martedì 17 agosto 2021

Orgiva #57

 Mi ero ritrovato in una vita in cui avevo sempre voluto finire, quella degli scrittori e degli artisti che avevo amato, mi ero ritrovato con una marea di soldi (i produttori ghignavano, il denaro sporco è sempre stata una loro specialità. E i trafficanti?) anche se non me ne fregava un cazzo del mio conto in banca, l’essenziale era lo stile bohémien, il porre la creazione artistica davanti a tutto, che fossero parole, immagini, arpeggi, scopate o atti unici di improvvisazione umana non aveva importanza, questa era la maniera più autentica che avevo di esprimermi, era la mia anima nel suo costante tentativo di trasformarsi e io la lasciavo libera, di fuggire, di vagare, di danzare, di soffrire, di amare, di scomparire, di trascendere il mio corpo e i suoi desideri o di rimanere prigioniera di essi, perché c’è libertà anche nella schiavitù secondo alcune discipline sadomaso e poi c’era Sara, ogni volta, ad aspettarmi fino a quando si fosse stancata di me o io di lei o fino a quando le nostre strade si fossero separate e quindi allontanarsi l’uno dall’altra sarebbe stato finalmente possibile e c’era lei e tutto quello che significava per me, la sua femminilità, i suoi cambiamenti di umore, le lacrime che mi faceva piangere, tutte le erezioni, la gioia improvvisa di averla accanto, le notti di astinenza e frustrazione, poi le selvagge copulazioni dorate e i suoi occhi che splendevano per poi divenire tristi all’improvviso e io mi perdevo in essi, poi tornavo dentro di me e non c’era più nessuna differenza (in che cosa? Quando sei stato simile a qualcuno?) e poi i respiri con le palpebre chiuse e il silenzio e le giornate passate dentro un bar, a scrivere a penna sul quaderno, a bere birra e poi le serate con Sara a guardare film, a fumare sul piccolo balcone di casa, poi abbracciati sotto le lenzuola rosse del suo letto, il calore del corpo e delle labbra, i primi baci delicati e poi tutto quello che la fantasia sussurrava e le leccavo i piedi, adorando la sua persona e la sua essenza e poi lei si sedeva sulla mia faccia, la fica rasata, era così dolce baciarla e succhiarla, infilarci la lingua dentro, sentirne le contrazioni, sentire i movimenti di Sara, i suoi gemiti e allora non c’erano più distrazioni della ragione e del pensiero, ero unito a lei in una maniera impossibile da descrivere con parole, mi scioglievo, i minuti svanivano in una consistenza tattile, quella della sua pelle fremente sopra di me, non ricordavo altre donne a cui avessi detto ti amo così facilmente, senza quella sensazione di confessare qualcosa che era troppo grande per essere detto, senza la paura di esprimere qualcosa che non sapevo bene quanto sarebbe durato, mi veniva così naturale dirle quello che provavo, i sentimenti e anche i miei desideri, le mie perversioni e c’erano attimi di violenza e altri di abbandono e lucenti momenti di sottomissione e totale fusione, divenivo lei nella sua lenta e sinuosa ricerca del piacere, mentre si masturbava piano con la punta del mio cazzo dopo averci messo un anello vibrante intorno (i dettagli pornografici sono sempre stati la tua specialità, diceva un ubriacone allo scrittore)  diventavo altro da me stesso, in una verità fisica che i sensi mostravano e insegnavano, in quel luogo di eccitazione e mistero tutto finiva e iniziava e negli orgasmi che mi negavo trovavo un modo d’amare che mi spingeva nell’universo di Sara, a volte avvolgente, altre terrorizzante ed alieno, scompariva così la mia individualità e sempre nel profondo dei tuoi occhi ho visto quello che di più umano e divino possiedi e che è tuo in ogni abbraccio che a te mi lega e in un dolore e in una dolcezza che la vita decide e il nostro amore sublima. 


lunedì 16 agosto 2021

Orgiva #56

 Smiley pedalava sulla sua bicicletta, inseguendo la propria ombra lisergica e Andy e Tim erano già seduti vicino al Semaforo, pronti a mendicare, i loro volti ogni giorno più stanchi con le linee disegnate da qualche sadico pittore, il crack e l’eroina e l’inarrestabile ruota del bisogno e dell’eterno ritorno che girava e girava mentre io ero seduto su una panchina a scrivere ed era lunedì (I lunedì al sole) e mi sembrava un giorno perfetto per fare quello che più mi piaceva, ciò che dava realmente senso alla mia esistenza, cioè le parole, poggiate una dopo l’altra sulle linee di un foglio e Sara si era svegliata triste, senza neanche guardarmi, ripetendo che non voleva vivere e sentire questo come prima cosa la mattina faceva male perché ero lì accanto a lei e il suo culo spingeva contro il mio cazzo e volevo scoparla (c’è stato un giorno in cui non hai voluto? Gesùcristo che ossessione!) e allo stesso tempo rimanere in questo limbo di erezioni proibite ed energia sessuale trattenuta (farsi una sega non è mai stato un peccato!) e mi sembrava così meraviglioso aprire gli occhi e trovarmi accanto a lei e sentirne il calore del corpo e il ritmo dei respiri e proprio perché sapevo bene che tutto questo un giorno sarebbe terminato mi immergevo sempre più in profondità nel presente, in questo presente, in ogni attimo di gioia o disperazione che passavo con lei e allora il tempo si allontanava, si dissolveva e con esso il suo carico di aspettative, problemi, insicurezze e illusioni, poi mi ero alzato e ero andato a preparare il caffé e non vedevo nessuna ragione per condividere la tristezza di Sara, non ci si poteva fare nulla, sarebbe andata via come ogni altra emozione che ci attraversava il cuore e non sapevo e non volevo sapere dove stesse naufragando la mia vita e non mi sembrava così importante saperlo ma l’essenziale era solo continuare a cadere ed essere felice di farlo, avevo imparato a lasciarmi andare, a non essere come gli altri e a non volerlo essere, avevo accettato il trasformarsi di un respiro in quello successivo senza chiedere nulla d’altro, avevo smesso di desiderare (anche se a volte il sesso continuava a danzarmi nei pensieri e nei coglioni), sapevo aspettare e guardarmi dentro e conoscere le esatte coordinate psichiche di dove mi trovassi nel mio mondo interiore.

E i ricordi continuavano ad arrivare e con loro c’erano le storie ancora da narrare, un’infinità di storie e poi i silenzi come pagine bianche che non avrei riempito e il tuo sorriso in un angolo dello specchio e la polvere e gli anni trascorsi e le lacrime e il tuo profilo perduto in riflessi e inganni che il tuo sguardo tradiva per violentare ogni possibile attimo di felicità che avevamo vissuto, per aggredire ancora ciò che è stato e mai avrebbe potuto essere diverso.


domenica 15 agosto 2021

Granada #2

 Le navate del centrocommerciale erano vaste e inondate di luce e all’interno di esse sembrava esserci spazio vitale per camminarci, potevamo essere dentro qualche stazione orbitante del futuro, pensava lo scrittore, passando il dito sulla copertina impolverata di un vecchio libro di Isaac Asimov - Osservavo le molecole di ossigeno vibrare nell’ariacondizionata ed entrare nelle narici dei mortiviventi che mi scivolavano intorno, non sapevano i poveristronzi di essere già defunti, di essere solo un simulacro distorto nell’immaginazione dello scrittore, con i loro orribili vestitifirmati e i tagli di capelli da aprire crepe nei corpi di specchi innocenti e poi le famiglie organizzate come unità di consumo militante che assalivano i negozi con tecniche di guerriglia d’acquisto compulsivo e così le mie percezioni venivano rapite da architetture atemporali, linee e forme spazzate vie dalla circonferenza delle ore e dei minuti e poi i riflessi magici nelle vetrine e sui pavimenti lucidi e non avevo nessun interesse per nulla che fosse comprabile in questo tempio del capitale, gli dei della pubblicità attendevano di essere venerati e i giovani adepti di inginocchiarsi davanti a loro, continuavo ad avere pure intuizioni estetiche senza nessuna finalità e questo era l’importante, specialmente qui, dove ogni cosa esisteva con lo scopo di essere venduta e non c’era nulla di umano anche se tutto ne aveva le sembianze, poi anche questi oggetti, queste illusioni materialistiche sarebbero andate distrutte, in una serie di esplosioni di luoghi e dei loro significati, visibili e non e ci sarebbero state nuove rovine ad accoglierci e allora mi sarei seduto in un angolo isolato di qualche parcheggio di un centrocommerciale periferico, fra le carcasse delle auto e le sagome immobili di cani affamati, fra le ombre di profili piene di menzogne e le bocche sdentate dei tossici alla sera, fra tutte le storie che non sarebbero mai state raccontate, non qui, non in questo presente che il sole con la sua arroganza rendeva irreale e impossibile da dipingere sulle tele delle nostre agonie e maledizioni, c’era la possibilità di essere felici e nessuno la voleva, solo per il gusto di continuare a ferirci, a ingannarci, a torturarci durante il gioco degli amanti e quello delle passioni proibite - Mi ripetevi che non potevo venire, che avrei dovuto aspettare altri tre giorni per avere un orgasmo mentre il mio cazzo era dentro di te e io stavo scomparendo fra le tue parole e le tue gambe e ti sussurravo di farmi ancora male, di farmi piangere, di farmi desiderare la tua presenza come se non ci fosse più nessun luogo in cui potessi nascondermi da essa, sentivo qualcosa di irrazionale e incontrollabile crescermi dentro e volevo continuare a scoparti ma non potevo perché i coglioni stavano per esplodermi e tu mi avevi detto che non dovevo sborrare (quante stupide fantasie!) e tu proseguivi a parlare e di me non esisteva quasi più nulla, né decisioni, né scelte, poi qualcuno si è alzato in una sala buia e si è messo a urlare e si è accesa una luce e i tuoi disegni erano sparsi ovunque e c’erano le mie dita nella tua fica insieme al mio cazzo che potevo sentire contro i polpastrelli, stavamo ancora scopando ed erano svanite le distrazioni, le inibizioni e giungeva questa consapevolezza improvvisa di essere vivo con te, nel tuo corpo, nei tuoi gemiti, nelle tue frasi che si trasformavano in suoni indistinti e poi eravamo seduti in un bar a bere vino ed avremmo potuto di nuovo essere giovani amanti, essere in quel periodo della vita in cui i giorni hanno un odore di mandorle e arance e la tua pelle si divertiva a confidarmi poesie che sapevo bene non avrei mai scritto mentre arrivavano le immagini mentali di un passato inesistente in cui siamo stati vicini e ci siamo amati, non essere triste, hai detto, anche se nei giorni che verranno ci saranno gli abbracci della malinconia ad attenderci, non sono triste, ti ho detto e in queste notti in cui nulla sembra più profondo dei baci delle nostre labbra io mi avvolgo con te in lenzuola cosparse dalla polvere di abissi e galassie lontane, quelle che i tuoi occhi disvelano, quelle che il mio cuore conosce così bene al di là di ogni stupido e inutile nome che sia mai stato capace di dargli.

giovedì 12 agosto 2021

Orgiva #55

 Tomate, aguacate, aceite de oliva y sal con una alhambra especial accanto e Miguel che si versava un altro bicchiere di vino costa e gli uomini intorno a lui che parlavano di cose da uomini, cose per le quali non ho mai avuto nessun interesse, preferendo sempre di più starmene in silenzio, in disparte, a scrivere e a immaginarmi la vita.

E la disperazione che ho visto prendersi il corpo e l’anima di Sara, una notte, dopo che aveva parlato al telefono con uno dei suoi vecchi amanti, malato di cancro, una disperazione così devastante, oscura, tangibile, come se fosse stata una maledizione, un terribile e antico sortilegio, non sapevo cosa fare, come farla uscire da quel luogo, le sono stato vicino, solo questo, poi siamo andati a dormire, ho pianto in silenzio quando mi ha confessato che aveva tentato di suicidarsi due volte e poi… sono di nuovo qui, al sole, fuori del Chico Bar, con l’odore del pomodoro e dell’olio e del sale che mi fanno venire in mente i ricordi delle estati con mia nonna e le merende nel pomeriggio e quella luce e le sensazioni di essere ancora un bambino e qualcosa che è scomparso e che la memoria cela e racchiude e che alla fine è stato meglio così, le fotografie delle cose perdute, i volti immobili nella penombra di una dolce malinconia e poi… sono un’altra volta nel corridoio di casa e Sara è davanti a me e ho una erezione solo a baciarla sul collo e lei mi afferra il cazzo e lo stringe e mi sorride, non ora, sussurra, non ora e poi… ci sono i neon all’interno di una palestra, il soffitto nero come la vernice chimica che dipinge una notte metropolitana e le forme tubolari di attrezzature e macchine per far lavorare i muscoli, un’estetica di corpi e linee e raggi di sole che entrano obliqui dalle grandi vetrate e mi trasportano nella dimensione fluida di un sogno, un luogo dove sono già stato, chissà quando, un luogo dal quale non mi sono mai svegliato e poi… ci sono gli occhi di Sara che sorridono ancora e la bacio leggermente sulle labbra in un’altra mattina di un’intensità inaudita, dopo un’altra notte che sono gli incubi e le paure a trasformare nel mistero dell’attesa dell’alba, qualcuno morirà fra le nostre braccia e qualcuno ci stringerà quando sarà arrivato il nostro momento, per dirci addio o più semplicemente arrivederci.

domenica 8 agosto 2021

Orgiva #54

 Mi ero svegliato con una erezione, Sara era accanto a me nel letto, il contatto del suo culo contro il mio cazzo, era ancora presto e già stavo morendo dalla voglia di scoparla o per lo meno di sborrare, le avevo confessato che erano quasi dieci giorni che non venivo e che mi eccitava l’idea che fosse lei a decidere quando e come farmi avere un orgasmo. Ho iniziato a muovere il bacino e a morderla sul collo, lei ha cominciato a gemere e così le ho messo una mano sulla bocca e con l’altra mi sono sfilato le mutande, lei mi ha afferrato per le palle, stringendole, erano gonfie e sensibili, poi mi ha stretto il cazzo, volevo scoparla, aveva la regla, stava succhiandomi il pollice della mano che le tenevo sopra le labbra e poi ha preso a masturbarmi lentamente, poi si è girata di scatto e ha detto che voleva farmi sborrare, il mio battito cardiaco è aumentato, mi sono messo sulla schiena e lei si è sistemata al mio fianco, continuando a farmi una sega, adesso voglio che sborri, ha detto, masturbandomi più velocemente, le ho detto che stavo per venire, il mio corpo tremava e sentivo il cazzo che stava per esplodermi, non ora ha detto lei, mi sono trattenuto in un misto indescrivibile di piacere, frustrazione, paura, eccitazione, il cuore mi batteva impazzito, allora mi ha portato di nuovo vicino a un altro orgasmo e poi si è fermata, sentivo che in una maniera quasi incontrollabile stavo sprofondando dentro di me e dentro di lei e che non c’era più nessuna differenza, nessuna divisione fra noi due, poi si è messa a cavalcioni sul mio petto, avevo il suo culo davanti alla mia faccia, con un pezzo dell’assorbente che le usciva fuori dalle mutandine, ha iniziato a succhiarmi il cazzo, voracemente, la cappella che le arrivava fino alla gola, lo faceva in maniera animale, violenta, era puro istinto, le annusavo il buco del culo, inalavo il suo odore quando l'ano sfiorava la punta del mio naso, avevo spasmi lungo tutto il corpo, tremavo, stavo perdendo ogni controllo, ogni inibizione, volevo sborrare, liberarmi disperatamente da quel fluido vitale ma adesso un orgasmo era la cosa più difficile da ottenere, ero totalmente in suo potere, mi stava torturando e facendo godere in una maniera inesprimibile, poi mi ha messo un piede in bocca, ho cominciato a succhiarle le dita, tutte le mie fantasie stavano diventando reali, sentivo i coglioni che stavano per esplodere, lei si è fermata, le ho baciato dolcemente le natiche, poi Sara si è sdraiata vicino a me, l’ho abbracciata, sentivo il suo cuore, il suo odore, la sua pelle, lei era tutto quello che avesse senso e importanza in questo preciso momento, le ho detto che l’amavo, non sei venuto, vero? Ha sussurrato lei, mi dispiace ha aggiunto con un sorriso, grazie le ho detto, tienimi così per un’altra settimana, non farmi venire, non farmi scopare, soffrirai per me? Mi ha chiesto, si, ho risposto, perché siano le mie lacrime, un’altra volta, le poesie che scriverò per te.

sabato 7 agosto 2021

Cigarrones #22

 A donde vas?, mi ha chiesto qualcuno, en mi coche, ho risposto e se fossi stato più sincero avrei dovuto aggiungere a collassarci dentro, il pezzo di space cake che Uncle Eddie mi aveva dato aveva iniziato a fare effetto e come al solito era più forte di quanto avessi immaginato, mi sentivo le gambe molli e non potevo fare altro che andare a stendermi da qualche parte e per fortuna prima della torta avevo già scattato parecchie foto (in stato di ebbrezza alcolica) e ripreso un paio di pezzi dei Bayacaneros, la cui musica mi sembrava abbastanza sin cojones e poi avevo parlato con Steve, anche se più delle nostre bocche erano stati gli occhi a comunicare e il party da Vittorio stava andando alla grande e me la stavo spassando decisamente bene fino all’incontro con Uncle Eddie e poi non so che cazzo è successo, dopo essere giunto alla macchina, traballando e trascinandomi, mi sono sdraiato sul sedile posteriore e mi sono disciolto in un flusso psichico costante in cui non c’erano più differenze fra interno ed esterno, tutto si mischiava, sensazioni, emozioni, pensieri, percezioni sonore, la musica, il rumore del vento, i miei respiri, non riuscivo fisicamente a muovermi e devo aver passato un paio di ore in questo stato di alterazione totale, poi è cominciato il tramonto e in un atto di lucidità improvvisa ho guidato fino a casa, Sara era di buon umore, riuscivo a malapena a parlarle, dopo un bicchiere di vino siamo andati a dormire ognuno nella propria stanza, la notte ha dimenticato il mio nome e io quello di ogni amante che abbia mai avuto o desiderato.


martedì 3 agosto 2021

Orgiva #53

 Alcune volte non c’era nulla da dire e nulla da fare e queste erano le volte migliori, perché il pensiero si fermava e l’agire non aveva più nessuna importanza e me ne sarei rimasto in silenzio a guardati il culo mentre la luce del giorno lo disegnava di intenzioni divine.

Non c’erano sogni ad attenderci e non c’erano più piani e vie di fuga che ci potessero salvare, gli uomini lo sapevano che la vita sarebbe finita e che era inutile opporsi, era un continuo costruire e distruggere senza un senso apparente anche se tutto, in alcuni fulgidi momenti, brillava di un significato di splendente illogicità.

Trovavo libri mentre camminavo, lasciati da qualche parte e altri regali inaspettati e poi il dono più meraviglioso di tutti, il mio cuore era di nuovo intero, vivo e palpitante, le sue ferite pulsavano di colori lisergici nel buio dei miei occhi chiusi, il dolore era scomparso e l’amore mi sembrava ora un atto di una volontà liberata e non il bisogno di una schiavitù emotiva.

Proseguivo a cimentarmi nell’arte dell’equidistanza, sulla pelle lasciavamo segni che gli altri potessero vedere, sapevo come nascondermi e svanire, le notti erano tornate ad essere respiri e occhi liquidi fra le ultime battute di un ennesimo spettacolo che stava per finire, non ci sarebbero state altre repliche, lo sapevamo bene, goditi questi attimi prima che restino solo le lacrime a ricordarti i giorni in cui ti ho amata e perduta.


domenica 1 agosto 2021

senza titolo

 C’era una trama invisibile, nascosta fra i misteri del mondo, che ci legava gli uni agli altri, lungo le strade, negli anni e negli amori perduti, nelle distanze, negli attimi di improvvisa intimità e c’era sempre il rischio o il bisogno di ferire e lasciarsi ferite, di sentirne il dolore, di conoscerlo e accettarlo, in modo che ci attraversasse, come tutto quanto il resto, come l’amore, la gioia, come ogni momento di incertezza e paura che erano le nostre lacrime a rendere reali, ad esprimere, come la luce che brillava nei tuoi occhi, come ogni abbraccio che ho saputo essere niente altro che un addio, come ogni menzogna che mascheriamo di bellezza, come un ultimo disperato tentativo di essere noi stessi e ogni altra persona che non saremo mai. Accoglievo le tue confessioni, i tuoi errori, le tue urla come fossero i doni segreti di un’amante meravigliosa e in fondo lo erano nel pormi davanti ai miei sbagli e all’abisso e ai ricordi dei volti amati e anche a tutti i giorni in cui sono stato felice senza domande che conoscessero risposte, senza cadute che finissero per farmi mettere in ginocchio nell’attesa di una spiegazione che non sarebbe mai arrivata, perché non c’erano significati nelle nostre azioni, come non c’era nessuno che ci avrebbe giudicato se avessimo scelto un camino invece di un altro, tutto continuava, giorno dopo giorno e noi non potevamo opporci a questo fluire, spinti alla deriva fra onde e scintille in costante movimento, c’era ancora l’orizzonte del tuo sguardo da qualche parte e gli universi al loro interno e solo quando sarai lontana da me capirai quanto è stato importante amarti, essere parte di te, essere un respiro nella tua bocca, un bagliore nel buio dell’eternità, un brivido inaspettato, un’altra notte fuggita fra le tue braccia, ogni risveglio che non abbiamo vissuto, ogni sconfitta che abbiamo chiamato libertà.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...