mercoledì 23 aprile 2025

ZetaElle #32

 Sequenze di combattimenti fra le strade e persone in fuga, i rumori in lontananza degli spari e un senso di panico e come una vibrazione nell’aria calda di qualche città marina del Sud America o del sud della Spagna - Lo scrittore camminava confuso cercando posti dove nascondersi e anche la via di ritorno per la casa nella quale aveva passato la notte sembrava essersi smarrita - C’era stata la messinscena di un tradimento nascosto da parte di una donna nei confronti del suo amante e lo scrittore, in un momento di erotico abbandono, se la era ritrovata a cavalcioni sulla faccia mentre le leccava la fica umida, i battiti accellerati del cuore nel timore di essere scoperto e il sesso, in qualche modo, stava svanendo dalla sua vita, ne rimaneva una simulazione mentale, i suoi contatti erano ridotti al minimo, la sua esistenza monastica, i libri, il silenzio, la meditazione - Poi c’erano dei biglietti aerei in una borsa e qualcuno che doveva partire e un incontro ai tavoli di un bar e alcuni regali che venivano scambiati - E i dibattiti e le cene degli anarchici, ai quali lo scrittore partecipava, bevendo vino e ascoltando le loro parole e poi improvvisa arrivava la voce di mio padre, così chiara e leggera,  mentre cantava, sembrava sgorgare da una sorgente nascosta nel suo corpo, cristallina, si espandeva nella stanza, in un fulgido movimento rettilineo, come una bandiera sonora da seguire e poi si alzavano le voci dei compagni e si inneggiavano altri canti e il vino girava e le gole e i cuori si scaldavano - I manuali per costruire armi ed esplosivi, le tecniche di guerriglia urbana, i libri di poesie, quelli di politica, i comunicati da stampare, le nuove strategie di difesa mediatica, l’annichilamento del capitale, la libertà dal lavoro, l’estasi della lotta armata - Si parte e si ritorna tutti insieme - Poi le strade, di nuovo, i ragazzi sulle scalinate di un centro sociale, la falce lunare nel cielo, il martello della musica techno, i compagni in prigione, lo scrittore camminava fra le strade della sua città, i doppi onirici distanti, seguito dall’ombra di sé stesso, le scritte di rivolta sui muri, l’oltraggio al pudore di un mondo senza più morale, Gideone libero, gridavano un tempo, chissà dove era andata a finire tutta quella rabbia, ospizi di sanpietrini stanchi e sconfitti, i prossimi incubi di una società allo stremo, piegata da sudicie mani, da danze suicide, il giornale chiuso sotto il braccio, una pistola nascosta, una stanza ancora lontana dove tornare. 

lunedì 21 aprile 2025

ZetaElle #31

 Immagini oniriche di Lynn dalla Spagna, scatti mentali di sequenze notturne all’interno di palazzi d’epoca e feste e appartamenti, gigantografie oscure di volti ed espressioni mentre la pioggia trasformava le strade in fiumi di detriti e fango e macchine e lo scrittore era in procinto di imbarcarsi su una nave psicotropa per una traversata del subconscio, alla ricerca di sostanze, che avrebbe trovato da un ragazzo arabo seduto sul ponte per poi andare a rintanarsi nella sua cuccetta per fumare hashish e compiere i suoi rituali. 
L’ombra tornava a turbarlo, a impossessarsi del suo corpo, lasciandolo come rapito in un turbinio di sensi alterati, fino all’inevitabile oblio e alla stanchezza dei giorni seguenti, in cui lo scrittore giaceva senza energie su un divano, senza la minima voglia di uscire di casa e di fare niente, in attesa, in una parentesi di tempo che poi allargava attraverso i respiri, si immergeva e riemergeva dallo spazio interiore e la narrazione diveniva di nuovo fluida e così lo scrittore cominciava un nuovo viaggio nella memoria, sentendosi più vecchio dell’uomo che in realtà era.
Freddy era tornato negli Stati Uniti, dove si sarebbe occupato dei brogli elettorali necessari per creare il giusto livello di caos nelle imminenti elezioni presidenziali e Ahmad era riapparso all’improvviso, portando con sé nuovi ingenti quantitativi di denaro che in un momento dato sarebbero stati investiti in attività sovversive. Industrie di vernici come coperture del capitale per le strategie reazionarie che ogni stato doveva sovvenzionare per mantenere il folle equilibrio tra anarchia e forze conservatrici. I venti della destra si erano alzati e portavano il solito tanfo di morte. Il mondo forse si stava preparando al suo prossimo collasso e in alcuni, compreso Zito Luvumbo, speravano che fosse anche l’ultimo. I morti a Gaza e nella Striscia, l’interminabile guerra tra russi e ucraini, il cambiamento climatico che sembrava la giusta risposta della Terra alla barbarie e alla stupidità umana. Qualcuno lanciava preghiere affinché il Pianeta si riprendesse tutto quanto. Novembre era arrivato e pareva di essere in primavera, non male se non si ha un cazzo da fare e ci si dimentica di chi si è e di chi si è stati, non male passare le giornate sulla terrazza nell’attesa che nulla accada, fra libri da leggere e film da guardare. 
Lo scrittore riprendeva le sue attività, lentamente e senza fretta, i giorni si sgretolavano e non aveva più molto senso cercare di capire cosa fosse successo.

venerdì 18 aprile 2025

ZetaElle #30

 In qualche modo le visioni delle coste dell’Andalusia stavano arrivando, insieme a quelle del Marocco e di giovani ragazzi che fumavano oppio sdraiati su luridi tappeti tra sporcizia e macerie nella periferia di città fatiscenti, sognando l’Europa e i documenti e la possibilità di una vita diversa che intanto sempre la stessa merda sarebbe stata. Loro, però, non potevano saperlo e continuavano a sognare e Zito Luvumbo avrebbe voluto parlargli e dirgli che la miseria rimaneva tale ovunque, soprattutto quella dei cuori e delle anime e che sarebbe stato meglio rimanere puri nella propria terra che ingabbiati all’interno delle stupide illusioni di un’altra.

Problemi di connessione con il mondo onirico, sequenze interrotte, icone metropolitane che si ripetevano in inquadrature diverse, una piccola terrazza protetta da cui si poteva osservare il doppio allucinato della città, nelle notti di pioggia e fuga interiore - Al tramonto i tetti dei palazzi venivano avvolti da colori acidi, lo scrittore non sapeva come scendere da quel luogo, come tornare fra le strade, come ritrovare la sua macchina (quando ne aveva mai avuta una?), come andarsene da lì. Poi apparivano una stanza, un bagno, le pareti dai colori scuri, blu, cobalto, verde marino, silenzio oceanico, poi arrivavano gli odori, in un’altra camera mentale, mentre lo scrittore camminava e squarci dell’infanzia si aprivano nella mente e poi le anfetamine cominciavano a fare effetto e così la giornata diveniva lucida nella sua percezione, nitida e lucente e lunghe camminate nel sole e nell’ombra, con l’estate che volgeva al termine, con improvvisi temporali e tempeste elettriche nel buio, oltre le vibrazioni catodiche di schermi fumanti. Lo scrittore si sdraiava sul letto, in una posizione sospesa, vaghi ricordi di una tenda in un campo, il sentore della pioggia, il tuo corpo distante, il naufragio dei sensi, quello della ragione.


lunedì 14 aprile 2025

ZetaElle #29

 Paul era stato licenziato dall’Agenzia della Sovversione Onirica ed era fuggito in luoghi caotici popolati da persone che si muovevano solo con delle biciclette e dove era stato abolito l’uso del motore e della benzina e teneva lezioni in seminterrati fumosi e pieni di gente, mentre parlava di poesia e alcolismo e ricordava i suoi giorni di travestimenti psichici, quando si infiltrava nei gruppi neofascisti per sabotarli dall’interno. 

Zito Luvumbo aveva preso parte ad una simulazione onirica, nella quale avrebbe dovuto recitare la parte di un diplomatico all’interno dell’ambasciata afghana e avrebbe dovuto parlare con l’ambasciatrice, donna misteriosa dai molti poteri paranormali. Seduto su una poltrona davanti alla scrivania in mogano della finta ambasciatrice, la cui parte era stata affidata ad una collega che non conosceva, era stato toccato sulla fronte da una lunga bacchetta di metallo che lei maneggiava con la destrezza di una sacerdotessa dell’occulto e appena la punta dell’oggetto alchemico aveva toccato la sua fronte Zito Luvumbo aveva iniziato a cadere al rallentatore all’indietro, avendo l’impressione che anche la poltrona sulla quale era seduto si stesse muovendo nella medesima direzione e forse l’intera stanza stesse compiendo quel lento movimento a ritroso e poi si era ritrovato in posizione orizzontale in un’altra camera, con i polsi e le caviglie legate e l’ambasciatrice, che ora indossava una uniforme, gli stava facendo delle domande - Era dunque così che gli interrogatori venivano pianificati e messi in scena.

Lo scrittore era appena uscito da uno degli incontri con Paul, che era stato invitato ad una delle serate anarchiche che lui frequentava, ormai senza più doppifini o doppigiochi da portare avanti e aveva ascoltato le sue parole e gli erano sembrate interessanti e poi se ne era andato in bicicletta con Lorenzo, avevano fatto un pezzo di strada insieme, prima di separarsi e questo  scenario notturno urbano era diventato quello di una campagna, simile ai luoghi che aveva visto per anni in Galles e lungo il pendio di una verde collina c’erano dei tronchi enormi, alcuni intagliati in figure totemiche e lo scrittore ci si era avvicinato, fino ad averne una visuale dal basso e da qualche parte ci doveva essere una festa e gente in vena di fare scherzi e divertirsi e lo scrittore ha pensato ad una casa isolata fra i boschi e a come ci sarebbe potuto arrivare, poi in lontananza è apparso il mare e la voce di chi gli stava intorno si è persa nell’aria e nel cielo e lui ha ripreso la bicicletta, andandosene da lì, pedalando su strade invisibili di ricordi svaniti.


lunedì 7 aprile 2025

ZetaElle #28

 Tornato in città Zito Luvumbo si era ritrovato pieno di cose da fare e organizzare. Simulazioni di guerriglia urbane per le strade dei quartieri, con assalti di bande di latinos ai negozi dei bengalesi, le risse davanti a Termini o nelle stazioni metropolitane vicine per il controllo delle attività di borseggio e spaccio, infiltrazioni all’interno delle manifestazioni, lancio di oggetti e bottiglie contro la polizia, incendi dolosi nelle discariche, immissione nel mercato di nuove sostanze stupefacenti. 

Zito Luvumbo incontrava persone, dava suggerimenti e mai ordini, perché quel tipo di comunicazione e attitudine non rientrava nella sua natura, organizzava, creava trame alternative, inventava gli intrecci, poi spariva così come era venuto. 

Non aveva sempre lo stesso aspetto, ma gli altri quando lo incontravano, sapevano che era lui e seguivano, alla lettera, come ipnotizzati, le sue parole. Aveva diversi appartamenti, nella città, in cui abitare, denaro a disposizione, macchine per gli spostamenti. Eppure c’era sempre un territorio psichico, un luogo neutrale al suo interno, che Zito Luvumbo lasciava libero e nel quale trovava l’energia per ricaricarsi o per allontanarsi dalle sue azioni. Uno spazio sicuro dal quale osservarsi senza mai nessun giudizio, perché oltre i limiti delle nostre presunte protezioni era la vita stessa a condurci e ciò che facevamo perdeva importanza perché era il semplice susseguirsi dei nostri gesti a riempire il tempo e così non c’era più molta differenza fra un percorso e un altro, un modo di condotta e il suo opposto - Dal di fuori, dagli occhi di un testimone idealisticamente neutrale, tutto non era altro che un’allucinazione, una messinscena psicotica. Un subbuglio di avvenimenti caotici. Era compito dello scrittore, poi, dare forma e possibilmente stile a questo materiale. 

Zito Luvumbo a volte faceva anche il suo lavoro, altre, invece, si immergeva nei personaggi, sconfiggendo paura e noia, asservendosi alle esigenze di scena, al denaro e alle ricompense, uccidendo il pensiero per sublimare se stesso nella bellezza del gesto, dell’atto di rivolta o punizione.

La città era in subbuglio e le nuove strategie stavano per essere sperimentate, insieme al perfezionamento delle vecchie. Migliaia di stranieri, di immigrati, di poveri, di miserabili erano pronti per essere arruolati e usati. Poi il silenzio delle strade livide all’alba quando Zito Luvumbo camminava solitario fra le prime luci del giorno, fuori dagli obblighi della finzione, scrutando il mondo che avrebbe voluto e che poi, per amore del caos, avrebbe senza ragione distrutto.


Warsaw #1

  Apparivano le case, i balconi, le tende, i graffiti sui muri, tutto scorreva come le sequenze di un sogno, come se stessi partendo ancora,...