mercoledì 4 aprile 2018

freewheelin' #36


Anche se ci fosse stato uno schema non sarebbe servito a nessuno, quindi non aveva importanza segnare in una griglia emotiva i propri stati d’animo, correlati a colori energetici e presenze pietrificate nei boschi dell’immaginazione, i tronchi argentei e le foglie dorate, il tempo immobile espanso in cerchi d’aria, dove nulla si muoveva eppure era tangibile e vivo e presente, le celle spaziotemporali si spostavano come fossero i tasselli tridimensionali di un cubo di Rubik psichedelico, le piccole stanze in cui ognuno di noi era rinchiuso, le pareti di morbida pelle, le vibrazioni, i terremoti che finivano per distruggere le fondamenta della psiche, i traumi, le fratture lungo la spina dorsale del mondo, i continenti di desolazione espansi in laboratori d’esistenza, speci ed evoluzioni, teste gigantesche issate sui pendii delle colline e i richiami ipnotici degli uccelli dalle mille piume, il dio serpente e i fulmini che qualche ubriaca divinità ellenica scagliava a caso sulla terra, gli incendi della memoria e le antiche librerie che assomigliavano a labirinti mnemonici, l’uomo con la testa di toro e i pilastri di templi distrutti, gli amari liquori oppiacei e le dolci labbra delle fanciulle del mare, le sentivo ancora cantare, la sera, disteso sulla sabbia al tramonto e mi chiedevo dove fossero andati gli anni e le loro reti di bugie e inganni e le rime che qualche poeta aveva inciso sulla pietra di un muro con segni appartenenti a un alfabeto che nessuno conosceva, le note improvvise di un’estasi sonora, i bagliori nel cielo, i lunghi capelli e la pelle, ogni immagine svanisce in sinfonie di liquidi silenzi.

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