giovedì 15 agosto 2019

freewheelin' #48

Parcheggi di roulotte dispersi nel sole, riflessi di reti metalliche, corpi nudi, sudati e sporchi, bottiglie di gin, i ricordi della Spagna, i tossici di Orgiva, i miserabili alla ricerca di qualcosa di alcolico da bere, caravan abbandonati, resti di libri, indumenti, candele, carte del destino sparpagliate su tappeti rosicchiati da topi ubriachi, le farfalle dalle ali spezzate, il titolo di una canzone mai scritta, gli accampamenti indiani, i rituali, le preghiere, la lunga pipa e il tabacco, le immagini di un villaggio africano, i canti e le danze, le serrande abbassate in camere d’albergo letterarie, lo scrittore aveva uno sguardo assente mentre batteva velocemente i tasti sulla sua macchina da scrivere immaginaria, treni di lettere in arrivo, vagoni di parole, passeggeri mascherati da personaggi in fuga da chi li aveva inventati, le nuvole avevano forme oceaniche, il tempo era scomparso insieme agli orologi che lo avevano ingabbiato in segmenti matematici, intervalli e frazioni, guardavo le ombre muoversi e questo poteva bastare, avremmo creato teatri di lanterne magiche, avremmo ancora fumato l’oblio dei sogni dell’oppio, movimenti paralleli di pensieri e visioni, scambi ferroviari di rotaie psichiche, il nostro doppio correva accanto a noi, vicino eppure intoccabile, ci seguiva, curvava, si perdeva lungo l’orizzonte di rumori spezzati, la pioggia che batte su lamiere arrugginite, le porte oscure nelle stanze oniriche, qualcuno le apre, qualcuno le oltrepassa, ci saranno incontri in dimensioni psicospaziali oscillanti, una mano che trema, una voce che sussurra desideri svaniti, gli attimi sciolti su una scacchiera di inganni, le palpebre pesanti, le lente carezze e infine il disperdersi di ogni mia sensuale ed erotica illusione.

domenica 11 agosto 2019

Bryn y Blodau #4

I flussi neri dei pensieri notturni erano passati, svaniti nell’aria luminosa di una nuova mattina. Era rimasta una macchia bluastra sull’unghia del pollice della mano sinistra e un’attenzione speciale per i dettagli, soprattutto se si stava usando un martello per sistemare una porta squilibrata su sconosciute dimensioni organiche. Le foglie delle piante erano enormi, larghi ventagli di un verde scuro e ombroso, gli stemmi sfumavano fra il blu, il bianco e il rosso, pulsando lentamente. Erano queste le parti che utilizzavamo per la preparazione di pozioni psicotrope. Qualcuno aveva avvertito le autorità del Controllo Mentale e c’erano state perquisizioni e avvisi di sgombero e piani quinquennali di futura demenza senile e legislazioni medievali e antichi fasti burocratici in castelli di carte kafkiani e Samara guidava la macchina nella nebbia, quella delle colline e dei suoi pensieri confusi, ridendo, a tratti, ancora abbastanza stonata dall’erba, aprendo nuovi scenari narrativi che lo scrittore archiviava nella sua stanza dalla pareti elettriche, in attesa di possibili rielaborazioni creative, poi le cartelle digitali poggiate sul piano colorato di una scrivania invisibile, le immagini, i suoni, i filmati nascosti, c’erano le copie di infiniti mondi filmici all’interno di ogni schermo nel quale guardavamo, droghe visive a cui ognuno poteva avere accesso per mettere in scena la propria dipendenza oculare. Pioveva leggermente, quando ci siamo fermati alla stazione di rifornimento, sono entrato dentro per comprare del vino ma la proprietaria mi ha detto che non aveva la licenza per vendere alcolici, ho bestemmiato piano, nella mia lingua, poi ho osservato il riflesso di un corpo in uno specchio sulla parete, vestito come uno straccione, un vagabondo ed ero io e la donna deve essersi spaventata nel vedermi così conciato o forse era tutto assolutamente credibile e il mio personaggio reggeva la parte insieme al suo costume di scena, il regista sussurrava ad un collaboratore che ogni inganno era reale e che non bisognava aggrapparsi a finzioni soggettive della psiche, poi siamo tornati indietro, senza vino e nella casarotonda Samara ha suonato il flauto, una melodia che sembrava come nebbia leggera intorno al picco di una montagna cinese, sulla quale ritirarsi a meditare, un’aria musicale lenta e riflessiva, fatta di nuvole e alberi ancora spogli, mi sono sdraiato e l’ho ascoltata ad occhi chiusi.
Tutte le gabbie di pensieri in cui mi sono isolato, c’erano i sogni a trasformarne le sbarre in spazi aperti e lucenti, dove gli incontri inaspettati erano ancora possibili, i film onirici trasmessi nella sala cranica della DreamTv, dove non c’erano distinzioni fra lo schermo e ciò che vi veniva proiettato sopra, quelle immagini erano la realtà di un cinema privato e inaccessibile ad altri, mi sarei risvegliato in un luogo, un giorno, in cui nessuno mi avrebbe riconosciuto, le storie che avrei raccontato sarebbero svanite dalle labbra e insieme alle parole il mio corpo sarebbe diventato un doppio di pura e selvaggia immaginazione.

giovedì 8 agosto 2019

dream #88

Eravamo in una stanza e John stava suonando la chitarra, vedevo le sue dita muoversi veloci e creare accordi sconosciuti e George era seduto a gambe incrociate su un grande tappeto e parlava di meditazione e poi ha aperto una scatola ed era piena di piccole stecche di hashish e qualcuno, Valerio forse, ha rollato una canna e l’ha fatta girare e poi ero seduto in una tenda e dentro sono passate delle persone, una ragazza con un cavallo e poi sono arrivati Alessio e un suo amico e mi hanno chiesto se potevano rimanere e io gli ho domandato se avessero mai partecipato ad una cerimonia dell’altare della mezza luna e poi ero in piedi, in un’altra stanza e c’era dell’acqua sul pavimento e alcuni pesci che nuotavano e forse mia sorella, accanto a me, che mi poneva silenziose domande e  poi di nuovo vicino alla mia vecchia casa, in una zona d’ombra fra due colonne di cemento ho visto il viso di Claudia che mi osservava e allora mi sono avvicinato e le ho parlato e siamo entrati in un locale e c’erano Barbara e Cristina e qualcuno che suonava canzoni di tanti anni fa. 
Sono seduto sul tappeto e prendo la canna che George mi passa, faccio un paio di tiri, mi sdraio sulla schiena, questa musica, penso, esiste solo nella mia mente.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...