lunedì 30 giugno 2025

Warsaw #1

 Apparivano le case, i balconi, le tende, i graffiti sui muri, tutto scorreva come le sequenze di un sogno, come se stessi partendo ancora, quei colori che sfumavano al lato della vista e le poche parole sussurrate da stanchi turisti, mentre la città svaniva e con lei la rete di eventi passati, l’intreccio di ore e azioni, da cui lo scrittore era di nuovo libero e si poteva ricollegare con la trama segreta e i paragrafi sintetici di un romanzo differente, nel quale le identità scomparivano o finivano sempre per sdoppiarsi e ripetersi e così non c’era più il bisogno di fuggire in quelle dimensioni parallele così invitanti, perché esse si manifestavano nei riflessi di vetri e oggetti, nei segmenti mobili che ogni velocità meccanica o psichica aiutava ad ottenere e all’interno di questo turbinio cognitivo il caos della percezione diveniva fluido e presente e lo potevo sentire nel mio cuore e nei respiri e mi ritrovavo così nella  magica condizione di allontanarmi dalle distrazioni quotidiane e di riavvicinarmi al centro pulsante del mio essere - Improvvise variazioni sulla tela visiva, il verde della campagna e dei prati, rigoglioso, selvaggio, incontrollato, erano solo campi ma avrebbero potuto essere sconfinate praterie di pura immaginazione, senza fili spinati, senza la violenta colonizzazione della ragione - Sarebbe bastato anche solo un albero  e il silenzio e un mondo che stava conoscendo la sua fine a darmi una direzione da seguire - Avrei atteso ancora, non c’erano più orari da rispettare, lo scrittore proteggeva il suo sguardo con lenti opache - Le ombre si allungavano, il manoscritto variava e prendeva una forma diversa, quella di un nemico in una notte ostile, un mare purpureo che lambiva i fianchi e le scogliere di una montagna solitaria, un’isola perduta nella memoria, una porta oscillava nel vuoto violaceo, incapace di capire sé stessa e la sua funzione all’interno di un unico mistero, solo per tornare a chiudersi e ad aprirsi, così sarà il tuo cuore, disse una voce, ogni volta che qualcuno tenterà di chiedere il nome di chi è divenuto null’altro che un’ombra al suo interno, un ricordo svanito nelle maree del tempo. 

venerdì 20 giugno 2025

ZetaElle #39

 Immagini di paesi dell’entroterra del Marocco, nascosti fra verdi vallate, i nostri corpi appena svegli sulle pendici di una montagna avvolta dalla nebbia, le piantagioni di marijuana, i canti dei muezzin, poi il silenzio di una casa, quello dell’anima, il silenzio che lo scrittore aveva smesso di praticare come una forma di meditazione: su sé stesso, il mondo, la scrittura, quello che aveva intorno e dentro.

Immagini di una vita che qualcuno, in altri luoghi onirici stava portando avanti, nelle sue vesti e nella sua fisionomia continuamente in mutazione. Stili alternativi e il richiamo di Samara a raggiungerlo ovunque lei fosse. E la casa di Ahmed e la sensazione che qualcosa era stato rubato o sottratto, mentre lo scrittore vagava per corridoi e stazioni e l’improvvisa presenza del suo corpo all’interno di una macchina, che si fermava sul bordo della strada, in una notte avida di vento, nella quale gli alberi ondeggiavano e si piegavano, alcuni fino a spezzarsi e poi le luci che scendevano dalla facciata di un palazzo diroccato e file di adolescenti sciamavano per la strada, irriconoscibili gli uni dagli altri, le ragazze con le gonne corte e le gambe nude e spacciatori invisibili che si aggiravano per vendere le loro sostanze, i loro sogni, le loro illusioni.

Durante le settimane passate, qualcuno aveva suggerito di cambiare i nomi dei personaggi e così Zito Luvumbo aveva perduto la sua identità ed era diventato Zimbo LLewylin, mentre ennesimi caratteri psicotici blateravano nella mente dello scrittore, che alta voce provava battute e dialoghi che mai avrebbe trascritto, lasciava che le parole fluttuassero nell’aria dell’appartamento, a volte rideva delle cose che diceva, altre aveva un senso di pungente panico, nel caso stesse per impazzire completamente e qualcuno lo stesse ascoltando.

Risvegli mattutini in oasi metropolitane inconsce, non c’era bisogna di alzarsi, di uscire, di fare niente. Eppure la scrittura esigeva la sua presenza, si insinuava nelle pieghe del sonno, in quelle dei pensieri e lo scrittore tornava ade essere sé stesso, immaginando cose, sentendo voci, lasciandosi libero di esistere ed emergere nello spazio che i suoi sogni continuavano a circondare di mistero.

lunedì 16 giugno 2025

ZetaElle #38

 Ipnotici inseguimenti notturni, con sequenze ad alta velocità e ad alta definizione, per poi ritrovarsi chissà dove, ammessi a feste private, mentre si cercavano tra i volti e le maschere i vecchi compagni di un tempo - Le serate passate con Ahmad a bere vodka e a giocare a scacchi, provando a comunicare in una lingua che stavamo inventando notte dopo notte, un nuovo esperanto, era come aprire le possibilità del linguaggio a quelle della nostra psiche e vedere cosa accadeva, mi sembrava quasi che in alcuni momenti riuscissimo a creare delle connessioni telepatiche che la vodka sembrava facilitare per poi far scivolare via i pensieri nel cesso della memoria, quando il giorno dopo rimaneva nella scatola cranica un vuoto amniotico, una salvifica cancellazione di quanto era successo, una amnesia temporanea che dava spazio ad ogni possibile rielaborazione narrativa - Intanto lo scrittore sembrava essere scomparso e le sue parole risuonavano come incomprensibili mugolii, scatti di rabbia repressa, sommesse preghiere, inviti silenziosi e la sua ombra vagava nelle sedi anarchiche dove i film della mente venivano proiettati e lui era una fumosa figura avvolta dal mistero del proprio silenzio, mentre beveva birra e osservava le immagini sovrapporsi e perdersi nella circolarità di viaggi lisergici in zone incontaminate, deserti, ghiacciai, sacre farse, mentre la litania di una donna sembrava il canto funebre di ogni possibile tentazione comunicativa fra i due sessi, rimaneva l’alienazione di essere individui irraggiungibili, l’amore era una cicatrice interiore che non si sarebbe mai più rimarginata, la nudità del corpo e quella dell’anima, mentre simboli atavici prendevano il sopravvento e la macchina da presa seguiva come rapita i passi di un uomo che si voltava indietro solo per dimenticarsi di dove stesse andando - C’erano trappole ovunque, i viaggi in metro di notte solo per avere un alibi metropolitano nel quale credersi vivo, molteplici esistenze, molteplici identità, scambi di ruoli, rapimenti politici, l’eco delle bombe e delle armi, il frastuono di una esplosione, una serata a guardare il delirante teatro di un’improvvisazione snaturata, mentre i suoni si distorcono e le parole se ne fottono di qualsiasi messaggio potrebbero portare, rimane così la bellezza dell’atto e dopo solo la meraviglia di non aver capito nulla di quanto sia successo. 

domenica 15 giugno 2025

ZetaElle #37

 Lei era una principessa e lo sarebbe sempre stata. Nel mio cuore, nei miei ricordi. L’avevo vista ridursi in polvere, risucchiata da una siringa, perduta in una vena. Avrei voluto salvarla, fare qualcosa per lei. Tutte le notti che sono andato a trovarla, a casa sua, eravamo ancora dei ragazzi, le portavo un paio di birre forti, perché le se alleggerisse la pena di esistere, sapevo che non sarebbero bastate, quando me ne andavo, lei usciva, il buio l’avvolgeva, rendendola ancora più seducente e misteriosa, i bisogni e la ruota, gli incontri, i soldi che non bastavano mai, gli accordi, ogni storia che mi ha raccontato e che non avrei mai voluto ascoltare. 

La sua bellezza mi rapiva, mi avvolgeva, i suoi occhi erano oceani, erano universi e galassie in cui precipitavo e ogni volta che mi guardava scorgeva parti della mia anima sconosciute anche a me stesso, fra i riflessi delle nostre iridi c’era un linguaggio che non erano le parole a costruire ma i palpiti del cuore. 

Imparare ad amare significa anche cominciare a conoscere il dolore. E andare avanti.

Gocce sotto la lingua e bicchierini di sambuca, psicofarmaci e alcol, cambi della personalità e litigi, urla e lacrime, gesti folli, sentivo il suo furore graffiarmi dentro e poi improvvisa arrivava la dolcezza - Eravamo in macchina, non sapevo più cosa fare, ho accostato, cercando di farla calmare, ho provato ad abbracciarla, a baciarla, poi ho sentito i suoi denti sul mio naso, il sapore del sangue, mi sono messo a urlare, lei è uscita fuori dalla macchina, scomparendo nel buio.

Lei era un principessa e lo sarebbe sempre stata. Non l’ho più vista dopo quella notte anche se qualcosa della sua essenza permeava ancora la mia vita. Trovai un libro, un giorno, su una bancarella e c’era una sua foto, di quando era giovane, meravigliosa e malinconica, era un libro di poesie che le aveva dedicato il fratello. Lo lasciai lì senza comprarlo, accarezzando con la punta delle dita la sua immagine. Anni dopo ho saputo che era morta.    


domenica 1 giugno 2025

ZetaElle #36

 C’era un film da finire e quando tornavamo a casa non c’era nessuno ad aspettarci - Poi apparivano Anna e Franco e Lorenzo e lo scrittore che stava tagliando un panetto di hashish in un angolo della stanza e qualcuno sistemava i microfoni e i vecchi videoregistratori e le luci, poi iniziavamo a girare e Anna e Franco parlavano davanti alla videocamera, i primi piani, i capelli lunghi, il fumo delle sigarette e delle canne e lo scrittore prendeva appunti per una sceneggiatura che sarebbe stata scritta solo dopo che il film fosse stato finito - I ricordi di piazza Navona, dei tossici, di quando ci sedevamo ai tavolini e ci mettevamo a parlare liberamente di tutto quello che ci passava per la testa, fatevi crescere i capelli gridava qualcuno mentre mi faceva scivolare un acido in tasca  e chissà quando lo avrei consumato per poi rimanermene ore a guardare le persone passare per la piazza e i colori mutare e tremolare ed esplodere - Solo per non aver più nulla da dire e pensare che anche il tempo fosse fuggito via in una dimensione impossibile da definire, un mondo in cui ci eravamo ritrovati tutti e poi di colpo eravamo invecchiati e qualcuno era morto e questo film era rimasto incompiuto eppure sembrava che la vita, la vita di Anna, avesse avuto la possibilità di riscriversi da sola, lontana dalle videocamere e mi ricordava le serate in cui passeggiavo per il centro o mi mettevo sugli scalini di una chiesa a bere birra e fumare hashish e c’era della musica, c’erano artisti di strada, strani personaggi, strane situazioni, c’era quasi la certezza che il presente fosse nostro e noi fossimo parte di esso e poi ogni cosa è andata distrutta e sono rimasti frammenti e stavamo chiusi in camera, io e Lorenzo, a rimettere insieme questi pezzi di nastro, di memoria senza un’idea di quello che ne sarebbe uscito fuori e poi, anni e anni dopo, riemerse un film dal nostro subconscio e lo chiamammo come sarebbe stato giusto fare, lo chiamammo Anna, anche se di lei non avevamo saputo più niente - E tu che ancora mi chiami, a tarda notte e mi racconti la tua vita lontana e io ti ascolto, bevendo vino rosso, continuando a scrivere gli appunti di un ennesimo romanzo mentale, in questa fredda notte di stanchi pensieri, soggetti smarriti, tagli su nastri che portano ancora impresso l’odore della tua pelle di ragazza.



sabato 24 maggio 2025

ZetaElle #35

 La stanza delle risonanze emotive, con il vino e le panche e le canzoni e i diversi personaggi che Lorenzo stava interpretando, in stati di progressiva magnificenza alcolica - La presentazione di un libro in cui qualcuno in crisi di astinenza intellettuale aveva deciso di dialogare con una intelligenza artificiale dal profilo femmineo, un’altra potenziale troia ruffiana, gridava qualcuno da dietro una colonna, mentre le femministe mettevano mano ai coltelli e l’atmosfera diventava densa e tesa - Sarebbero volati piatti e bicchieri se qualcuno avesse voluto trasformare il baccanale in una violenta orgia della lotta dei sessi, qualcuno intonò un inno anarchico e i cuori furono colmi e calmati, avendo la possibilità di congiungersi in un inno che travalicasse le proprie matrici sessuali - Avevo poco interesse nell’esplorare le nuove possibilità di una mente artificiale se chi l’aveva educata aveva il nostro stesso cervello, sempre persi nel labirinto del pensiero umano saremmo rimasti, cosa si nascondeva oltre? Cosa avrebbe prodotto un pensiero totalmente alieno? Lorenzo si era versato un altro bicchiere di vino e poi si era seduto accanto a me e avevamo iniziato a parlare della coscienza delle piante e dell’uso del peyote e dalla tasca sdrucita della sua giacca era spuntato  fuori un libro con un intervista a Castaneda e chissà chi era stato veramente questo uomo, quante identità aveva assunto e il volto di Lorenzo diventava serio, poi allegro nell’intonare un ennesimo canto - Ci eravamo incontrati alla stazione di Frascati, avevamo preso lo stesso treno senza neanche saperlo, era buio e freddo e alcuni ragazzi stavano rollando una canna seduti nella sala d’aspetto della stazione, Lorenzo mi aveva passato una bustina e poi ci eravamo diretti verso la stanza mentale in cui sarebbe stato presentato il libro. 

C’erano ancora echi dei nostri discorsi il giorno dopo, senza che mi ricordassi come fossi tornato a casa. L’arte del volo. O quella di dimenticare.


domenica 18 maggio 2025

ZetaElle #34

Interferenze statiche, circuiti elettronici sperimentali, dissonanze senili, digestioni digitali in fluidi gastrici sonori, onde asimmetriche, spettri ciclici, la drum machine in sussulti di astinenza catodica - I microfoni sono accesi e qualcuno parla, fantasma apocalittico di sé stesso, spartiti polverizzati in sequenze di note cacofoniche e in sottofondo lo scorrere di ruvidi riff di un blues sacrilego e sepolcrale - Le ultime luci della città svanivano e si eseguivano gli ennesimi preparativi di un incontro clandestino che avrebbe preso forma nei seminterrati di un palazzo abbandonato - Scaffali di libri impolverati, lettere, riviste, annuari, le insolite sezioni di santi apocrifi e spettatori impazienti, sezioni di corpi, dissezioni di comportamenti - Interferenze statiche, lo scrittore scriveva in preda ad una frenesia formicolante, stazioni radio ronzanti, i rumori venivano creati da menti turbate, sembravano nascere da soli, si smorzavano in un ronzio estivo di cavallette impazzite, la semplice attesa di una tempesta elettrica, gli appunti sistemati su un tavolo. il boato di un urlo soffocato in gola, le sedie erano ancora vuote, l’attesa tangibile nel riverbero soffuso del bianco spazio circostante.

 

venerdì 9 maggio 2025

ZetaElle #33

 Ritardi necessari per rallentare i pensieri e i ritmi dei collassi psichici, qualcuno aveva richiamato Alain nei quartieri generali del Cie.Lo e lui aveva lasciato la sua forma terrena per dissolversi fra le nuvole di smog che avvolgevano la mia città o qualche inquinata metropoli cinese iperindustrializzata - Tutte le sue informazioni si erano disciolte in fluide teorie di cospirazioni orientali, in pandemiche alterazioni del pensiero ecclesiastico, virus evangelici, evirazioni della parola divina, evanescenti flagelli di fisionomie falliche, i giovani novizi eiaculavano codici cospirativi che altri agenti avrebbero ricevuto e tradotto in segmenti di senso semantico, i servizi segreti del seme avrebbero così potuto continuare il suo lavoro.

Avrei anche dovuto avere dei colloqui con Pedro (o forse terminarli sarebbe stata la scelta migliore), durante le prossime settimane e discutere con lui degli arrivi dei carichi di cocaina ed eroina dal Messico, dal cartello che rappresentava nei suoi accomodanti abiti ecclesiastici, che gli permettevano di muoversi con una notevole e invidiabile libertà fra le strade della città, travestimenti talari e infiltrazioni nel tessuto sociale giovanile dei quartieri periferici, dove avrebbe organizzato una capillare rete di spaccio metropolitano - Non cacate in chiesa, c’era scritto su un cartello - Voci e annunci e serie di ripetizioni feticistiche e l’odore della stazione la mattina e i corpi dei miserabili stesi per terra e le scie di percezioni invisibili e quelle della luce e le attese immobili e quelle del pensiero in una stasi dell’immaginazione che non ci avrebbe portato da nessuna parte.

Alain se ne era andato e nessuno sapeva più come contattarlo e rimanevano così solo supposizioni e strategie stranianti da applicare ai messaggi che continuavano ad arrivare - Esplodevano gli echi di guerre lontane, le continue crisi in medioriente e forse, un giorno, qualcuno ci avrebbe spiegato cosa fare, come collegare tutti i punti, come intrecciare i lucenti attimi della realtà e della follia, come dirottare la comprensione, come farla finita ed iniziare di nuovo, farla finita per sempre ed estinguerci.

La valigetta lasciata da Freddy vicino a una panchina, sul sedile di un vagone, vicino a un binario. La giornata pigramente si svelava, ho raccolto i pensieri come fossero bombe inesplose, senza dargli peso e importanza, poi misteriosamente sono scomparso. E le voci si sono fatte silenziose, tutte tranne una - Non cacate in chiesa, fratelli - I prossimi obiettivi erano ormai solo sanguinose ipotesi da verificare.


mercoledì 23 aprile 2025

ZetaElle #32

 Sequenze di combattimenti fra le strade e persone in fuga, i rumori in lontananza degli spari e un senso di panico e come una vibrazione nell’aria calda di qualche città marina del Sud America o del sud della Spagna - Lo scrittore camminava confuso cercando posti dove nascondersi e anche la via di ritorno per la casa nella quale aveva passato la notte sembrava essersi smarrita - C’era stata la messinscena di un tradimento nascosto da parte di una donna nei confronti del suo amante e lo scrittore, in un momento di erotico abbandono, se la era ritrovata a cavalcioni sulla faccia mentre le leccava la fica umida, i battiti accellerati del cuore nel timore di essere scoperto e il sesso, in qualche modo, stava svanendo dalla sua vita, ne rimaneva una simulazione mentale, i suoi contatti erano ridotti al minimo, la sua esistenza monastica, i libri, il silenzio, la meditazione - Poi c’erano dei biglietti aerei in una borsa e qualcuno che doveva partire e un incontro ai tavoli di un bar e alcuni regali che venivano scambiati - E i dibattiti e le cene degli anarchici, ai quali lo scrittore partecipava, bevendo vino e ascoltando le loro parole e poi improvvisa arrivava la voce di mio padre, così chiara e leggera,  mentre cantava, sembrava sgorgare da una sorgente nascosta nel suo corpo, cristallina, si espandeva nella stanza, in un fulgido movimento rettilineo, come una bandiera sonora da seguire e poi si alzavano le voci dei compagni e si inneggiavano altri canti e il vino girava e le gole e i cuori si scaldavano - I manuali per costruire armi ed esplosivi, le tecniche di guerriglia urbana, i libri di poesie, quelli di politica, i comunicati da stampare, le nuove strategie di difesa mediatica, l’annichilamento del capitale, la libertà dal lavoro, l’estasi della lotta armata - Si parte e si ritorna tutti insieme - Poi le strade, di nuovo, i ragazzi sulle scalinate di un centro sociale, la falce lunare nel cielo, il martello della musica techno, i compagni in prigione, lo scrittore camminava fra le strade della sua città, i doppi onirici distanti, seguito dall’ombra di sé stesso, le scritte di rivolta sui muri, l’oltraggio al pudore di un mondo senza più morale, Gideone libero, gridavano un tempo, chissà dove era andata a finire tutta quella rabbia, ospizi di sanpietrini stanchi e sconfitti, i prossimi incubi di una società allo stremo, piegata da sudicie mani, da danze suicide, il giornale chiuso sotto il braccio, una pistola nascosta, una stanza ancora lontana dove tornare. 

lunedì 21 aprile 2025

ZetaElle #31

 Immagini oniriche di Lynn dalla Spagna, scatti mentali di sequenze notturne all’interno di palazzi d’epoca e feste e appartamenti, gigantografie oscure di volti ed espressioni mentre la pioggia trasformava le strade in fiumi di detriti e fango e macchine e lo scrittore era in procinto di imbarcarsi su una nave psicotropa per una traversata del subconscio, alla ricerca di sostanze, che avrebbe trovato da un ragazzo arabo seduto sul ponte per poi andare a rintanarsi nella sua cuccetta per fumare hashish e compiere i suoi rituali. 
L’ombra tornava a turbarlo, a impossessarsi del suo corpo, lasciandolo come rapito in un turbinio di sensi alterati, fino all’inevitabile oblio e alla stanchezza dei giorni seguenti, in cui lo scrittore giaceva senza energie su un divano, senza la minima voglia di uscire di casa e di fare niente, in attesa, in una parentesi di tempo che poi allargava attraverso i respiri, si immergeva e riemergeva dallo spazio interiore e la narrazione diveniva di nuovo fluida e così lo scrittore cominciava un nuovo viaggio nella memoria, sentendosi più vecchio dell’uomo che in realtà era.
Freddy era tornato negli Stati Uniti, dove si sarebbe occupato dei brogli elettorali necessari per creare il giusto livello di caos nelle imminenti elezioni presidenziali e Ahmad era riapparso all’improvviso, portando con sé nuovi ingenti quantitativi di denaro che in un momento dato sarebbero stati investiti in attività sovversive. Industrie di vernici come coperture del capitale per le strategie reazionarie che ogni stato doveva sovvenzionare per mantenere il folle equilibrio tra anarchia e forze conservatrici. I venti della destra si erano alzati e portavano il solito tanfo di morte. Il mondo forse si stava preparando al suo prossimo collasso e in alcuni, compreso Zito Luvumbo, speravano che fosse anche l’ultimo. I morti a Gaza e nella Striscia, l’interminabile guerra tra russi e ucraini, il cambiamento climatico che sembrava la giusta risposta della Terra alla barbarie e alla stupidità umana. Qualcuno lanciava preghiere affinché il Pianeta si riprendesse tutto quanto. Novembre era arrivato e pareva di essere in primavera, non male se non si ha un cazzo da fare e ci si dimentica di chi si è e di chi si è stati, non male passare le giornate sulla terrazza nell’attesa che nulla accada, fra libri da leggere e film da guardare. 
Lo scrittore riprendeva le sue attività, lentamente e senza fretta, i giorni si sgretolavano e non aveva più molto senso cercare di capire cosa fosse successo.

Warsaw #1

  Apparivano le case, i balconi, le tende, i graffiti sui muri, tutto scorreva come le sequenze di un sogno, come se stessi partendo ancora,...