giovedì 30 giugno 2016

dream #28

Sono davanti al mio mac book air e lo inizio a toccare, è morbido, come se fosse fatto di gomma, lo posso modellare con le mani, creo architetture impossibili di chiese gotiche in miniatura, il suo colore è lucido, in alcuni momenti brillante, della forma originale del portatile non rimane più nulla, provo allora a farlo tornare come prima ma  il mac continua ad essere duttile e i miei tentativi falliscono, mi guardo le punte delle dita e dei filamenti del materiale di cui è fatto il computer mi sono rimasti attaccati, appiccicosi, allora provo ad amalgamare quella massa gommosa ormai informe e ne esce fuori una specie di pagnotta, argentea e lucente, la poso all’interno di una strana macchina e quella si solidifica, la osservo, punti di luce continuano a splendere sulla sua superficie.


Ballavo con Flore e sentivo il suo corpo stretto al mio, non conoscevo i passi ma mi lasciavo guidare, gli occhi chiusi, era l’ultima notte dell’anno e non avevo nessun posto dove andare, poi l’incontro con una persona con cui avevo litigato e ancora una spiacevole sensazione nel rivederla, lui si passa la lingua sulle labbra accusandomi di qualcosa, gli dico che le sue parole non sono vere, rimango da solo in una casa, ci sono due piatti su una tavola vuota, chiamo Flore, busso alla porta del bagno, lei esce, mi chiede cosa dobbiamo fare, nulla, le rispondo, perché ogni nostra azione è destinata a svanire.

mercoledì 29 giugno 2016

Bristol #3


Gli alberi hanno occhi e antichi volti e sono piegati e immobili nell’aria fredda della mattina. Poi il pomeriggio, vagando per le strade, senza pranzare, le percezioni che diventano più acute, mentre la città si mostra, con le sue case, i palazzi, i giardini, i ponti e gli specchi d’acqua, le alte torri, giallo ocra, stagliate contro un cielo grigio e blu, tonalità marine e improvvise ferite di luce. Sdraiato sull’erba, in un parco, alcuni ragazzi ascoltano musica trance, giocano con un frisbee e fumano erba, l’odore mi arriva pungente nelle narici, dipinti meravigliosi sulla tela mentale, gli scoiattoli che corrono sui rami degli alberi, cibandosi delle gemme che stanno nascendo, le anatre si muovono lente, nei piccoli stagni, i colori intensi delle loro piume bagnate, sfumature incredibili che brillano nei riflessi del sole, piante e giardini e i gradini a spirale di una torre, percorso psichico verso l’alto, i pensieri che si attorcigliano per poi liberarsi nella visione aerea della città, le campagne in lontananza, gli alberi e le vele di una nave ancorata nel porto. Discese e voli dell’immaginazione, nuove sequenze montate in ordine casuale, il tessuto sonoro degli ambienti è ricco di dettagli uditivi, echeggiano i richiami dei gabbiani lungo i docks, le imbarcazioni con i vogatori che scivolano sull’acqua e le incitazioni del timoniere, i colpi dei remi e il ritmo coordinato dei movimenti, le navi ancorate, il sartiame che vibra, i sussurri di una spessa corda di canapa contro le pietre grigio ardesia del molo, le bitte arrugginite, la voce del capitano che chiama il suo equipaggio, un volta fuori dalle braccia del porto ci saranno solo le stelle a guidare il nostro cammino. 

martedì 28 giugno 2016

le alte torri #50


Erano iniziati gli sgomberi, i poliziotti vestiti di nero prendevano uomini e donne per le gambe e le braccia e li trasportavano, corpi pesanti e inermi, li scaricavano da qualche parte, perché venissero dimenticati, perché se ne perdesssero le tracce. Alcuni campi erano stati bruciati e nel cielo, al tramonto, in lontananza, oltre le torri e le immagini impossibili di una città, si vedevano levarsi verso l’ultima luce del giorno minareti di fumo denso e scuro, i bambini si prostituivano davanti alla stazione, altri vendevano sostanze sconosciute, non doveva passare molto, altre tende venivano piantate, altri uomini e altre donne, vestiti di stracci, denutriti, immagini al microscopio di un virus che si moltiplica, lingue mai ascoltate riempivano le strade di suoni antichi - ero seduto con Papa, all’interno di una stanza mentale, fumavamo marijuana e bevevamo tè alla menta, Papa disse che dio era energia, che bisognava imparare a sentire, trattenere, usare quell’energia che dio continuamente riversava dentro di noi, il mese del digiuno era iniziato, la notte e la luna, si accendevano fuochi per le strade, i poliziotti non avrebbero potuto mandarli via tutti, continuavano ad arrivare, si moltiplicavano le bocche e gli occhi, la prospettiva che portava dal quartiere alla stazione diventava infinita, punti di fuga verso realtà parallele, in ogni mondo un’inferno, in ogni inferno la natura stessa di una possibilità.

Scendiamo nel tunnel, l’aria diventa più fresca, i richiami degli uccelli tropicali riecheggiano tra le fredde pietre, in profondità, un lungo corridodio, ci sono delle celle, una dopo l’altra, in ognuna di esse, appese alle pareti, immagini che vanno a colpire gli occhi, liberandosi dai supporti in cui sono imprigionate, ogni cella è una stanza mentale, in ogni stanza mentale è presente l’immaginario di una persona, le sue visioni, la sua follia. In ogni cella è rinchiuso un uomo con le sue creazioni, con le sostanze che lo seducono e stordiscono, bottiglie di alcol puro al novantacinque per cento mischiato con succo d’arancia, sorsate di napalm, gli occhi liquidi, i manifesti russi degli anni venti, le matrioske ke si inkulano in un karcere kazako, l’odore della marijuana nel corridoio, scene di violenza sessuale, sadomasochismo, istruzioni per un perfetto atto di sodomia maschile, le bambole del Giappone, gli antichi demoni balinesi che danzano, le distorsioni visive, la psilocibina, le enormi deformazioni di aborti mai nati, feti primordiali, sfere di suono elettroniche rimbalzano da una cella ad un’altra, alcuni uomini sono intrappolati nelle immagini, provano ad evadere, condanne a morte ed ergastoli psichici, le atrocità del sesso, falli enormi si intrecciano e si surriscaldano, violacei e pulsanti, fino ad esplodere in sborrate atomiche, il fungo nucleare, le cappelle al plutonio, i mostri con la testa a forma di pene ghignano, tirano dalla bocca/uretra enormi strisce di cocaina – si toccano, si strusciano, producono calore bianco che cola come lava, organi genitali in primo piano, ogni stanza mentale è un passaggio in un antro di demenza e pazzia, sottoterra i vermi in divisa hanno scavato i loro cunicoli, alcuni sono inaccessibili, portano troppo lontano, oltre i limiti del subconscio, sarebbe impossibile uscirne, tornare indietro – chiedo alla persona che mi accompagna di riportarmi verso la superficie, lui sorride, i suoi occhi sono mandala concentrici, bagliori azzurri, vortici marini, mi sorride un’altra volta, poi scrolla le spalle e mi fa segno di seguirlo.

L’immagine di un uomo sdraiato accanto ad una donna, l’uomo si alza, nudo, ha un’erezione senza che il cazzo venga toccato, l’uomo si gira verso l’obiettivo, l’uomo eiacula in filamenti d’argento.


domenica 26 giugno 2016

Bristol #2


Il sole è un’ostia bianca in un cielo grigio e sconsacrato. Attraverso un parco in una mattina solitaria, uno scoiattolo e la sua sagoma immobile al lato di uno stretto sentiero di pietra, poi i suoi movimenti spiraliformi, le scie luminose che si attorcigliano intorno al tronco dell’albero su cui si sta arrampicando, gli spazi verdi, le colline, un ponte sospeso sul vuoto, altri sentieri, la terra rossa, piante che esplodono come fuochi d’artificio in un fermo immagine psichico, gli echi delle parole risuonano nei pensieri notturni, sempre più lenti, fino ad un punto di arresto, i loro contorni che si confondono in una foschia autunnale. L’ora del tramonto, i colori in lontananza della luce che filtra attraverso le nuvole, i quadri di Constable, camminiamo in un mondo di cui non conoscevamo neppure l’esistenza mentre osserviamo la realtà e la sua improvvisa riproduzione sulla nostra tela mentale.

sabato 25 giugno 2016

le alte torri #49



Le tende si moltiplicavano nelle strade, passavano i giorni e le settimane, seguendo un ordine casuale, lungo le mura della stazione, lungo i marciapiedi, gli uomini scuri si accampavano, soffiava un vento carico di sabbia, la notte, visioni del deserto, i fuochi accessi, i canti e le preghiere, dall’alto di una delle torri potevo vedere le loro fiamme ardere, le tende si moltiplicavano, seguendo schemi geometrici, come le colonne che sostenevano le arcate sotto le quali mi ritrovavo a passeggiare, si ripetevano all’infinito, i mosaici dei pavimenti cambiavano forme e composizioni, a volte alcuni tasselli sembravano alzarsi o abbassarsi, potevo saltare da uno all’altro, come in un gioco di bambini - il sole filtrava attraverso la schiuma della birra, la luce si scomponeva in migliaia di scintille, in terrazza, nelle mattine primordiali del mondo, il sole veniva adorato da uomini nudi, il mio corpo sudava, incandescente, energia rossa e pulsante, i gabbiani volavano sempre più lenti, fino a fermarsi nell’aria, la notte, le stelle parlavano attarverso alfabeti dimenticati, la pioggia avrebbe portato via tutto, gli uomini e le donne nelle loro tende, la sporcizia, le malattie, un ultimo bacio prima di chiudere la bocca tra oscenità irripetibili, un esodo di migliaia di corpi che si trascinavano sull’asfalto, una carovana invisibile di tutti i morti che erano affogati nel mare e fra le urla delle onde, camminavano ancora lì sotto, uno dietro l’altro, sarebbero riemersi nei nostri sogni, nelle immagini che la mente cercava di nascondere, anestetici sempre più potenti, per non pensare, per non guardare, le lacrime che scendono dagli occhi di una donna cieca, per capire il dolore del mondo basta solo dare ascolto al proprio cuore.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...