martedì 25 febbraio 2020

Orgiva #6

Wibbs mi stava aspettando nel suo furgone bianco scassato, parcheggiato in curva e quando mi ha visto scendere dalla corriera mi ha lampeggiato con i fari e allora ho preso il mio zaino e l’ho raggiunto, dopo aver salutato una donna tedesca con cui c’era stata una connessione psichica fra i sedili, tra sguardi e sorrisi, nel viaggio che ci aveva portato da Malaga a Orgiva. Mi sono seduto accanto a Wibbs, nel furgone, lui stava smadonnando in inglese, sbrodolando tutta una serie infinita di fuck, perché gli era finita la benza e allora, sorridendo, ho ringraziato le divinità dentro di me, per avermi riportato in questa vita, lontano dagli agi borghesi della mia famiglia e della mia città e ho pensato al vecchio Jack e a quanto fosse meraviglioso poter vivere come lui, almeno per questo periodo, ubriacandomi e scrivendo, perché le parole, quelle scritte, continuavano ad arrivare, a essere amiche vere e sincere e poi io e Wibbs siamo andati a comprare una tanica di diesel, attraversando velocemente a piedi Orgiva, con i soliti vecchi hippies seduti in un angolo, davanti al supermercato Dia, a chiedere l’elemosina per l’alcol e le droghe, a perdersi nel tempo e in quello che rimaneva delle loro esistenze e poi stavamo tornando indietro e Wibbs ha riempito il serbatoio del furgone con dieci litri e siamo finalmente partiti e il sole stava tramontando e ci siamo diretti verso Tablones e lì ci siamo fermati all’unico bar del paese, El Gordo, con gli zingari dentro e gli altri strani personaggi che sembravano usciti fuori da qualche sogno acido, come quelli che avrei incontrato in quella prima notte, dopo essermi addormentato nella yurt che sarebbe stata il mio piccolo e confortevole rifugio per le settimane a seguire. Avevo provato ad accendere la stufa che c’era dentro, senza riuscirci, la legna non era secca e la canna fumaria non tirava bene, così la yurt si era riempita di fumo e allora avevo lasciato perdere e avevo fatto cambiare l’aria e poi mi ero infilato tutto vestito dentro al sacco a pelo di piume d’oca ed ero scivolato piano piano in quell’altro mondo, il mondo onirico, che mi aveva accolto con i suoi segreti e lì avevo parlato e conosciuto persone, nel doppio notturno e senza nome del luogo in cui mi trovavo e c’era una grande stanza, una specie di negozio, con degli scaffali che arrivavano al soffitto pieni di libri e ne ho presi e sfogliati alcuni e poi sono uscito ed era buio e sono arrivato in un altro posto e c’erano alcuni uomini seduti per terra e uno di loro mi ha offerto una striscia di coca e io ho rifiutato e poi un cane ha abbaiato e ho chiuso gli occhi e li ho riaperti ed ero di nuovo nel furgone di Wibbs ed eravamo arrivati nell’oasi di Da-a-luz e Samara era seduta vicino alla casetta di legno nella quale abitava con i figli e ci siamo abbracciati e abbiamo parlato per un pò e poi mi ha mostrato la yurt e ha acceso una candela e mi ha augurato la buonanotte e allora mi sono disteso come fanno le montagne nella loro millenaria quiete silenziosa e ho respirato e sono andato altrove a incontrare un altro me stesso e la sua vita che attendeva solo di essere scritta.

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