mercoledì 21 febbraio 2024

freewheelin' #78

 Era un mondo misterioso e proibito che appariva e scompariva, alla sera, poi durante la notte, momenti in cui la casa e le sue stanze, in particolare il salotto, si riempivano di fantasmi, voci decadenti, musiche polverose, fotografie mentali, personaggi in bizzarri costumi, improbabili storie, fatiscenti catatonie erotiche, repliche di repliche, il teatro dell’inconscio - Lo chiameremo così, disse Antonin, mentre stappava una bottiglia di vino rosso e poi scorreva con gli occhi i fogli che aveva in mano, segnando note al margine, scrivendo nuove battute, cancellando quelle che non funzionavano, sorridendo, a tratti, ricordando eventi passati che si palesavano improvvisi nella sua mente - C’erano colloqui immaginari in cui balzavamo su porzioni diagonali di realtà, (di)pendenze e pantomime, attenti a non scivolare o a lasciarci inesorabilmente cadere, piroette, salti e capriole e poi solo sequenze silenziose, sul limitare fosforescente dei boschi e altre in zone urbane alienate, con le luci degli immensi parcheggi ormai tremolanti nei  bagliori di tramonti tossici - Volevamo tornarcene a casa, accendere la vecchia stufa di ghisa e continuare davanti ad essa e al suo calore le nostre discussioni, perdendoci in detour cinematografici, nei quali, a volte, ci divertivamo a descrivere fin nei minimi dettagli sequenze mai girate - Poi l’idea di un documentario su un fallimentare poeta turco, vagando fra i suoi interminabili monologhi notturni come fossero i vicoli di una cabalica casba, alla ricerca di  droghe e direzioni e fughe oniriche verso le oasi dei suoi deserti emotivi, pagine su pagine, buttate negli angoli sporchi della stanza spoglia, sui tappeti, fra le tazze macchiate di caffè, quello che preparava in continuazione, per poi servircelo, amaro e forte come il suo carattere impenetrabile e rimetterci così a marciare lungo i sentieri dei suoi paesaggi psichici, lande desolate e delittuose con rari accampamenti, tende e fuochi che vibravano nella notte stellata e noi, sdraiati su stuoie stese sulla sabbia, a fumare oppio, ad ascoltarlo, fino a quando i suoi versi diventavano nitidi sotto le palpebre chiuse, a protezione degli emisferi celesti di una sinestetica estasi, una sinfonia visiva colorante, pulsante e liquida - Cercavo, nei momenti di lucidità, di prendere quanti più appunti possibili, a volte seguendo quello che Ekrem diceva e altre subito dopo il risveglio, quando erano stati i sogni a rimontare in un’altra logica i suoi deliri notturni, inconsapevole di quanto fosse stato detto e quanto no - Invenzioni narrative e liriche nei punti in cui nessuno sembrava più sapere come andare avanti e poi lunghe ore di quiete e riposante silenzio, dove era il vento a disegnare trame auditive e sedare i nostri cuori solitari, uccelli in stormi neri nel cielo, un’altra casa dimenticata e ormai chiusa, giorni di pioggia e attesa, ho messo altra legna nella stufa, Antonin si è alzato e lui e il suo doppio si sono divisi la scena, attori e spettatori di sé stessi, affinché la verità diventasse un inganno sincero e la notte uno specchio di fugaci finzioni riflesse.

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