La stanza delle risonanze emotive, con il vino e le panche e le canzoni e i diversi personaggi che Lorenzo stava interpretando, in stati di progressiva magnificenza alcolica - La presentazione di un libro in cui qualcuno in crisi di astinenza intellettuale aveva deciso di dialogare con una intelligenza artificiale dal profilo femmineo, un’altra potenziale troia ruffiana, gridava qualcuno da dietro una colonna, mentre le femministe mettevano mano ai coltelli e l’atmosfera diventava densa e tesa - Sarebbero volati piatti e bicchieri se qualcuno avesse voluto trasformare il baccanale in una violenta orgia della lotta dei sessi, qualcuno intonò un inno anarchico e i cuori furono colmi e calmati, avendo la possibilità di congiungersi in un inno che travalicasse le proprie matrici sessuali - Avevo poco interesse nell’esplorare le nuove possibilità di una mente artificiale se chi l’aveva educata aveva il nostro stesso cervello, sempre persi nel labirinto del pensiero umano saremmo rimasti, cosa si nascondeva oltre? Cosa avrebbe prodotto un pensiero totalmente alieno? Lorenzo si era versato un altro bicchiere di vino e poi si era seduto accanto a me e avevamo iniziato a parlare della coscienza delle piante e dell’uso del peyote e dalla tasca sdrucita della sua giacca era spuntato fuori un libro con un intervista a Castaneda e chissà chi era stato veramente questo uomo, quante identità aveva assunto e il volto di Lorenzo diventava serio, poi allegro nell’intonare un ennesimo canto - Ci eravamo incontrati alla stazione di Frascati, avevamo preso lo stesso treno senza neanche saperlo, era buio e freddo e alcuni ragazzi stavano rollando una canna seduti nella sala d’aspetto della stazione, Lorenzo mi aveva passato una bustina e poi ci eravamo diretti verso la stanza mentale in cui sarebbe stato presentato il libro.
C’erano ancora echi dei nostri discorsi il giorno dopo, senza che mi ricordassi come fossi tornato a casa. L’arte del volo. O quella di dimenticare.
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