giovedì 16 febbraio 2012

industrial #2


In lontananza, l’alba si mostrava ai limiti degli edifici industriali. Salivano verso il cielo pallido e rosa colonne bianche di fumo e lampeggiavano le luci rossastre dei cavi dell’alta tensione. Ragnatele elettriche tracciavano nello spazio le loro geometrie, gli esseri umani erano assenti, regnava il respiro di un mondo silenzioso e autonomo, meccanico e freddo. Il fumo bianco si disperdeva tra gli ultimi resti della notte. 
Guardavo la cisterna dell’acqua da sotto, tra detriti e mattoni, cavi lacerati, assi di legno spaccate, pensavo ad un modo per salire e a volte, durante i percorsi notturni, sotto l’effetto della pillola rossa, sembrava che dei bagliori uscissero da una botola sul fondo della cisterna, era impossibile arrivarci, dovevo provare nel sogno, cercando di volare e di raggiungerla. La realtà aveva diversi modi di manifestarsi e di essere percepita, lo stavo scoprendo lentamente. Avevo diversi mondi in cui muovermi e i passaggi erano nascosti. C’era il mondo che avevo definito primario, c’era quello dei sogni e quelli che si mostravano ogni volta che assumevo una pillola di colore diverso. La pillola azzurra rendeva reali i ricordi e il mondo interiore e potevo muovermi in quella dimensione. La pillola rossa aumentava le mie percezioni e intuizioni, era un mondo fatto di arcane presenze e sortilegi, in cui le cose e la natura assumevano significati misteriosi e irrazionali. Un uccello volò tra i muri crollati di un edificio alla mia sinistra mentre continuavo a guardare la botola. Per un attimo mi sembrò che qualcosa si illuminasse al suo interno. 
Andai verso il magazzino dei farmaci, c’erano enormi quantità di casse ancora imballate. Era in questo luogo che avevo scoperto le pillole, ce ne erano di diversi colori. Sulle scatole non c’erano indicazioni o nomi. 
Nella stanza con il divano, a sfogliare i vecchi contenitori con le pagine ingiallite, alla ricerca di informazioni. L’odore di quelle pagine era un mondo remoto e scomparso. Dovevo entrarci, passeggiare tra le rovine della Fabbrica e percepirne il passato, i ricordi. Le persone che ci avevano lavorato e che forse vi erano morte. Le loro vite, le loro speranze. In questo momento il silenzio era assoluto. Presi una pillola azzurra. E attesi. 

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