile rosa, sulla superficie dell’acqua lurida e piena di insetti di una alberca, il sigaro in una mano, il bicchiere con whisky e ghiaccio nell’altra - Le interviste non si sarebbero fatte oggi e probabilmente in nessuno dei giorni seguenti, sempre ammesso che ci fosse ancora una successione temporale che potessimo chiamare tale - Ombre sui muri e sul cemento e la strana gente che sedeva ai tavolini del Metal Bar, creature fuggite da qualche incubo acido, fumavano tutti hashish e rollavano sigarette di tabacco con mani inquiete e tremanti, c’erano fra di loro i volti familiari di persone sconosciute, in una intimità psichica che non sapevo spiegare e discorsi di cui non me ne fregava un cazzo e che proprio per questo mi piacevano e affascinavano, li ascoltavo, le assi del palco onirico scricchiolavano ed era un buon segno, si sarebbe distrutta anche questa farsa e gli attori del subconscio sarebbero scomparsi nei sogni di qualche altro folle visionario psichedelico - Lorenzo mi aveva portato una tapa e avevo dato un altro sorso alla birra, c’erano segni di intesa che non volevo imparare e una inquietudine nel cuore che solo le donne sanno donarti, lascia che tutto svanisca intorno a te, lascia che tutto si trasformi e fluisca e ti riempia di meraviglia, è il giorno in cui sei nato quello in cui ha deciso che mai lo avresti fatto una seconda volta.

martedì 13 luglio 2021

Orgiva #46

Foschia nell’aria. E nei pensieri. I messaggi rivoluzionari che arrivano in codici segreti dagli insediamenti di comunità inesistenti. I comunicati da preparare. Le bottiglie esplosive. Le immagini di una guerriglia digitale che avremmo falsificato in nome di una pornografia anarchica e terrorista - Qualcuno, un boia travestito da poeta, stava preparando le corde per legarti, il cappuccio nero calato sul volto, poi recitava i suoi versi su un palco, completamente nudo, il cazzo in erezione, accanto a lui una donna dalla pelle di serpente si feriva con un coltello, lasciando cicatrici come rime di sangue e silenzio - Ti avevo chiesto di picchiarmi, di marchiare la mia schiena con i tuoi morsi, osservavo le tue messinscena erotiche, ascoltavo le tue domande come fossero quelle di una bambina, poi mi sussurravi nelle orecchie i tuoi desideri proibiti, i racconti delle notti con i tuoi amanti, ti divertivi a farmelo venire duro e poi a lasciarmi così, in preda ai brividi e alla frustrazione, i coglioni gonfi, la tua lingua sul collo, mi sentivo sprofondare in un luogo caldo e instabile, oscuro e asfissiante, mentre le paure divenivano reali e non sapevo più cosa dirti, come avvicinarmi, quando ti incazzavi e cominciavi a umiliarmi con le tue parole, a farmi male con le tue risposte e non c’erano più nascondigli, non c’erano più rifugi, perché mi eri sempre intorno e io ero sempre intorno a te, perché eri dento alla mia anima e lì sentivo i colpi di frusta della tua ansia e della collera e dell’indifferenza, quando non mi guardavi e mi sembrava di svanire in un nulla dolente e irrisorio, nella trappola di una muta punizione dalla quale non sapevo come liberarmi, la mia volontà vacillava mentre mi inginocchiavo di nuovo, con la speranza innominabile che ti togliessi le calze e mi ordinassi di baciarti i piedi, ridendo delle mie debolezze, dei miei sentimenti, delle mie speranze, distruggendo ogni momento di gioia passato insieme, calpestando le mie emozioni - Lasciati cadere, lasciati cadere, lasciati cadere e non fermarti mai più.

mercoledì 7 luglio 2021

Orgiva #45

 Sara mi raccontava di Londra, della sua vita quando abitava lì e mi mostrava foto del suo appartamento mentre eravamo seduti sul divano, vicini, le ginocchia che si sfioravano, potevo girare la testa verso di lei ed immergermi nei suoi capelli e nel loro odore - E i momenti in cui la tristezza la assaliva e la confusione e poi di nuovo la gioia nei suoi occhi quando la vedevo ridere e le notti passate sul terrazzino di casa a bere vino e fumare porros, avvolti da un’oscurità ventosa, le foglie delle palme che si muovevano impazzite facendole assomigliare al piumaggio di bizzarri uccelli tropicali e Sara mi raccontava dei suoi uomini, degli amici e degli amanti e io la ascoltavo, interessato, immaginandomela con altri, senza gelosia, anche se la possibilità di perderla aveva riaperto antiche ferite nel mio cuore, poi l’abbracciavo, alcune volte dormivamo nel suo letto dalle lenzuola rosse e lei mi mostrava i suoi disegni e poi spegneva la luce e ci addormentavamo e non c’erano più sogni nei quali smarrirsi perché la vita già pareva il riflesso perfetto di quell’altro mondo e ancora tutti i momenti in cui mi sono rinchiuso nella mia solitudine, ignorandola e facendo finta che non esistesse e qualcuno aveva scritto da qualche parte che un giorno passato senza commettere errori era un giorno sprecato e poi una telefonata con Maria in cui le nuvole avevano assunto le forme e l’aspetto di animali fantastici e lei che mi diceva che la mia maniera di amare finiva sempre per scontrarsi con le mie fantasie e a volte Sara mi accompagnava nei miei luoghi oscuri e lo faceva con grazia e classe e naturalezza e allora le sfilavo le scarpe e le calze e le baciavo i piedi, alcune mattine mi inginocchiavo davanti al suo letto per svegliarla con dolcezza, nel silenzio di istanti sospesi mi fermavo a osservarla, a guardarla per quello che era realmente e allora sentivo una meraviglia respirare nel mio petto, un centro di luce risplendere al suo interno, una sfera di calore pulsante e poi le sono venuto dentro in una onda di bianca estasi, mi sono disciolto, non ero più io, non ero più niente, le ho sussurrato il mio amore ma non c’erano più parole che avessero senso nella mia gola, erano giorni di una bellezza inquieta e fuggente, la stessa che Sara possedeva dentro, tutti i baci che le ho rubato e tutti quelli che mi sono proibito di darle.  

venerdì 2 luglio 2021

Cigarrones #21

 Avevo chiesto la macchina a Sara, avevo preso un paio di litri di birra dal frigo ed ero andato a Cigarrones, per vedere Lolo e gli altri, con l’idea di parlargli per sapere cosa volessero fare, ora che l’Ayuntamiento e l’Alcalde avevano deciso di prendere provvedimenti contro gli insediamenti illegali (almeno per loro) intorno a Orgiva. 

Avevo ascoltato un discorso dell’Alcalde guardando un suo video, non mi aveva fatto nessun effetto. C’era ancora in me l’innato desiderio che le persone vivessero in equilibrio, nella legalità di una società accogliente e libera, in cui ognuno fosse accettato e rispettato per quello che era. Le mie erano solo fantasie, naturalmente e i porci della Guardia Civil fremevano dalla voglia di regalare qualche manganellata in giro e di mettersi in prima fila per uno sgombero fatto come si deve. Non che me ne fregasse un cazzo di tutte queste cose, me le ero lasciate dietro da tempo però il flusso della vita me le aveva riportate davanti e allora mi sono detto di andare a dare un’occhiata e quando sono entrato nella piccola baracca di Lolo e dentro non c’era nessuno, ho capito che le strade che potremmo percorrere sono infinite e che mai arriveremo dove abbiamo pensato di giungere ma sempre e comunque da un’altra parte e  che questa era la bellezza di perdersi e di non chiedersi mai dove ci avrebbe portato il cammino che stavamo seguendo. Poi è apparso Lolo, sorridendo, ci siamo abbracciati e insieme a lui c’era una sua amica, ci siamo presentati, le ho sorriso, lei ha fatto lo stesso e i suoi occhi sono diventati più grandi.


Mi sono seduto al sole, davanti agli enormi cactus di San Pedro, nel giardino psichedelico di Lolo, a bere un vaso di birra. Poi ho camminato un pò, c’era luce e tranquillità intorno e dentro al mio cuore.


Sono andato a vedere se Vittorio avesse un pò d’erba da vendermi e quando sono arrivato al ranch c’era Vanessa seduta su un divano sfondato con il suo tablet in mano, mi ha sorriso e ci siamo salutati, poi è arrivato Vittorio spingendo una carriola, apparentemente stava costruendo un cesso con una doccia adiacente. L’ho abbracciato e gli ho chiesto se avesse qualcosa da fumare, mi ha detto di no, magicamente è sbucato fuori Graham dal suo truck, ho parlato con lui e ho concluso così il mio piccolo affare.


Sono tornato alla baracca di Lolo, ma lui e la sua amica non erano lì, allora sono andato verso il rio e c’era Wibbs sul ciglio di un burrone, dove la terra si stava erodendo, sbriciolandosi settimana dopo settimana, non sarebbe rimasto molto di questo insediamento in una decina di anni, pensavo dentro di me, Wibbs sembrava guardare lontano, nell’attesa che qualcuno o qualcosa arrivasse, cercando di decifrare i segni dell’orizzonte e del cielo, era stranamente silenzioso, così l’ho abbracciato e i suoi occhi erano tristi e mi ha cominciato a raccontare dei suoi problemi di coppia con Vanessa, era sempre la stessa storia, non solo per lui ma per ognuno di noi, le bugie e le liti degli amanti, l’ho ascoltato per un pò, poi mi sono stancato, non potevo fare niente per aiutarlo, poi Lolo mi ha chiamato, non so da dove fosse uscito fuori, ho abbracciato di nuovo Wibbs e ho seguito il mio amico. C’era rimasta una birra, l’abbiamo aperta e ci siamo seduti a bere e chiacchierare.


Ero sul terrazzino di casa e io e Sara stavamo parlando e fumando un porro e l’erba era più forte di quello che avevamo immaginato e poi lei mi ha chiesto se volevo dormire nella sua stanza e un’onda di felicità mi ha colmato il cuore e il suo letto aveva un buon odore e le lenzuola erano rosse e pulite e poi lei  si è spogliata e ha iniziato a spalmarsi i piedi e le gambe con un olio essenziale e non potevo fare altro che osservarla ipnotizzato, sdraiato al suo fianco e c’era una musica di sottofondo e ci siamo abbracciati e abbiamo cominciato a baciarci e così il cazzo mi è venuto duro, poi ero con la testa fra le sue gambe a leccarle la fica ed era una sensazione meravigliosa sentire la mia lingua che le entrava dentro, poi le baciavo la pancia e le mordevo piano l’interno delle cosce, ascoltavo i suoi gemiti e continuavo a leccarla, poi salivo verso il suo volto e c’erano i suoi occhi ad attendermi e la sua anima al loro interno e una bellezza infinita nella quale immergermi, le sue iridi e le sue pupille erano come specchi, i suoi universi interiori, questi misteri così impenetrabili, questa profondità emotiva in sui si svelava l’essenza stessa di una donna mi lasciava libero di non essere più nulla se non un brivido nella notte, un nome mai pronunciato, un attimo di perfetto e sconosciuto equilibrio in un cosmo di istanti già perduti nel tempo.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...