domenica 6 gennaio 2019

Aberystwyth #11

E Luna era venuta a ricordarmi di tutte le cose da cui dovevo ancora liberarmi e che forse non sarebbe bastata questa vita e nemmeno quella successiva per farlo. E aveva il suo sorriso di ragazza e i suoi modi gentili e sentivo allargarsi proprio nel centro del mio petto quell’antica e preziosa sensazione di meraviglia, quell’improvviso barlume di un amore che non sarebbe mai esistito al di fuori di quello spazio interiore, era lì che mi ero illuso per anni di incontrare qualcuno simile a me, era quel luogo che avevo cercato di descrivere con le parole quando le emozioni diventano così forti da fare male, era in quella scintilla di gioia e dolore che ogni scelta finiva per bruciare in una splendente solitudine. Luna mi ricordava delle decisioni sbagliate, del ripetersi degli errori e lo faceva mostrandomi il suo corpo nudo nei confini silenziosi di un sogno, mi sussurrava le stesse frasi di ogni amante che abbia mai avuto o immaginato e il suo volto era una maschera di dolcezza e fascino assoluti che accarezzavo lentamente, la pelle era un universo che le dita scoprivano e delimitavano e poi rendevano infinito, le iridi come pianeti di una galassia in cui mi rispecchiavo e perdevo, tutti gli orgasmi che ci siamo scambiati non sono stati altro che una menzogna, tutto il piacere dato e ricevuto, i brividi improvvisi, tutti i discorsi, le poesie, le parole che ho buttato su un foglio non sono state altro che una presa per il culo, Luna mi ricorda questo mentre mi sorride dall’altra parte dello specchio e lo fa con intelligente malizia e mi dice di osservarmi dentro, di non smettere mai di farlo, di guardare il nascere e il morire delle mie emozioni, attimo dopo attimo, giorno dopo giorno, che in quel logo sarò da solo e che in fondo l’ho sempre saputo, inspira ed espira e lascia che ogni riflesso di te stesso scorra e si trasformi, guardami un’ultima volta nel cielo, prima che scompaia e diventi di nuovo parte di te.  

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