martedì 6 febbraio 2024

Napoli #3

 L’aria del porto e le persone in movimento, enormi sagome di navi da crociera vuote e ancorate e in attesa dei pellegrini del consumo - Ombre oblique e un placido uomo seduto su una panchina di cemento, il sacco a pelo arrotolato da una parte e lo zaino dall’altra, una sigaretta fra le labbra - Le nuvole nel cielo, che una volta erano diventate tigri e adesso rimanevano solo voluminose forme che aspettavano di prendere vita nei nostri sogni e nelle nostre visioni - Colori improvvisi e racconti che si animano nella mente e Alain che mi parlava della Cina e di tutti gli anni che ci aveva passato insegnando francese in qualche città del nord, di cui avevo dimenticato il nome - Coline con la sua videocamera mentre preparava obiettivi e microfoni e io parlavo di Pasolini e Accattone e poi passeggiavamo per il Pigneto e il doppio di Lynn sembrava seguirci e pensavo al mio, di doppio, al mio corpo e alla mia voce dati in prestito ad un ennesimo personaggio mentre nel cuore ondeggiava la stessa malinconia di sempre e le domande di rito dello scrittore, quando fuggirai di nuovo? Quando te ne andrai da tutto questo?

Un’idea, un’intuizione per un video, Coline sarebbe stata d’accordo e anche Filippos e avremmo fatto le riprese all’interno della linea 1 della metropolitana di Napoli, fra i vecchi vagoni gialli e poi nelle stazioni e ci saremmo persi fra le linee dell’architettura sotterranea e i tagli di luce elettrica, lunghe carrellate orizzontali, estetiche metropolitane, sonorità hip-hop, Filippos avrebbe cantato, in greco possibilmente e io avrei scritto i testi, che poi insieme avremmo tradotto nella sua lingua e Coline si sarebbe occupata delle immagini e del montaggio (o forse questo lo avremmo fatto insieme) e poi ci saremmo calati un acido e passato il resto del tempo sgretolandoci fra i suoni e i colori dei quartieri spagnoli.

Singole inquadrature, singole stanze dove le prostitute e i travestiti portavano i loro clienti, poetiche rionali e decadenza di facciate barocche in rovina, come i volti sfatti di vecchie puttane e poi canzoni del mediterraneo morente, culla e cimitero di esuli e migranti, nuove odissee, nuovi turbini emotivi che circolavano nel sangue e nelle vene, i primi effetti, lo sfavillio sfuggente della luce, Santa Maradona sembrava essere una frastagliata celebrazione di una divinità popolare, i caleidoscopi di ricordi in arrivo, melodie mormorate nello spazio interiore che i secondi custodivano in accelerazioni di eternità momentanee.


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