lunedì 16 giugno 2014

homesick #13

Ero seduto in piazzetta, a San Lorenzo e c’era poca gente, i ragazzi arabi stavano parlando tra loro e io li ascoltavo, mentre davo piccoli sorsi alla birra artigianale che mi ero comprato sotto casa. Il cielo era grigio e carico di pioggia, ne sentivo l’odore e mi faceva pensare ai temporali di campagna in estate, al profumo dell’erba e delle piante e degli alberi bagnati, ai rumori dei tuoni, all’elettricità presente nell’aria. Alcune volte, durante l'adolescenza, quando ero nella casa dei miei nonni, rimanevo disteso sul letto, con la finestra aperta, guardavo fuori, i rami si muovevano, le gocce  cadevano dal cielo, mettevo della musica, a basso volume, avevo delle cassette di Francesco De Gregori, prese da mio padre, ne ascoltavo le melodie e le parole e poi la pioggia e i miei lenti respiri.

I ragazzi arabi si alzano e io continuo a bere, cerco di cogliere frasi o parole dei loro discorsi, sono da solo perché è giusto stare da soli quando loro sono in gruppo, per cercare di capire cosa significhi essere uno straniero in un paese sconosciuto, dove nessuno parla la tua lingua e in alcuni momenti la piazzetta è così, un posto magico in cui posso perdermi nei luoghi dell’immaginazione e della scrittura.

Finita la birra mi alzo, alcuni bambini cinesi corrono dietro a un pallone, passano delle macchine dei carabinieri, poi se ne vanno, mi incammino verso casa, non piove più. 

I ragazzi arabi iniziano i loro giochi.


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