giovedì 18 novembre 2021

Orgiva #64

C’era una musica che avrebbe potuto essere tango o qualcosa del genere, non si poteva mai dire da queste parti e delle chiacchiere nell’aria che come al solito non mi interessavano, bastavano i volti, con le loro espressioni ad avere storie da raccontare e questo poteva essere già abbastanza per la fantasia dello scrittore senza l’aggiunta di inutili parole. E i personaggi continuavano a presentarsi sul palco del teatro psichico in ordine casuale, adesso erano seduti vicino a un tavolo di un bar inesistente, ricostruito mentalmente sotto delle luci psichedeliche, in nome di una improvvisazione alcolica e anarchica, in quanti di questi luoghi ero già stato? Quando ne avrei avuto le palle piene di questa gente? Dei loro problemi, dello loro tossiche voci? Non manca molto suggeriva un uomo dallo sguardo oscuro e profondo, non manca molto come mi dicevano i miei genitori quando ero piccolo e mi stancavo di stare in macchina. E poi l’odore dell’erba e le coste del Marocco che io e Sebastian avevamo visto o forse solo immaginato dal mirador di Cañar, Sebastian con le sue classi di disegno e il suo quaderno pieno di piccoli tesori e i suoi racconti e una passeggiata insieme fatta in un bosco fino a un mulino in rovina nel quale si nascondevano i fantasmi di passati impossibili da ricordare e nessuno aveva mai del tabacco con sé anche se tutti fumavano in continuazione e Lorenzo, mentre eravamo seduti al Metal Bar, portava delle birre alle due donne dai capelli d’argento che erano sedute alla mia sinistra e John blaterava come sempre di non so che cosa e sulla strada passava un pullman diretto lontano da qui, da questo pueblo da cui tutti volevano fuggire solo per potervi fare ritorno, che cosa era questa costante insoddisfazione? Che cosa significava questo perdersi&ritrovarsi giorno dopo giorno? Vattene al bar a scrivere la tua merda, diceva Sara, arrabbiata un’altra volta, ero stanco, non sapevo più cosa fare con lei, che ognuno seguisse il suo cammino, che ognuno abbracciasse i propri demoni, che la notte finalmente ci togliesse di torno tutto quello che il mattino aveva portato con lui.


Quanti giorni mancano alla prossima sconfitta? Al prossimo abbandono? Alla prossima resa?


Non molti, ragazzo mio, perché ovunque tu sia io saprò sempre come raggiungerti.

 

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