Lynn pedalava verso l’università, aveva un seminario di alcuni giorni al dipartimento di antropologia. Pedalava piano, le persone le scivolavano accanto, la mente ancora leggera per l’erba della sera prima. E anche lei si sentiva leggera. E giovane. Legò la bicicletta ed entrò in uno degli edifici dell’università, diretta all’aula tre. Dentro c’erano già parecchie persone, trovò un posto e si sedette. Il professore ancora non era arrivato. Si tolse la giacca e prese dalla sua borsa un libro di Huxley, le porte della percezione. Aveva avuto anche lei delle esperienze con i funghi sacri e con la mescalina e il seminario era incentrato sullo sciamanesimo e sull’uso di sostanze psicotrope all’interno di quegli antichi rituali. Lynn studiava letteratura inglese. Aveva diciannove anni.
Il professore arrivò con una ventina di minuti
di ritardo. Posò una cartelletta sulla cattedra e tirò fuori alcuni fogli.
Poi si spense la luce e si abbassò uno schermo dietro le spalle del professore
e si accese un proiettore e iniziarono a susseguirsi immagini di sciamani di
tutte le parti del mondo e lei si perse in quelle immagini e ricordò i colori e
i cambi di prospettiva e l'inconsistenza del corpo e il flusso continuo di pensieri tra
dentro e fuori e i contorni lucenti delle cose e le forme distorte e le lacrime
e le gambe come radici nel suolo e la consapevolezza di essere passata
dall’altra parte e di scoprire un mondo nuovo, inesplorato e misterioso.
Dopo un paio di ore ci fu una pausa, Lynn uscì a
fumarsi una sigaretta con alcune ragazze che aveva conosciuto nel suo
corso. Anche il professore era uscito e stava parlando con un suo collega.
Senza pensarci Lynn gli si avvicinò, come attratta da una forza sconosciuta,
lui era rimasto da solo, gli chiese se voleva una sigaretta, gli disse che le
immagini erano state molto interessanti, lui sorrise, non accettò la sigaretta
e la invitò al Noon per le dieci di quella sera. Poi andarono insieme verso la
classe. Lynn aveva il cuore che batteva impazzito come il tamburo di quegli
antichi sciamani messicani.
Tornata a casa si sdraiò sul letto e pensò al
professore. Doveva avere quasi il doppio della sua età. Prese un quaderno sul
quale scriveva le sue poesie e buttò giù alcune parole. Il cuore ancora le
martellava nel petto.
Si vestì con un paio di jeans e stivali, una
maglietta con un’immagine di Jimi Hendrix e un giacchetto rosso. Andò al coffe
shop e si accorse che l’uomo era già dentro davanti ad una tisana. Stava
fumando una canna. Entrò, l’uomo le fece cenno con la mano, sorridendole. Lei gli si
sedette vicino, l’uomo le passò la canna, lei fece due tiri. Iniziarono a
parlare.
La poesia. Il libri. William Blake. Le porte
della percezione. Huxley. L’isola. Il nuovo mondo. Orwell. 1984. La fattoria
degli animali. Kerouac. La beat generation. Sulla strada.
Lei era emozionata mentre parlava e l’uomo la
fissava negli occhi. Iniziò a sentirlo nella bocca dello stomaco. Nella pelle.
I suoi occhi le entravano dentro. L’uomo le toccò una mano, inavvertitamente.
Lei sentì che le dita le tremavano. L’uomo le prese la mano fra le sue.
Rimasero così. Lui le chiese se stava bene. Lei sorrise. L’uomo le disse che
doveva andare. Lei gli chiese se poteva accompagnarlo. Si alzarono. Si
guardarono negli occhi e lui le accarezzò i capelli.
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