venerdì 7 agosto 2015

le alte torri #12



Aveva passato gran parte della mattinata chiuso in una stanza, davanti al computer, a fare una ricerca su un allucinogeno che veniva usato dagli indigeni che avevano vissuto per centinaia di anni nel deserto di Atacama. Aveva visto le foto dei resti dei loro attrezzi per polverizzare i semi, quelle delle cannucce per tirarli. Botte forti e potenti che facevano arrivare la sostanza dritta al cervello, in modo che potesse elaborare i dati sensibili in maniera differente. Ogni tanto usciva dalla stanza e fuori, nella luce del sole, le cose apparivano brillanti e reali, come i ricordi di quelle giornate quando era ancora un ragazzo e giocava all’amore con una giovane fanciulla, sarebbero cambiati i volti, i pensieri, sarebbero cambiate così tante cose eppure la luce, nei suoi momenti estatici, sarebbe rimasta sempre la stessa.

Gli avevano dato un contatto, un nome, Pavel L. (P.L.), doveva chiamarlo in serata e vederlo. C’erano informazioni e sostanze e nuove informazioni su nuove sostanze. Non sapeva se Pavel fosse pericoloso, non si preoccupava, aveva fiducia in chi gli aveva rimediato il contatto. Si incontrarono in una piazza, piena di stranieri, nel quartiere cinese, vicino all stazione. Pavel aveva una valigetta e un aspetto anonimo. Lui era su una panchina, con un libro in mano. Pavel gli si era seduto accanto e aveva parlato nella sua mente. Lui si era girato e gli aveva sorriso. Si erano alzati in silenzio e si erano mossi verso la stazione. Avevano cenato in un ristorante thailandese, parlando in arabo, perché sembrava la lingua più adatta per discutere di quelle cose. Non bevvero alcolici e le informazioni più importanti venivano trasmesse attraverso la mente. Lui descrisse a Pavel le varie sostanze che erano in circolazione in quel momento nelle diverse zone della città, gli raccontò della sostanza che si poteva trovare nel quartiere cinese. Pavel gli disse che c’erano delle novità e che ci sarebbero stati dei cambiamenti. Si salutarono fuori dal ristorante, lui aveva in mano la valigetta di Pavel e si diresse verso casa.


Posizionò la valigetta su un tavolinetto basso di legno rosso, poi si sedette a gambe incrociate. Fece ruotare i numeri della combinazione. Qualcosa scattò. Dentro c’erano diverse scatole, di varie dimensioni, un puzzle che riempiva tutto lo spazio foderato di tessuto prezioso. Prese una piccola scatola dal colore blu cobalto. Ne sollevò il coperchio. Dentro c’erano delle sottili radici che non aveva mai visto. Ne prese due e se le mise in bocca, iniziando a masticarle lentamente.

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