domenica 3 novembre 2013

quai d'orsay

camminando per il damrack ho visto una carrozza trainata dai cavalli, i due ricchi borghesi che vi erano sopra portavano costumi da cerimonia, il giovane raskolnikov ha attraversato la strada, perso nei suoi oscuri pensieri, labirinti mentali sporchi di sangue e rancore, il conducente della carrozza che lo colpisce con la frusta, per non farlo andare sotto le ruote, lui si scansa e mi viene addosso, ci guardiamo per un attimo negli occhi, la sua follia è un vortice di luce, grumi di colore giallo brillano dai suoi occhi, vincent che dipinge nel chiuso della sua stanza, grumi di giallo attaccati alla tela, lo sfondo blu scuro del cielo, la notte stellata che vibra di dolore.

erano tornate da amsterdam e le abbiamo aspettate in un piccolo appartamento di rue de renaudes, eravamo seduti sul pavimento coperto di moquette, dalla finestra si vedevano i tetti di Parigi e una donna ha accostato le tende del suo appartamento pensando che la stessi spiando, poi le ragazze hanno citofonato, sono salite con l’ascensore e hanno bussato alla porta, maria ha aperto e si sono abbracciate, le ho salutate subito dopo, poi mi sono messo a sedere sul letto. Loro parlavano in spagnolo e io le ascoltavo, catalina ha tirato fuori un mezza canna che aveva riportato da amsterdam, l’abbiamo fumata davanti alla finestra, pensavo fosse leggera, poi le mani hanno iniziato a sudarmi e la mente scalava la sua montagna di pensieri fino alla vetta lucente oltre la coltre delle nubi della razionalità, ascoltavo ancora le loro parole, ma le connessioni diventavano sinestetiche e la comprensione di quello che avevo intorno aveva  aspetti magici e onirici e catalina ci ha detto di uscire e allora ci siamo preparati e ci siamo ritrovati per strada a camminare e poi sotto la metro verso quai d’orsay e le immagini dei vagoni scorrevano veloci nei riflessi dei vetri e delle gallerie e delle luci che trapassavano i miei occhi estatici, ero in silenzio mentre maria parlava e scherzava con le sue amiche, correvo insieme ai vagoni, guardavo maria e le sorridevo, ero felice che fosse con le sue amiche, siamo usciti nella stazione e ci siamo diretti verso la Senna, ci siamo seduti a bere kir e poi vino rosso, guardavo il fiume e la mente continuava a scalare la sua montagna e il vino ondeggiava liquido nei laghi della percezione, le luci che vedevo sul fiume erano fatte di colori vivi, li ammiravo come fossero dipinti su un quadro, la mente era l’occhio di Renoir, il giorno dopo, guardando il cielo sopra il Louvre, le nuvole mi sarebbero apparse come appena formate dalla punta di un pennello, quel colore non si sarebbe mai essiccato, era fatto d’acqua, era reale, pura rielaborazione artistica, non c’era più differenza tra quello che il pittore osservava e la sua creazione

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