lunedì 8 febbraio 2021

Bristol #18

Ero tornato a Bristol ed era quasi la metà di giugno, avevo affittato una stanza per una decina di giorni, dalle parti di Clifton, non avevo nessun piano, nessuna direzione da seguire, un cerchio si era chiuso e aspettavo che si aprisse  quello successivo.

La camera era piccola, bianca, da venticinque pound a notte, con un letto e un lavandino nascosto nell’armadio e una scrivania davanti a una finestra che dava su un giardino, gli alberi, i cespugli, la facciata di un’antica casa, un buon posto per riempire il taccuino nero di parole - La sensazione quando avevo aperto la porta ed ero entrato nella stanza era stata di panico, poi una infinita tristezza mi aveva assalito, mi ero seduto sul letto e mi ero messo a piangere, le immagini di Lynn, quelle della sua casa, i giorni passati insieme, tutto era destinato a svanire e a non tornare mai più.

Le notti tornavo sbronzo e mi mettevo a scrivere, fantasticavo su nuove mete e sui prossimi spostamenti, continuare a viaggiare mi sembrava la scelta migliore, restare in movimento, lo avrei fatto in treno, di stazione in stazione, in Galles, poi la vita, con il suo inarrestabile fluire, avrebbe deciso il resto.

Qualcuno bussò alla porta, andai ad aprire, era una donna spagnola, capelli neri e occhi di meraviglia, mi domandò qualcosa, la feci entrare, la stanza era piccola, si sedette sul letto e si tolse le scarpe, sorrise, non so come ma dopo alcuni minuti ero già in ginocchio davanti a lei, poi le stavo leccando e baciando i piedi, completamente nudo, il cazzo in un anello di metallo che lo faceva pulsare di dolore ad ogni erezione, lei mi tirava i capezzoli e rideva, poi allargò le gambe e mi ordinò di leccarle la fica, si tolse le mutandine e mi ritrovai con la testa fra le sue cosce calde, la lingua che le entrava dentro, la mia faccia fradicia dei suoi liquidi, il cazzo teso e duro, dopo non so quanto mi prese per i capelli e mi fece alzare, poi mi afferrò le palle, gonfie, non ricordavo l’ultima volta che avessi sborrato, le strinse, le tirò, con una mano portò la mia cappella vicino alla sua fica e con l’altra iniziò a masturbarsi, strofinava la punta del mio cazzo contro il suo clitoride, ripetendo in sussurri sensuali ed ipnotici che non potevo venire e  non potevo scoparla e che solo lei poteva avere orgasmi.

Un’altra notte, mentre stavo tornando alla stanza, un gatto cominciò a seguirmi, mi sedetti sotto un lampione e lui prese a strusciarsi contro la mia gamba, guardai il cielo, nuvole viola e sentori di pioggia, non faceva freddo, il gatto era scomparso, il giorno dopo c’erano dei fogli attaccati ai lampioni della zona, con le foto dell’animale, qualcuno lo stava cercando, c’era un numero di telefono, decisi di andare a bere una pinta a un pub, era domenica e non c’era molto altro da fare.


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