venerdì 30 settembre 2016

Cymru #8


Il cielo è di nuovo grigio. Il risveglio nella roulotte con il familiare rumore della pioggia che ci batte sopra, il vento tra le foglie degli alberi e i ricordi dei sogni da scrivere su un quaderno nero. Avevo trovato dei piccoli funghi nell’orto in cui avevo lavorato il giorno precedente e li avevo mangiati, avevo sentito quella sensazione, che qualcosa stesse per succedere, che le mie percezioni stessero per cambiare, ma poi non avevo oltrepassato il bordo dello specchio, forse ne avrei dovuti cogliere di più. La terra era morbida e umida e c’erano radici e vermi e avevano la stessa forma, strappavo le piante che disturbavano la crescita di quelle commestibili, ho assaggiato una radice per sapere che gusto avesse ed era amara, ho passato una giornata con una vanga in mano ed è stato faticoso e appagante e quando ero stanco mi fermavo e guardavo il cielo e le colline ed era meglio che essere rinchiusi in quattro pareti davanti a un computer.
Mi sono messo delle mutandine da donna sotto i pantaloni da lavoro, giusto per avere un po’ di assurdità nella vita, qualcosa di bizzarro e imprevedibile. Il pomeriggio ho sborrato nel cesso di legno vicino alla roulotte, con un piccolo vibratore legato ai coglioni e al cazzo, senza toccarmi, giusto per avere un po’ di assurdità nelle mie fantasie di masturbazione. Poi durante il lungo tramonto ho camminato fino a uno spazio aperto per ammirare la magia della luce e in un campo c’erano dei giovani lama, con i colli che si muovevano snodati e non sapevo se fossero reali o una visione, anche perché i loro contorni sembravano brillare, mi sono fermato a guardarli e le nuvole erano trafitte da raggi di bellezza e la notte ho acceso un altro fuoco e l’ho contemplato per ore, le stelle erano nobili e arcaiche presenze, gli ho posto delle domande che non hanno avuto risposta, forse perché non c’era più nulla da chiedere, allora ho accolto il loro silenzio come una benedizione, quel lontano splendore era il loro modo di esprimersi, fisso e lucente, sono andato a dormire ancora con le mutandine da donna addosso, giusto per quel po’ di assurdità che anche i sogni richiedono.


mercoledì 28 settembre 2016

Cymru #7




Avevo fatto un fuoco con dei rametti e dei cartoni e dei pezzi di legno di finestre abbandonate mentre la sera si prendeva il suo tempo, calma, lenta, meravigliosa nel modo in cui sfumava i colori del giorno. Il tramonto avveniva nell’arco di ore e guardavo la legna che crepitava e la danza delle fiamme e ogni tanto alzavo gli occhi al cielo per vedere se le stelle fossero arrivate ma loro ancora non avevano deciso di mostrarsi e allora tornavo a contemplare il fuoco e poi ho visto una piccola luce brillare nell’oscurità, proprio sopra di me e poi un’altra ancora e ho abbassato di nuovo gli occhi e le scintille che si sprigionavano dalle fiamme e si alzavano per scomparire tra le ombre del mondo erano identiche a quelle luci lontane e allora ho capito che non c’era nessuna differenza, che erano entrambe lo splendere di un’unica essenza e la notte ha avvolto ogni cosa con il suo mistero e gli alberi erano forme nere e sensuali e la polvere dell’universo veniva gettata nel buio infinito e tra le braci ancora ardenti ho provato a leggere il mio destino, poi ho chiuso gli occhi e sono diventato il sogno di un altro me stesso, ancora addormentato, da qualche parte, nell’illusione del suo vivere.

martedì 27 settembre 2016

Cymru #6

Mi svegliavo con il rumore della pioggia e una volta aperti gli occhi non riconoscevo mai il luogo in cui mi ritrovavo. Una roulotte, c’erano dei vestiti sul tappeto orientale che ricopriva il pavimento di legno e faceva freddo, mi sono avvolto nella coperta e mi sono alzato, ho aperto la porta, fuori c’era un mondo nascosto dalla nebbia, bagnato e grigio, le sagome degli alberi, quelle di una casa, mi sono vestito e sono uscito. Dentro le stanze non c’era nessuno, solo polvere ed echi silenziosi, le ragnatele, dei barattoli su un tavolo, ne ho aperto uno, ne ho mangiato il contenuto, non sentivo alcun sapore, ho girato per le altre camere, ho guardato fotografie sbiadite, ho accarezzato abiti dimenticati, mi sono seduto e rimesso in piedi.
C’era una strada e ho iniziato a camminarci, a seguirla e gli alberi si nascondevano e così il cielo, la pioggia era sottile e la sentivo sulla faccia, avevo una giacca impermeabile e un maglione e scarponi e camminavo e il mio cuore era vuoto, ogni tanto c’erano ancora immagini nella mente ma diventavano giorno dopo giorno più sbiadite, svanivano i contorni dei volti e quelli dei sorrisi, c’era stata una vita, in un altro tempo e in un altro luogo, che era appartenuta a un uomo con le mie stesse sembianze ma quell’uomo non ero più io, non sapevo dove fosse ora, sicuramente non era qui,  volevo solo che anche quegli ultimi bagliori svanissero, le tue poche parole quando ci siamo detti addio, era una mattina triste e svogliata, a Swansea, trascinavo ancora le mie valigie prima che le perdessi da qualche parte, poi c’erano state notti e giorni di cui avevo distrutto la memoria e tronchi dalle forme magiche e tutte le direzioni che avevo deciso di non seguire più, un bastone stretto in pugno, un passo dopo l’altro.
Un passo
dopo

l’altro.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...