lunedì 10 febbraio 2020

Roma #4

Le linee delle strade e quelle degli edifici illuminati dalla luce piena del sole, i profili dei palazzi e gli svincoli che si aprono improvvisi come curvature mentali di una mappa urbana incompiuta. Spazi di frontiera metropolitana abbandonati, interstizi nel cemento trasformati in abitazioni per gli uominitopo del nuovo millennio. Ximo scattava fotografie, armeggiava con le apparecchiature tecniche di un laboratorio per immagini psichiche, andiamo avanti, diceva, quasi eccitato dallo splendore della giornata - Seguiamo gli indizi dell’inconscio, quelli estetici dei nostri sensi estatici, poi sorrideva e mi passava una mezza pasticca blu.
Sentieri sconosciuti tratteggiati da piedi invisibili, i tunnel di stazioni fatiscenti ricoperti di strani disegni oscillanti, alcuni in movimento, altri in ironica stasi, enormi teste nere affette da elefantiasi, piegate sotto le ringhiere di parapetti arrugginiti, le vernici che qualcuno avrebbe dovuto sintetizzare, le file orizzontali di barattoli vuoti, le colonne in bilico di templi che il consumismo avrebbe eretto con i rifiuti dei nostri stili di vita divoranti - poi il richiamo fetido di un fiume grigiastro, ci muoviamo sotto le grandi arcate in calcestruzzo, altre mastodontiche scritte impresse sulle pareti, poi gli accampamenti fra i canneti, le miriadi di oggetti abbandonati, un’esplosione irrazionale di inventari di spazzatura disorganizzata, cercavamo tracce, spunti narrativi, c’era di tutto, oltre ogni possibile rielaborazione artistica, qui le avanguardie passavano e distruggevano e lasciavano lo scempio delle loro opere ovunque - villaggi subtropicali vietnamiti in piena desolazione periferica, lo scorrere quieto del fiume, gli echi della barca di Suttree che scivolava verso valle, i miseri appezzamenti sulle sponde, resti di falò e cerimonie primitive e poi i treni che correvano come proiettili scintillanti su rotaie d’argento, Ximo continuava a scattare foto mentre io mi smarrivo in reami di pura immaginazione personale, dovremmo trascorre una notte qui e celebrare la vita fra le fiamme e i fantasmi e gli spiriti atavici di famiglie gitane, le ombre sinuose di giovani zingare dalla pelle scura, i balli selvaggi, i loro occhi animaleschi, con il buio è meglio trovarsi altrove, dico a Ximo con una voce malleabile e liquida, ci sono zone che il tempo dimentica e il giorno altera, ci sono luoghi da cui i nostri passi non conoscono il ritorno, impareremo a perderci e sarai tu, fratello mio, a danzare ancora sui limiti di pensieri astratti e ragioni fallite.

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