venerdì 11 gennaio 2019

dream #84

Sono in una stanza con una ragazza dai capelli biondi, siamo sdraiati sul letto e stiamo ridendo, nel resto della casa ci deve essere una specie di party, perché sento delle voci e della musica, poi silenzio e le alte e oscure arcate di una chiesa che prendono forma e mi accolgono insieme a sagome sedute in penombra, poi qualcuno mi si avvicina da dietro e mi fa una puntura sul collo, è PCP, poi l’uomo con la siringa scompare. Sono seduto in una sala d’aspetto e parlo con una donna, mi sento nervoso per quelli che potrebbero essere gli effetti della sostanza che mi hanno iniettato, lei mi dice di andare via e ci ritroviamo in un appartamento, lei lascia delle chiavi su un tavolo e mi mostra un sacchetto nascosto in una crepa di un muro, lo prendo e lo apro, è pieno di hashish, diviso in sottili stecche, ne  afferro alcune e le metto nel mio zaino insieme all’erba che qualcuno mi aveva dato prima, molto probabilmente Gabriele. Lei mi dice di fare attenzione nella metropolitana, se avessi intenzione di tornare a casa con essa e mi consiglia di prendere un taxi, è più sicuro, poi mi chiede il mio indirizzo, me lo sono dimenticato, le rispondo, poi mi saluta ed esce dall’appartamento. Vado in una stanza e trovo Rebecca, ci mettiamo a parlare, poi decido di uscire anche io per andare a fare un giro, prendo le chiavi dal tavolo ed esco. Appena sono fuori dal palazzo mi rendo conto di non avere la minima idea di dove mi trovo, è una zona sconosciuta di una città in cui non sono mai stato prima, è meglio tornare dentro, penso e mi dirigo verso il portone, entro e adesso l’interno dell’edificio è enorme, mi sembra di camminare in una dimora principesca, le pareti e i pavimenti sono ricoperti da un marmo verde e scuro, salgo una scalinata e arrivo in una lunga galleria piena di quadri e scene dipinte sui muri, ho come la sensazione di essere in un bizzarro teatro, ci sono delle porte, provo ad aprirle ma sono chiuse, trovo un’ascensore e ci entro, vado al sesto piano, quando sono fuori dall’ascensore ci sono quattro porte sul pianerottolo, stretto e dal soffitto basso, busso a quella alla mia destra, intanto delle persone stanno salendo le scale che girano intorno alla tromba dell’ascensore, una ragazza apre la porta a cui ho bussato ma non è Rebecca, le dico che mi sono sbagliato, una delle persone che stava salendo le scale mi raggiunge e si ferma accanto a me, è un uomo, gli dico che non riesco a trovare il mio appartamento, lui mi suggerisce di guardare meglio una delle chiavi che ho in tasca, le prendo e su una di esse ci sono incisi due numeri, 4 e 6, lui mi dice che 4 è il piano e 6 è il numero della porta, entro nell’ascensore e scendo al quarto piano, sono di nuovo nella galleria teatrale, inizio a camminare e mi accorgo che adesso ci sono nuovi corridoi che si aprono sui lati che prima non avevo visto, cerco la porta numero 6, incontro un uomo e mi chiede se posso aiutarlo a trasportare qualcosa, lo seguo e ci ritroviamo fuori dal palazzo, lui mi indica uno scatolone e io lo prendo, poi rientriamo insieme dentro il palazzo, comminiamo per un corridoio, lui davanti e io dietro, sembra di essere all’interno di una specie di magazzino, ci sono degli uomini accanto ad un lavandino di metallo, mi fermo vicino a loro, poso lo scatolone per terra, uno di essi sta aprendo un busta di plastica da cui esce fuori una polvere bianca, coca, se ne mette un pò sul centro della fronte, mormora alcune parole, poi i suoi occhi si sciolgono in lacrime silenziose.

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