lunedì 21 giugno 2021

Il Volto (2006)

Certe volte sono stanco del mio volto.

Soprattutto quando mi guardo troppo allo specchio.

Sono stanco dei lineamenti, delle piccole rughe, delle borse sotto gli occhi.

Mi sembra che quel volto riflesso, di mattina, nello specchio del bagno, da troppo tempo mi stia fissando.

Divento sospettoso. Irritabile.

Cerco delle imperfezioni, cerco particolari che mi siano sfuggiti.

Ma ritorno sempre alla solita conclusione.

Quello sono io.

Quella è la mia faccia.

Cerca di essere qualcosa di diverso.

Qualcosa di inaspettato.

Due occhi mi fissano.

Due labbra ammiccano.

Sento una voce nel cervello.

Una voce galleggiare nel cervello.

Dice cose cattive, cose malvagie.

Mi suggerisce di prendere un rossetto e di truccarmi le labbra.

Dice di prendere una lama e farmi tagli sul viso.

Di aprirmi uno squarcio che arrivi fino all’orecchio.

Potrei mettermi delle ciglia finte.

Trasformare la mia voce.

Potrei provare con una maschera.

Un volto orrendo e terrificante.

Un volto che susciti paura e timore.

Potrei essere un’antica divinità, un demone ormai dimenticato.

I brividi iniziano a correre lungo la schiena.

Un misto di eccitazione e proibito e sofferenza.

Decidere il momento della propria tortura.

Decidere il momento della propria sottomissione.

Guardo di nuovo gli occhi.

Mi sembrano impassibili e glaciali.

Mi fissano.

Mi osservano.

La voce continua a parlare nel mio cervello.

Dice le cose che potrei fare.

Essere qualcosa di diverso.

Qualcosa di inaspettato.

Mi libero dal mio stesso sguardo e vado a vestirmi nella mia stanza. Opto per i miei soliti quattro stracci, cercando di dimenticare quello che la voce mi ha suggerito.

In un attimo sono fuori.

Nel sole lucente delle strade e nei riflessi accecanti delle vetrate.

Il sole mi confonde.

Mi rivela verità a cui non vorrei credere.

Ho sentito parlare di una mostra di quadri.

Di gente in preda alle allucinazioni del troppo bere, al delirium tremens. Di gente in preda a psicosi suicide, a scissione della personalità. Di gente che vede cose che la maggior parte della gente non vede.

A queste persone hanno permesso di dipingere.

Come una sorta di cura.

Ho sentito dire che per un periodo, negli anni settanta, hanno cercato di curare le malattie mentali con l’acido.

Ho sentito dire che puoi campare partecipando a film sadomaso in cui ti pagano per farti torturare.

Non ho nessuna voce nella testa.

Nessuno che mi dice cosa fare.

E’ quello che ho letto sui giornali della sera, edizioni difficili da trovare, ma pur sempre reperibili se si cerca nei posti giusti.

Negli angoli bui.

In quelle zone dello specchio che non riflettono la tua immagine.

Lascio stare la mostra dei quadri, troppo lontana, difficile arrivarci.

Sono stanco di me stesso.

Di quello che sono sempre stato.

Girovago per la città come un idiota. Mi fermo, parlo da solo, poi continuo a camminare.

Decido per la libertà assoluta, quella dell’annullamento.

Quella della perdita di se stessi.

Devo toccare il fondo.

Toccare il fondo.

Ecco quello che devo fare.

Potrei scegliere i metodi della mia caduta.

Devo annullarmi.

Annullarmi.

Torno di nuovo a casa e sono nudo davanti allo specchio.

Non ho idea del giorno e dell’ora e dell’anno in cui mi trovi.

Ho perso i contatti.

Ho semplicemente lasciato perdere.

Nella mano ho un coltello.

Dovrei ferirmi.

Psicosi.

Allucinazioni paranoiche.

E poi potrei dipingere quello che vedo, quello che vedo e che nessun altro vede.

Potrei farmi rinchiudere e passare il resto dei miei giorni a dipingere i mostri della mia mente.

Sono ancora davanti allo specchio.

Mi guardo.

Due occhi mi guardano.

La vittima e il carnefice.

Il dio e l’agnello.

Il boia e la sua vittima.

Poi parte il colpo.

Il coltello.

Dritto negli occhi di chi mi guarda.

Mille frammenti di me.

Mille occhi che mi osservano.

Sangue.

Sangue.

Che scivola dalla mano.

Dalla lama del coltello.

Mille frammenti.

Poi mi allontano. Indietro.

Fino a che le mie spalle sbattono conto un muro.

Sembra che le pareti si allontanino.

Mio dio.

Allucinazioni.

Mi vedo in mille modi diversi.

Vedo talmente tante parti di me stesso da averne paura.

Potrei prendere un pezzo di carta e disegnare.

Psicosi.

Paranoie.

Delirium tremens.

Dissociazione della personalità.

Chi siete?

Cosa volete?

Non più una voce, ma mille voci nella testa.

Caccio un urlo.

Le mie mani che sanguinano, le mie mani che sanguinano.

Le voci che mi dicono tutte cosa fare.

Sono pronto. Mille strade verso il nulla.

Quello che sto cercando.

Tra le gabbie geometriche della mente.

Il nulla.

Per essere quello che non ho mai osato pensare.

Per non essere più quei due occhi che da troppo tempo ormai mi osservano, senza avere più niente da dire.


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