sabato 7 giugno 2014

Santiago #11


Santiago è una proiezione mentale verso il futuro, i flussi di persone che si muovono, sottoterra, nelle reti metropolitane, intrappolate in vagoni di metallo, i ventilatori che girano e spargono particelle di acqua dentro le gallerie e poi tutti vengono liberati nella luce accecante del sole, per le strade di linares camminare controluce è quasi impossibile e allora indosso i miei occhiali rossi alla roul duke e durante il viaggio da santiago ho assunto una pasticca di ketoralac da 10 mg e l’effetto è stato abbastanza blando anche se l’oro degli oppiacei si è avvicinato e le cose sembravano più nitide e meno pericolose e leggevo l’isola di huxley mentre le sterminate campagne correvano fuori dai finestrini e maria era al mio fianco, anche lei immersa nella lettura, perché eravamo perfettamente immobili ed era il mondo fuori a muoversi in direzioni sconosciute e durante la notte, nei sogni, i miei vecchi amici tornavano a farmi visita ed eravamo ancora ragazzi e tutto era uguale ad allora e c’era un modo, sicuramente, ci doveva essere un modo per lasciarsi dietro il dolore, come le lente onde dell’oppio che cancellavano la sofferenza fisica, così le ferite che ci portavamo dentro sarebbero scomparse, le cicatrici sarebbero fiorite in nuovi germogli di gioia, le api si avvicinavano ai fiori di un albero e si muovevano dentro i pistilli, le osservavo, le farfalle dalle ali colorate rinchiuse, senza vita, dentro una cornice, una foto di nabokov intento a cacciare i suoi insetti preferiti e l’incontro con jaime, le poche e insensate parole che ci siamo scambiati e i suoi occhi, puri e tristi e le sue lacrime e il bisogno di un contatto fisico, una stretta di mano, un abbraccio, gesùcristo camminava malinconico per le strade di linares e io e maria lo abbiamo incontrato.

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