sabato 2 marzo 2019

Mwnt

Siamo andati in macchina verso la spiaggia di Mwnt, Justine al volante, John accanto a lei e io nel sedile posteriore. Lui è salito con una tazza di caffè nero ancora fumante in mano e io io mi sono seduto di dietro, dopo aver sistemato il mio zaino nel portabagagli. Siamo passati a prendere Laura, ci stava aspettando vicino ad una panchina, con il suo tamburo e un paio di buste con del cibo dentro. Laura si è seduta vicino a me e ha cominciato a raccontarmi di quando era venuta in vacanza in Italia con la sua famiglia, aveva quattordici anni e gli uomini già le ronzavano intorno, ho sorriso, ricordandomi di Lynn, poi ho guardato il paesaggio che si muoveva fuori dal finestrino.
Quando siamo arrivati alla spiaggia Mick stava prendendo le misure per il suo mandala, un regalo personale per il compleanno di Anne. Alcune persone erano sedute sulla sabbia o in piedi vicino a delle rocce, le vedevo dall’alto, dal parcheggio in cui ci eravamo fermati. Ho preso un sacco con della legna dal portabagagli, insieme al tamburo di Laura e mi sono diretto verso la spiaggia. Sono sceso per dei gradini e quando ho raggiunto le altre persone ho posato la legna e il tamburo vicino a loro, Emma era già lì, mi ha salutato con uno sguardo, poi lei e Justine hanno pensato al fuoco. Donne e bambini stavano aiutando Mick a terminare la sua opera con dei rastrelli, componendo figure geometriche che dallo spazio bidimensionale si spostavano in una zona mentale malleabile e fluida, muovendosi in spirali colorate nella mia immaginazione. Ero ad occhi chiusi, in quel luogo interiore intangibile e infinito e i suoni delle canzoni delle notti precedenti hanno iniziato ad arrivare, insieme a quei ritmi ancestrali nati dal silenzio, le calde e bianche incandescenze di energia vitale, Michael che intonava parole di antichi canti dimenticati, i colpi sull’enorme tamburo, le ripetizioni continue di parole senza nessun apparente senso logico ma allo stesso tempo capaci di esprimere in maniera così profonda intuizioni e sensazioni che si perdevano in un modo di percepire la realtà quasi scomparso, erano le melodie stesse che una natura selvaggia e incontaminata aveva insegnato agli uomini che l’avevano conosciuta, prima di smarrirsi negli inganni del futuro. E poi le voci nel buio soffocante del temazcal, il delirio guidato in una trance estatica di sudore e corpi fradici sull’orlo del collasso fisico, c’era la morte vicino ad ognuno di noi e non avevamo paura ad averla al nostro fianco, la musica infondeva coraggio ai nostri cuori e ci portava oltre noi stessi, per oltrepassare la soglia e poi rinascere nella notte, sotto le stelle e la luna e la pioggia che ci accoglieva come una benedizione divina.
Mi sono seduto sulla terra nuda e bagnata, sapendo bene che un giorno tutto questo non sarebbe più esistito, era un mistero e un dono quello di cui facevamo parte, un universo di innumerevoli e sconosciuti fenomeni uniti in maniera invisibile fra loro, in una danza di eventi che il tempo finiva poi per portare via con sé, distruggendone ogni traccia, ogni passo, come le onde che arrivavano a cancellare le linee di un gigantesco e meraviglioso disegno sulla sabbia, a ricordarci che nulla, nemmeno la bellezza, era destinata a durare.


Nessun commento:

Posta un commento

freewheelin' #82

  Le notti diventavano più brevi e il sonno si popolava di sogni e fra le loro storie c’eri anche tu, il tuo volto e il tuo corpo ma non i t...