sabato 29 ottobre 2022

Roma #29

 C’era da dire che le uniche persone che mi si avvicinavano o mi chiedevano qualcosa erano straccioni o rompicoglioni. I primi cercavano un contatto visivo affinché gli allungassi qualche spicciolo, mi infastidivano quelli in piedi davanti ai supermercati, per lo più africani, perché credevano che fare l’elemosina fosse una specie di lavoro. Odiavo profondamente entrare in un supermercato con tutti i suoi castelli e cattedrali di merci (e di merda, tanto poi era questo ciò che il cibo diventava), bella la libertà del consumismo, pensavo, montagne di scelte solo per quello che potevi comprare, poi se nella vita eri uno schiavo (del lavoro, della famiglia, di qualsiasi altra cosa ti venga in mente) non gliene fregava un cazzo a nessuno. 
Poi c’erano i rompicoglioni di varie associazioni umanitarie, contro la droga, per la pace, contro la guerra, per i bambini, le donne, i vecchi, i cani e i froci, mi mettevano in uno stato di nervosismo assoluto appena ne percepivo la presenza. Anche questi solitamente con il loro tavolinetto davanti all’entrata di un supermercato. Sapevo bene come funzionavano ‘ste merdate e sapevo bene che se uno voleva aiutare gli altri lo doveva fare di persona, dare un paio di euro o firmare un foglio erano solo un modo veloce e indolore per mettersi con la coscienza a posto e per considerarsi altruisti e vicini alla sofferenza del prossimo tuo. Tutte stronzate. ‘Sti tipi delle associazioni umanitarie cercavano solo un modo per agganciarti, iniziavano con una battuta, un mezzo saluto, una frase ad effetto, a me non me ne fregava un cazzo di quello che dicevano, mugugnavo qualcosa e tiravo dritto. Stavo pensando che avrei dovuto comportarmi come un idiota, un ritardato mentale quando li incontravo, magari sbavando o dicendo cose senza senso, almeno così mi avrebbero lasciato in pace. Con il resto della gente era l’indifferenza pura, non uno sguardo, non un sorriso. Tutti stavano attaccati con gli occhi ai propri cellulari, sull’autobus, sulla metro, altri parlavano da soli per strada in quella che immagino fosse una comunicazione con qualcuno (o forse con loro stessi?), ma perché farlo ad alta voce mentre si camminava mi risultava alquanto misterioso. Nei parchi stavo bene, come al solito o quando giravo in macchina senza fretta, ascoltando la musica, credo fosse la prima volta nella mia vita che mi ritrovassi nella mia città senza l’ansia di andare da nessuna parte o di rispettare un orario. E questo era il punto. Tutti gli altri erano talmente nervosi, stressati, incazzati, arrabbiati, così lontani dallo stare bene che neanche si rendevano conto di stare vivendo in una maniera sbagliata. Semplicemente era così. Bisognava correre, muoversi in fretta, senza sosta. Ma perché? Perché? 
Mi sono fermato, un giorno, a bermi una birra vicino alla fermata del tram che di solito prendevo dallo scalo di San Lorenzo per andare a lavorare. C’era un traffico assurdo lungo la strada. Bene, mi sono detto. Mi sono seduto su un muretto a bermi mooooooolto lentamente una birra e a osservare. A ognuno che mi guardava dalla propria macchina sorridevo. Di cuore, veramente. Dopo non più di un paio di secondi quasi tutti voltavano lo sguardo e tornavano nei loro pensieri, qualsiasi essi fossero. Dovevo sembrargli un folle. A bere birra, sorridere e non fare niente. Fermo. Chissà forse un giorno lo avrebbero fatto anche loro. Riposarsi un attimo, chiudere gli occhi e capire che, in fondo, un posto vale l’altro se non sappiamo come trovare l’unica strada importante, quella che porta dentro di noi.

venerdì 21 ottobre 2022

dream #122

Ero per strada e stavo camminando e sono arrivato davanti a una casa, interamente fatta di legno, situata su una piccola collina - La casa era recintata e qualcuno mi ha detto che era di propietà di alcuni zingari, mi è piaciuta molto dall’esterno e avrei voluto visitarne l’interno, così ho continuato a camminare, girandoci intorno, cercando un modo per entrare - Poi ero nel centro storico di una città sconosciuta, con stretti vicoli e palazzi antichi, dovevo andare a visitare un museo - Ho preso un autobus e prima di arrivare alla mia fermata una donna mi si è avvicinata e così siamo scesi insieme, abbiamo parlato un po’, poi lei mi ha abbracciato e mi ha sussurrato in un orecchio che avevo perso la mia occasione di andare al letto con lei - Si è allontanata e io ho continuato a vagare per la città - Non c’erano più musei dove volessi andare.



lunedì 10 ottobre 2022

dream #121

 Un grande spazio, forse l’interno di un capannone industriale, ci sono persone in giro e sembra come se durante la notte ci sia stata una festa, parlo con alcuni ragazzi in spagnolo, perché non voglio fargli capire che sono italiano - Cerco la mia giacca perché non ricordo dove l’ho lasciata, ho un flashback di me stesso seduto su un divano a discutere con due uomini vestiti di pelle nera - Qualcuno inizia a sistemare dei tavoli con sopra dei pezzi di circuiti elettronici, ci sarà un laboratorio (mi domando se Lolo ne sappia qualcosa) ma a me non interessa, quindi esco dal capannone e comincio a camminare ritrovandomi in una zona rurale, mi accorgo di avere di nuovo addosso la mia giacca, devo andare da Sara - Immagini al rallentatore di me e di lei che arriviamo insieme in macchina - Provo a chiamarla da una cabina pubblica ma non risponde, entro in un ufficio informazioni apparso dal nulla, c’è un divano nella sala d’aspetto dove mi siedo, ci sono alcune ragazze in piedi che stanno chiacchierando animatamente, le loro voci mi disturbano, allora esco e provo un’altra volta a telefonare a Sara - Sono in una sala di un museo con un paio di amiche e una di loro mi mostra delle statuette antiche dalle sembianze femminili in una teca aperta, ne prendo una in mano e mentre la accarezzo si rompe, allora cerco di aggiustarla  e poi la rimetto al suo posto, arrivano altre donne, forse addette del museo e si accorgono del guaio che ho combinato, però non mi dicono niente, anzi ci mettiamo tutti quanti a parlare, a raccontarci storie, in maniera tranquilla, osservando gli oggetti presenti nella sala, toccandoli, immaginando la loro origine - Sono per le strade di una città che non conosco e poi mi ritrovo in un parcheggio sotterraneo, sono davanti a una cabina simile a un’ascensore, ci entro dentro, lo spazio è minuscolo, quasi non riesco a muovermi, le porte della cabinascensore si chiudono (neanche mi ero accorto della loro presenza) e questa inizia a spostarsi, mi sembra verticalmente ma non ne sono sicuro, non ho idea di dove mi stia portando, sento una leggera ansia impossessarsi di me al pensiero che la cabinascensore si blocchi - Le porte si aprono, sono fuori, mi ritrovo in un’area urbana, di cemento, ci sono dei gazebi e sembra si stia svolgendo una piccola cannabis cup, rimango un pò lì, guardandomi intorno, poi arriva Lolo e mi dice che dobbiamo andarcene perché qualcuno ci sta osservando, allora lo seguo e camminiamo in silenzio per questa città sconosciuta e poi ci ritroviamo davanti a una enorme costruzione circolare come molte colonne, dall’aria vagamente barocca - Poi l’immagine mentale di questo luogo come se lo stessi vedendo disegnato su un foglio, dall’alto, nel suo progetto originale - Vorrei tornare alla cabinascensore ma non so come fare - Non trovo più Lolo - Sono a una festa, c’è parecchia gente intorno, posso quasi sentire il contatto dei loro corpi contro il mio - A un tratto mi giro all’improvviso e alla mia destra c’è Paul, i nostri occhi si incrociano, cerco di parargli prima che scompaia - Alcune foto di Sara in versione sadomaso scorrono sullo schermo della mia mente, arrivando chissà da quale videoproiettore psichico - Qualcuno mi chiama, non rispondo - La notte ha profili e ombre seducenti.


freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...