lunedì 28 settembre 2020

dream #99

 Una stanza, ero steso sopra un letto ed è arrivata Marta e si è messa vicino a me, mi ha salutato, erano anni che non la vedevo, poi ci siamo alzati e abbiamo parlato un pò, mi ha detto di raggiungerla quando mi fossi sistemato, poi è scomparsa - Un’altra stanza, ero davanti a un computer ad osservare immagini pornografiche - Un bagno, molto grande, con la doccia, ero nudo con i coglioni gonfi e legati, lei mi parlava e si divertiva a eccitarmi - Sono davanti a una finestra aperta, mi affaccio e nel cortile di sotto ci sono parecchie persone, riconosco i volti di alcuni vecchi compagni di scuola, li saluto agitando la mano, c’è anche Ade fra di loro, alza lo sguardo e mi sorride - Cammino per le stanze e i corridoi di un appartamento enorme, non c’è nessuno, mi faccio una doccia e penso che dovrei masturbarmi - Sono in una camera con delle altre persone e sembra che due di loro mi stessero cercando, hanno occhiali scuri e mi dicono che sono in arresto, che devo seguirli, mi prendono sottobraccio e mi portano via - In un corridoio i due uomini si allontanano da me per alcuni secondi, c’è il dettaglio veloce della maniglia di una porta e la mia mano che la abbassa, poi sono fuori, in una strada mentre corro cercando di scappare dai miei inseguitori ma loro mi raggiungono e mi bloccano - Mi sono nascosto sotto un furgone, sperando che loro non mi vedano - Cammino lungo strade di notte, in una città sconosciuta, mi sento perduto, vedo le insegne al neon di un locale apparire dal buio, fotografie mentali, non ho assolutamente idea di dove andare.

giovedì 24 settembre 2020

Cigarrones #15

To the next dream - diceva Sebastian, ogni volta che ci salutavamo alla fine di un nostro incontro ed era in quella dimensione liquida e fluttuante, sempre in trasformazione che spesso ci vedevamo.
Era notte ed ero già abbastanza ubriaco ed ero seduto su un divano rosso mezzo sfondato, un pò in disparte, a guardare le stelle o qualcosa che stava brillando nel cielo, Tim, Paul e Alfie stavano suonando e alcune persone stavano parlando e come al solito non me ne fregava niente di tutti quei discorsi e allora mi ero allontanato e Sebastian mi aveva visto, sedermi sul divano rosso mezzo sfondato e si era avvicinato e mi aveva chiesto se poteva farmi un ritratto e io gli avevo sorriso e gli avevo detto di si.

Sebastian era un artista, un pittore e anche un uomo molto dolce e sensibile, delicato e gentile, un giorno mi aveva giustamente domandato che cazzo ci stessi a fare a cucinare per Wibbs e consorte, visto la sua evidente rudezza, gli avevo detto che questo era il punto e che così, a volte, va la vita.

Lui ha preso un pezzo di cartone dalla polvere della terra scura e da una borsa ha tirato fuori dei pennelli e un tubetto di vernice nera, lo ha aperto e ha spremuto fuori un pò di colore, poi ha iniziato a dipingere, quasi in maniera frenetica, impulsiva, mi guardava, dipingeva, poi mi guardava di nuovo, io cercavo di rimanere fermo senza ciondolare, nel frattempo alcune gocce di vernice hanno iniziato a cadere sulla terra scura ed è come se Sebastian stesse avendo un orgasmo e stesse eiaculando la sua arte ovunque e dopo aver finito e avermi dato il mio ritratto, mi ha ringraziato, dicendomi di averlo liberato e io gli ho sorriso in silenzio. 

Poi ho dato una lunga sorsata dalla mia bottiglia di vino rosso, le stelle vibravano nel cielo, senza nomi che potessero creare nuovi inganni e nuove illusioni, to the next dream - ha detto Sebastian, prima di svanire nel buio e nei misteri della notte e in tutto quello che nessuno di noi avrebbe mai conosciuto di essa e dio ciò che alla sua fine sarebbe successo.

giovedì 17 settembre 2020

...

"He remembered Alejandra and the sadness he’d first seen in the slope of her shoulders which he’d presumed to understand and of which he knew nothing and he felt a loneliness he’d not known since he was a child and he felt wholly alien to the world although he loved it still. He thought that in the beauty of the world were hid a secret. He thought the world’s heart beat a some terrible cost and that the world’s pain and its beauty moved in a relationship of diverging equity and that in this headlong deficit the blood of multitude s might ultimately be exacted for the vision of a single flower."


cormac mccarthy

all te pretty horses

lunedì 14 settembre 2020

Orgiva #14

Avevo incontrato Paul davanti alla gelateria italiana, era sdraiato per terra, apparentemente senza sensi. Mi ero chinato per vedere se ancora respirava, lui aveva aperto gli occhi, senza riconoscermi. Poi si era messo seduto, l’accendersi di una scheggia di luce all’ombra delle sue pupille dilatate, una frazione di tempo in cui la mia immagine sfuocata aveva fatto scattare qualcosa nelle sinapsi instabili del suo cervello. Mi aveva riconosciuto. 
L’ho aiutato ad alzarsi, gli ho chiesto come stava, parlava confusamente, ci siamo incamminati verso la chiesa e un posto dove potesse pisciare in tranquillità. Si voleva svuotare la vescica proprio davanti all’entrata della casa di Dio, gli ho suggerito che non era la migliore delle idee, lui ha sbattuto le palpebre, l’ho preso sottobraccio e l’ho portato in un angolo meno visibile accanto ad un muro, alla destra della Sacra Dimora. L’ho lasciato da solo per un paio di minuti a sbrigare le sue faccende urinarie, mi sono seduto su una panchina e ho atteso. Paul è tornato verso di me, con uno sguardo enigmatico. Voleva bersi una birra ma era domenica e tutti i bar di Orgiva erano chiusi, poi mi ha chiesto che ora fosse, quasi le otto di sera, gli ho detto, mi ha guardato in maniera interdetta, a quanto pare pensava che fosse ancora mattina. E il giorno? mi ha domandato dubbioso, domenica, gli ho risposto. Come non è martedì? Ha detto lui, no Paul, è ancora domenica, gli ho sussurrato con un sorriso sulle labbra.
Abbiamo passeggiato un altro pò, vagando in bilico su emozioni smarrite. Ogni tanto si accasciava al suolo, si accendeva una sigaretta e mi raccontava di lui e di Martha, poi si metteva a piangere o rimaneva in silenzio. Abbiamo trovato un piccolo negozio aperto, lui ha comprato un litro di Cruzcampo, ci siamo seduti su delle scale , quelle che portavano alla piazza e ci siamo passati la birra.
Abbiamo parlato un altro pò, non che ci fosse molto da dire, per lo più lo ascoltavo o cercavo di dirgli qualcosa di divertente per tirargli su il morale, ogni tanto lo abbracciavo o gli massaggiavo il collo, quando iniziava a sentirsi di nuovo triste  e a singhiozzare. 
L’ho salutato quando la luce ha cominciato a diminuire e questo sogno a trasformarsi in un altro. Susana mi aspettava a casa, fra lenzuola viola e oli profumati, una bottiglia di vodka mezza piena nel frigo, ho accelerato il passo perché non ci fossero più distanze a dirmi cosa fare.

giovedì 3 settembre 2020

Cigarrones #14

Non so come era iniziata e tantomeno sapevo come sarebbe finita eppure mi ero ritrovato a camminare con Adrian e Wibbs e stavamo andando a trovare Vittorio e avevo con me una bottiglia piena di Soberano e uno degli acidi di Uncle Eddy e faceva caldo e le sensazioni del deserto e quelle del sole e dell’aria mi  accarezzavano la pelle e quando siamo arrivati da Vittorio, lui stava fumando erba con la sua pipa, scegliendo canzoni e sorridendo come se niente fosse importante e niente potesse turbarlo e ci siamo seduti da qualche parte e ho aperto la bottiglia di brandy e versato un bicchierino a ciascuno dei presenti, di cui non ricordo i nomi e i volti, credo ci fosse Clarabelle e Graham e abbiamo brindato e ognuno sembrava felice e ho lasciato la bottiglia nel mezzo di un tavolo immaginario e ho tagliato l’acido e ne ho presa una metà e l’atra me la sono messa in tasca e ho sorriso e ho atteso.
Era quasi il tramonto e mi sentivo il corpo leggero e stavo tornando da dove ero venuto, non ne sapevo il motivo, perché ogni decisione che prendiamo non è altro che un trucco della nostra mente e allora mi sono fermato nello splendore improvviso di un istante e mi sono guardato intorno e i pendii delle montagne respiravano, i colori si muovevano lenti, meravigliosi, in un riverbero costante di luce divina, perché stavo camminando? Dove stavo andando? Dove stava andando ognuno di noi? Non c’erano risposte e mai ce ne sarebbero state, oltre a quelle che la morte ci avrebbe dato, le onde del tempo ci trascinavano con loro attraverso i misteri di questa vita e di quelle che sarebbero venute dopo. 
Mi sono seduto a osservare la natura che mi circondava e a cui appartenevo, non c’erano direzioni da seguire al di fuori di quelle che mi avevano portato in questo istante di assoluta perfezione, c’era una canzone che il vento e la terra mi stavano insegnando, la sentivo nel cuore e in ciò che in esso si nascondeva, poi il silenzio e la quiete del cielo hanno avvolto con la loro bellezza ogni cosa e di tutto quello che ho sempre creduto essere reale non è rimasto altro che polvere di stelle, quella di una sensuale notte, ammantata di sogni sempre più fuggevoli,  ho camminato lungo la frattura dei mondi, nulla mi sembrava vero e nulla era mai stato così nitido e vivo nel manifestarsi davanti al mio sguardo, ho vagato in questo vuoto danzante come fosse un atto d’amore, per arrivare in quel luogo dove origine e fine si perdono in un respiro di eternità.

martedì 1 settembre 2020

Orgiva #13

 Nel pomeriggio ero uscito di casa e faceva ancora caldo, mi ero incamminato verso il fiume, il Guadalfeo, con l’idea di attraversarne il letto ormai secco e poi tagliare per i campi aridi e arrivare al women’s field, dove mi avevano invitato per una cena spagnola. Prima del ponte, la maglietta già fradicia di sudore, appiccicata alla schiena, Vittorio mi ha superato con il suo furgone (library service) e ha accostato al bordo della strada, aspettando che lo raggiungessi. Mi ha fatto salire dalla sua parte perché l’altra porta non funzionava, mi sono seduto sul sedile anteriore sinistro accanto a Charlie, il suo cane, che ne occupava più della metà - Una musica punk infernale usciva a tutto volume dalle casse, Vittorio si è messo al volante, un drink con un liquore ambrato e ghiaccio fra le gambe, mi ha sorriso e ha messo in moto. Non abbiamo parlato durante il breve tragitto fino a Tablones, ogni tanto lo guardavo, poi voltavo lo sguardo verso il finestrino e quello che scorreva fuori di esso, non molto, a dire il vero, colori desertici, una luce ancora forte, i profili delle montagne. Dopo cinque minuti siamo arrivati davanti al bar de El gordo, ci siamo fermati, ho chiesto a Vittorio se volesse una birra, lui ha sorriso, siamo scesi e siamo entrati nel locale. Faceva fresco dentro, l’aria condizionata era in funzione, ci siamo seduti al bancone, lui ha preso una Amstel, io una Alhambra. Altri due uomini erano seduti vicino a noi, sugli sgabelli, uno di loro era Andy, viveva in un bus rosso a due piani in un pezzo di terra lunare non lontano da lì, recintato da una rete metallica, che lo faceva sembrare una specie di campo per i lavori forzati di qualche landa primitiva dimenticata dalle divinità. Andy aveva avuto (e ancora aveva) dei problemi con alcol e coca (e chissà quali altre sostanze), si innervosiva subito, parlava troppo e non si fermava mai. Me ne sono accorto quando ci siamo seduti fuori, Vittorio voleva fumare un pò di erba e lui ci ha seguiti, sedendosi alla mia destra e iniziando un monologo interminabile su non so bene cosa, in un misto di rabbia, delirio personale, teorie cospirative, ricordi di usi e abusi di droghe varie, festival, ricette a base di speed e centinaia di lattine di birra (special brew). Non sapevo come staccarmi da questo torrente di chiacchiere soffocanti, Vittorio guardava da un’altra parte, fumava la sua pipa, sorrideva e giustamente non gliene fregava un cazzo di quello che Andy stava dicendo, ogni tanto annuiva, più a sé stesso che al logorroico inglese. Amavo Vittorio, era veramente uno spirito anarchico. Ho continuato a sorseggiare la mia birra cercando una via d’uscita da tutte queste stronzate che non mi andava assolutamente di ascoltare, erano buone per qualche minuto perché stimolavano la fantasia dello scrittore ma poi finivano solo per rincoglionirlo. Mi sono alzato di scatto, in un colpo di scena da psicodramma etilico, dopotutto c’era una cena a cui ero stato inviato e non volevo arrivarci troppo sbronzo, ho salutato Vittorio (dopo aver comprato una bustina d’erba), sono rientrato nel bar per pagare, mi sono bevuto uno shot di Soberano giusto per affrontare l’ultimo pezzo di deserto, poi sono uscito e me ne sono andato. Andy continuava a parlare. Solo Charlie, il cane, sembrava interessato alle sue frasi sconnesse e inutili.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...