camminando per il damrack ho visto una carrozza
trainata dai cavalli, i due ricchi borghesi che vi erano sopra portavano
costumi da cerimonia, il giovane raskolnikov ha attraversato la strada, perso
nei suoi oscuri pensieri, labirinti mentali sporchi di sangue e rancore, il
conducente della carrozza che lo colpisce con la frusta, per non farlo andare
sotto le ruote, lui si scansa e mi viene addosso, ci guardiamo per un attimo
negli occhi, la sua follia è un vortice di luce, grumi di colore giallo
brillano dai suoi occhi, vincent che dipinge nel chiuso della sua stanza, grumi
di giallo attaccati alla tela, lo sfondo blu scuro del cielo, la notte stellata
che vibra di dolore.
erano tornate da amsterdam e le abbiamo aspettate in un piccolo
appartamento di rue de renaudes, eravamo seduti sul pavimento coperto di
moquette, dalla finestra si vedevano i tetti di Parigi e una donna ha accostato
le tende del suo appartamento pensando che la stessi spiando, poi le ragazze
hanno citofonato, sono salite con l’ascensore e hanno bussato alla porta, maria
ha aperto e si sono abbracciate, le ho salutate subito dopo, poi mi sono messo
a sedere sul letto. Loro parlavano in spagnolo e io le ascoltavo, catalina ha
tirato fuori un mezza canna che aveva riportato da amsterdam, l’abbiamo fumata
davanti alla finestra, pensavo fosse leggera, poi le mani hanno iniziato a
sudarmi e la mente scalava la sua montagna di pensieri fino alla vetta lucente
oltre la coltre delle nubi della razionalità, ascoltavo ancora le loro parole,
ma le connessioni diventavano sinestetiche e la comprensione di quello che
avevo intorno aveva aspetti magici
e onirici e catalina ci ha detto di uscire e allora ci siamo preparati e ci
siamo ritrovati per strada a camminare e poi sotto la metro verso quai d’orsay
e le immagini dei vagoni scorrevano veloci nei riflessi dei vetri e delle
gallerie e delle luci che trapassavano i miei occhi estatici, ero in silenzio
mentre maria parlava e scherzava con le sue amiche, correvo insieme ai vagoni,
guardavo maria e le sorridevo, ero felice che fosse con le sue amiche, siamo
usciti nella stazione e ci siamo diretti verso la Senna, ci siamo seduti a bere
kir e poi vino rosso, guardavo il fiume e la mente continuava a scalare la sua
montagna e il vino ondeggiava liquido nei laghi della percezione, le luci che
vedevo sul fiume erano fatte di colori vivi, li ammiravo come fossero dipinti
su un quadro, la mente era l’occhio di Renoir, il giorno dopo, guardando il
cielo sopra il Louvre, le nuvole mi sarebbero apparse come appena formate dalla
punta di un pennello, quel colore non si sarebbe mai essiccato, era fatto
d’acqua, era reale, pura rielaborazione artistica, non c’era più differenza tra
quello che il pittore osservava e la sua creazione
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