venerdì 21 febbraio 2014

le alte torri #4


Agli angoli delle strade, sotto le prime luci arancioni dei lampioni, sotto il peso delle nuvole viola nel cielo, i miserabili tiravano fuori i loro stracci dalle valigie che si erano trascinati dietro, poi li disponevano su delle lenzuola strappate, distese sull’asfalto della strada. C’era di tutto. Scarpe spaiate, camicie luride, orologi rotti. Anelli senza valore. Catenine di metallo, bicchieri sporchi. Radioline, sveglie, piccoli televisori portatili, videocassette. Tutti oggetti che non avrebbero mai più funzionato. Eppure erano lì. Sistemati alla rinfusa. Testimonianze inutili di qualcosa che aveva l’odore della decadenza e della rovina.
E altri miserabili passavano tra le lenzuola di questo mercato improvvisato, passavano e guardavano gli oggetti, come alla ricerca di qualcosa di prezioso, nascosto in un cumulo di macerie, perché qualcosa era crollato, la vita di questa gente, le poche certezze si erano sgretolate con gli anni e per terra qualcuno ne raccoglieva ancora i resti. Poi se li rigirava tra le mani sporche e nodose, le unghie ingiallite di tabacco, li guardava instupidito, i pensieri confusi dall’alcol, il baratro dei ricordi, perché la notte ci si stendeva su forme di cartone, avvolti in coperte come insetti dentro un bozzolo, ci si passava un boccione di vino scadente, perché la mente si liberasse o divenisse ancora più schiava e i miserabili non avevano neanche il diritto di vendere o barattare i loro stracci per strada, non avevano nessun diritto su questa terra e difficilmente ne avrebbero avuti su un’altra, perché sotto il cielo viola non c’era posto per questi uomini e queste donne e i lampeggianti bluastri di un’auto della polizia dipingevano i loro volti di paura e rassegnazione, facendoli sembrare macabre maschere di un carnevale di idioti e ognuno che raccoglieva velocemente la sua roba con le guardie appoggiate al fianco della loro macchina che parlavano e fumavano sigarette in attesa che gli straccioni se ne andassero e scomparissero dal loro sguardo.


Un tavolo bianco in una grande stanza inondata di luce, gli echi dei passi nei corridoi ormai vuoti, abbiamo attraversato gli anni, senza arrivare da nessuna parte.


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