sabato 10 marzo 2012

industrial #3


La pioggia cadeva giallastra e calda sul mio corpo blu. Ero completamente nudo, tranne per un paio di scarpe che portavo ai piedi per non ferirmi con le schegge di metallo e legno disperse sui pavimenti degli edifici sventrati e dei sentieri che si muovevano tra di essi. Guardavo il cielo violaceo e la pioggia giallastra e il mio corpo blu. Gli alberi avevano venature rossastre, potevo vedere attraverso di essi, la linfa che risaliva e scendeva lungo le radici e le foglie. Gli uccelli erano macchie di colore indistinte e i loro suoni erano amplificati e irriconoscibili. 
Ebbi un’erezione davanti a delle foto pornografiche attaccate nella parte interiore degli sportelli di armadi distrutti, che giacevano sui pavimenti dei piani superiori. La punta del mio cazzo era di un blu ancora più scuro, profondo come l’oceano. Mi masturbai e venni in filamenti purpurei. 
Vagai nei grandi saloni dove risiedevano i resti di macchine sconosciute. Provai a tracciare una mappa mentale tra i disegni che avevo visto e le figure metalliche che occupavano lo spazio davanti e intorno a me. Cercai di spingere dei bottoni. Mossi con le dita blu della mia mano i denti di una ruota. Ebbi una nuova erezione e infilai il mio cazzo duro in un tubo di gomma. Appena la pelle venne in contatto con la plastica morbida, questa iniziò a contrarsi e a stringersi con pulsazioni ritmiche. Dal pavimento si mossero altri tubi di plastica, come serpenti e si annodarono intorno ai miei polsi e alle mie caviglie. Sentii una voce armoniosa sussurrare nella mia mente. Venni dentro al tubo, urlando. 
Seduto su un pavimento con i disegni delle macchine sparsi davanti. Cercavo composizioni, somiglianze, intuizioni. 
Mi domandavo come funzionassero le macchine, con quale energia potevano essere azionate. C’erano parti elettroniche, mi sembrava di riconoscerle. Ma ormai, all’interno della Fabbrica, non esistevano più forme di produzione di energia elettrica. Sembrava che le macchine iniziassero a muoversi di loro propria iniziativa, come dotate di una volontà. 
Le pillole gialle erano quasi finite e andai nel magazzino dei farmaci a prenderne un altro flacone. 

Steso sul letto di cartone sentivo di nuovo la pioggia cadere. Danzava il rumore dell’acqua con il silenzio. Una danza lenta, un corteggiamento rituale.
Faceva caldo in questo mondo. E non sapevo quando o come sarei potuto tornare indietro.

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