venerdì 31 gennaio 2014

Closer

Camminavo nel vento, attraversando il ponte sulla Tiburtina, con la stazione che mi osservava minacciosa a sinistra, le ombre dei piloni della Tangenziale, la sua oscura presenza, proseguivo, un passo dopo l’altro, sul bordo bianco di un marciapiede. La pioggia stava per cominciare a cadere nel vuoto della mente e della città, questo era l’esercizio psichico di un funambolo lungo strade che oltrepassavano le proprie mappe mentali, questi luoghi erano liberi di essere trasformati dalla sua fantasia. Davanti ad una serranda di un negozio bengalese ho scattato una foto a Matteo e potevamo essere in una delle strade secondarie di New York in attesa dell’uomo che ci avrebbe portato del crack da fumare, le pipette annerite in una stanza di un albergo fatiscente, giusto quattro mura per farsi senza che nessuno ti venisse a rompere i coglioni, abbiamo comprato delle birre e ce le siamo bevute davanti al Closer, accompagnandole con un paio di canne, poi abbiamo deciso di entrare ed è stata una vera rottura di palle aspettare per fare la tessera e pagare cinque euro al metallaro che stava alla cassa, un altro ragazzo, accanto a noi, ripeteva con una bottiglia di birra in mano che era più di un’ora che cercava di entrare senza riuscirci, poi una tipa grassa con delle schifezze in faccia e un lungo giubbotto di pelle nera mi è passata davanti saltando la fila e io ho sorriso pensando, anvedi ‘sta stronza, ma non me ne fregava più di tanto e allora ho fatto finta di passare senza pagare anche io, giusto per creare un contatto visivo con il metallaro che alla fine si è accorto di noi e ci ha fatto le tessere, Gabriele gli ha allungato venti euro, visto che eravamo in quattro e finalmente ci siamo mossi, diretti al bar, poi su uno schermo abbiamo visto che nella sala di sotto già suonavano e allora siamo scesi e abbiamo ascoltato un po’ di musica e non è che vada pazzo per il metal e il gruppo sul palco mi sembrava che suonasse sempre lo stesso pezzo, neanche troppo bene e alloro sono risalito, ho comprato una birra e ho trovato un posto a sedere su un divano di finta pelle e la gente intorno non mi pareva un granché interessante e la cosa strana, quando ci ho fatto caso è che tutti erano vestiti di nero e io avevo un maglioncino bianco e tutti avevano i capelli lunghi e io ce li avevo corti e sorridevo e mi rilassavo sul divano di finta pelle perché ci si stava bene, ci siamo fatti due ghignate io e Matteo, quando mi ha raggiunto e qualche ragazza ci è passata davanti ma non mi piaceva il modo in cui si vestivano o si presentavano e tutta quell’apparenza maledetta era solo un’altra stupida maschera che indossavano, poi siamo scesi di nuovo di sotto e suonava il gruppo di Phil, questo mi sembrava migliore del primo anche se la musica continuava a rimbombarmi in testa tutta uguale ma Phil e i suoi amici avevano energia e ci sapevano fare con gli strumenti e con le facce e con i gesti di scena e anche il loro look non era male e in fondo non me ne fregava un cazzo, allora sono risalito e mi sono preso un’altra birra. Rimanendo in piedi, accanto al bancone.

giovedì 30 gennaio 2014

...

Sono colui che meglio ha sentito lo stupefacente smarrimento della propria lingua nelle relazioni con il pensiero. Sono colui che ha meglio individuato l'attimo dei suoi più intimi, insospettabili sfaldamenti. Mi perdo nel mio pensiero veramente come si sogna, come all'improvviso si rientra nel proprio pensiero. Sono colui che conosce i nascondigli della perdita.

antonin aratud
il pesa-nervi

martedì 28 gennaio 2014

le alti torri #3




Ci ritroviamo trasformati in esseri lucenti, mentre il fumo esce a strisce dalle mie labbra, c’è un momento prima del risveglio in cui dal buio circostante nascono creature fatte di suoni e colori sconosciuti, ti muovi lento tra di loro, tutti i tuoi gesti sembrano far parte di antichi rituali ma ti stai solo rigirando tra le lenzuola, alcune volte sei sulla cima delle alte torri vicino alla stazione e guardi il mondo e i palazzi e i loro tetti e le antenne che danzano nell’aria della sera, le scie degli aerei nel cielo, connessioni invisibili che creano reti di comunicazione silenziosa, ghigni che esplodono dagli schermi - camminavo con una bustina in tasca, dopo essere stato dal vecchio, non sempre la condizione fisica della sostanza era la stessa, poteva essere liquida, in polvere, poteva essere un semplice gas da inalare, qualcosa di solido e gelatinoso da ingerire, la sostanza assumeva forme differenti, la sostanza diventava una presenza nella tua mente e nel tuo corpo, una presenza che dovevi conoscere, con cui dovevi confrontarti, la sostanza eri te stesso in altri milioni di vite possibili, era partire da quell’eventualità, da quell’apertura improvvisa nel reale, nell’essere scaraventati in un altro corpo che era sempre il tuo ma diverso, perché le strade della città erano sconosciute e allo stesso tempo familiari, le persone che ti guardavano mentre camminavi, gli sguardi, fermavi i loro occhi in attrazioni magnetiche, come calamite le pupille si attiravano, entravi dentro, vedevi cosa c’era, gli occhi scintillavano, camminavi un altro po', bevevi acqua da una fontana, lunghi respiri, ragazzo, come il vecchio ti aveva insegnato, scorrere in questa fluida sorpresa fatta di aria e luce - lei sedeva a gambe incrociate su un grande cuscino nero, le dita che scivolavano tra i capelli, le giovani prostitute sdraiate sui sofà di qualche bordello ad imparare l’amore, perché siamo tutti degli sconosciuti e ci aggrappiamo alla pelle per non sprofondare ancora di più nell’abisso e un sorriso e una carezza e un cazzo che ti esplode nella gola in fiumi di calda incoscienza, un momento di passaggio, una nuova soglia, te la mostra lei con i movimenti ritmici delle sue mani e la porta si apre e ne scorgi la luce e le risate e tutte le promesse che si trovano dall’altra parte e ci scivoli dentro e ti sciogli in un liquido lattiginoso che inizia a colare tra le assi del pavimento, giù negli interstizi tra la polvere e il buio, gli occhi psichedelici di un ragno che dondola nel nulla, il suono dei grilli nei caldi pomeriggi d’estate, mi mettevo una mano sulle  palpebre, il sole era un occhio senza scrupoli, il mio palmo era rosso, l’aria sfiorava l’erba dei prati e la vedevo muoversi in onde azzurrine, vuoi un’altra tazza di tè? Sussurra l’arabo dentro il suo negozio. 

giovedì 23 gennaio 2014

senza titolo


finché sarete con me
so che ogni cosa
potrà essere
detta
attraverso voi
le vostre forme
la vostra pelle

finché sarete con me
avrò ali per
i miei sogni
e un cuscino su cui
addormentarmi
avrò i vostri occhi
per portarmi
dove non sono mai stato

finché sarete con me
ci sarà l'amore
a proteggermi
e le vostre mani
a farmi sentire meno
solo

finché ci sarà una
pagina vuota
che attende di essere
riempita
ci sarà luce
e silenzio
e universi di parole
ancora da scoprire

mercoledì 15 gennaio 2014

freewheelin' #10


Le ombre dei tronchi degli alberi passavano veloci fuori dal finestrino del treno, poi all’improvviso camminavo per strada e guardavo in alto, tra i palazzi e la luce del sole che illuminava in maniera divina le superfici delle nuvole, come all’interno della navata di una chiesa dalle volte decorate, la mano di dio che usciva da quelle nuvole, che cosa avrebbe toccato?
Cancellare gli ultimi ricordi, un esercizio di purificazione quotidiano, eliminare gli stati d’animo negativi, le loro cause, le persone che generano quegli stati, la nostra anima si levigava, con il passare degli anni, se guardavamo dentro di noi potevamo vedere quanto diventasse con il tempo liscia e luminosa, non sarebbe più rimasto nulla di quanto vissuto, sarebbero scomparsi con i mesi tutte le cose che avevo amato di te e quei ricordi sarebbero diventati poco più che rosee nubi nell’ora del tramonto, potevo osservarne la bellezza, ma in maniera distaccata, estetica, il mio cuore era libero, guardare le nuvole seduto sulla sabbia, una mano che esce fuori da esse e si allunga, lucente, fino a toccare la mia fronte.

dio non esiste.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...