E gli uomini erano di nuovo al Chico Bar ed era lunedì ed erano gli stessi uomini di tutti gli altri giorni e parlavano di calcio e di squadre ed erano le solite inutili chiacchiere di sempre e per questo perfettamente essenziali e il tempo, intorno, dentro di me, stava perdendo coesione e i luoghi della memoria si alteravano fra di loro, lucenti e tenebrosi e poi eravamo a un concerto jazz a Monachil, io e Sara, seduti a un tavolo a bere birra e a ridere e poi rimanevamo in silenzio ad ascoltare la musica e arrivavano dei ricordi, delle tregue, degli attimi, dei frammenti di giovinezza e c’erano cani al guinzaglio nelle strade assolate del pomeriggio e altri lasciati liberi di morire come meglio credessero e la sensazione che qualcosa stesse per finire e ci sarebbero state nuove stanze proibite ad attenderci ed ennesime città oniriche nelle quali avremmo voluto vivere e dove non saremmo mai passati, neanche per fuggire da noi stessi e quartieri nella pioggia e luci al neon e ringhiere arrugginite e antenne e vie misteriose che si piegavano su se stesse e lo scrittore e la sua gloria di fallimenti e sconfitte, una gloria che solo lui conosceva e vedeva, consacrata dalla miseria del mondo e dalle parole biascicate di chi indecentemente ci viveva e poi un’eco della primavera prima che si desnudi disinibita nell’estate, le ombre che danzano sulle tue palpebre socchiuse e la vita che fugge lontano e alcuni di noi insieme a lei, inseguendola e sapendo bene che non ci sarebbe stato ritorno.
mercoledì 3 novembre 2021
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freewheelin' #82
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