I cani erano affamati e giravano in branchi, insieme
alle moltitudini di straccioni che si erano ritrovati per strada, senza soldi,
senza un luogo dove andare. Si riunivano sotto gli archi in rovina, tra le
colonne mezze crollate delle antiche chiese, la notte indossavano maschere
primitive e giravano per le strade, vestiti di stracci, piume di uccelli,
suonavano tamburi e chiedevano soldi, gli altri uomini, quelli nei vestiti neri
e grigi, li ignoravano e guardavano da un’altra parte. I canti dei miserabili
si alzavano alti, cattedrali in fiamme nell’oscurità, lingue sconosciute che
bruciavano fino ad infiammare le stelle.
Nella stanza ero seduto davanti a un tavolo vuoto, con
una coperta sulle spalle. Gli specchi sulle pareti sembravano riflettere un’immagine
sconosciuta. Due porte si aprivano su uno dei muri. Due porte ricoperte da
altri specchi. Dietro le porte si trovava una stanza con le pareti rivestite di
velluto rosso.
Una ragazza guardava gli occhi di Innocenzo X, nel
ritratto dipinto da Velazquez. Un ragazzo camminava per le stanze del Rijksmuseum sotto gli effetti della white
widow, si era fermato davanti a un quadro di Rembrandt, un foglio gli era
caduto dalla tasca.
Avevo chiamato un amico al telefono, lui non aveva
risposto. Eppure nella telefonata avevo capito che si trovava in una stanza con
una ragazza. Che la linea muta era solo il silenzio di un’ennesima bugia.
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