martedì 4 febbraio 2020

Roma #3

Le stazioni seguono movimenti orizzontali, attraversando i nomi ripetuti di un linguaggio fatto di palazzi e cavi elettrici, murales e lettere giganti di un alfabeto metropolitano distorto. Il futuro è nella luce, aveva scritto qualcuno in un biglietto di auguri mai consegnato e poi l’alba si è levata, sacra e inviolabile, da est, inondando con lievi e tenui colori le campagne ancora distese sotto un velo di pallido gelo, luce d’infanzia, visioni di un mondo apollineo di autentica e silenziosa bellezza - Erano sempre e comunque le parole dette, pronunciate da bocche sconosciute, a rovinare le nostre percezioni, la nostra personale possibilità di essere parte del mondo e dei suoi segreti, in cui ogni minimo dettaglio risplendeva all’interno di un film privato e mentale - Una soggettiva dopo l’altra - Il regista seguiva solamente i suggerimenti cromatici dei riflessi, delle ombre nascenti, dei vuoti e dei pieni di un’architettura invisibile agli altri, si perdeva nelle sinfonie delle scintille e dello scorrere senza logica di quanto solo un’individualità estetica poteva trasformare in un flusso psichico di immagini danzanti. 

Sono seduto accanto a un finestrino, nell’attesa di un’ennesima partenza, i sogni si sciolgono nella veglia e non mi importa più nulla di addormentarmi o di aprire gli occhi in un vuoto di spettri ed echi d’amore, ci  ritroveremo sempre in questo mondo, pronto a svanire, per poi riapparire in un altro e un altro ancora, in un gioco di scatole cinesi in cui, a volte, la gioia di lasciarsi fluire ti inondava il cuore - Ero qui e anche altrove e il presente brillava e i colori pulsavano e finalmente non sapevo più nulla ed ero libero di guardare oltre le apparenze e raggiungere l’essenza delle cose e di me stesso e in essa fermarmi e respirare e attendere qualcuno che mi chiamasse per nome e si sedesse al mio fianco, senza domande o propositi, in un tempo privo di attimi che anche i giorni dimenticheranno di portare via con loro.

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