Città di sogno che appaiono e svaniscono in un crepuscolo di luci acide, enormi edifici di un’età dimenticata, cattedrali di un medioevo emotivo, di una barbarie ultraterrena, giganteschi animali di pietra sulle facciate di un tempio mesopotamico, poi strade e vie e stazioni degli autobus deserte - ero già stato qui, in un’altra vita, in un altro viaggio onirico e ancora sentivo la paura di perdermi, di non sapere dove andare - non c’era nessuna libertà, nessun desiderio di scoprire, solo l’esigenza quasi fisica di trovare un modo per tornare a casa, dovunque essa fosse - avevo indirizzi invisibili e ricordi di luoghi in cui avevo abitato e che volevo raggiungere senza sapere come - la febbre bianca, le ferite sui palmi delle mani, il silenzio di un chiostro autunnale avvolto da una leggere nebbia sospesa, il lieve fruscio delle foglie che iniziavano a cadere, nessun pensiero, nessuna aspettativa, nessun desiderio - gli ultimi respiri che trascinavano con loro le memorie del passato, sulle quali dissolversi, sulle quali sedersi per contemplare ciò che siamo stati e ciò che non avremmo mai potuto essere.
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