Le gemme sugli alberi
avevano iniziato ad aprirsi. I colori si espandevano, sfiorando l’aria. Il
lieve contatto delle tue dita sul mio petto, mentre dormivi, la testa
nell’incavo della mia spalla, ti accarezzavo i capelli, non avrei voluto tenere
niente con me, lasciare su qualche spiaggia, qualche spiaggia sotto il selciato, la mia identità,
perdermi nel mondo, i pensieri sarebbero state vele, lucenti nel sole, a
spingermi lontano, a solcare gli oceani del tempo, da dentro, potevo seguire e
disegnare mappe sconosciute, i tuoi occhi, in un giorno di primavera, erano
gemme sul punto di nascere, c’era luce e un dolce profumo, saresti rimasta
seduta nella posizione del loto a succhiarmi il cazzo?
Strade, persone, circoli
viziosi della mente, strani labirinti da cui molti non erano più capaci di
uscire, a ognuno il suo caos, a ognuno la sua rinuncia. Fili invisibili ci
legavano, mentre ci trascinavamo verso un’uscita inesistente, era tutto qui,
immediato ed eterno, in ogni respiro, erano qui le notti e i giorni, le stelle
e gli universi, ad occhi chiusi, in silenzio, un’antica maschera, vecchia e
ricoperta di crepe, una mano sulla corda dorata, il sipario rosso si chiude,
nella sala non è rimasto più nessuno, gli applausi sono echi di gioventù,
scompari in un vortice di nebbia, a contare le orme che ti separano dalla
prossima fine.
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