sabato 16 marzo 2024

dream #138

 Eravamo nel buio e da qualche parte, nei cunicoli, in una stanza sotterranea, c’era una festa a cui volevo partecipare e adolescenti intorno che si scambiavano sostanze fra le mani e parlavano un linguaggio che non riconoscevo più - Le loro risate sembravano indotte da qualche droga ingerita, così come le loro voci che si gonfiavano e stringevano e poi scivolavano sui pavimenti e mi portavano in  strani luoghi mentali con esse e stavo camminando, cercando un’altra stanza in cui avevo lasciato le mie cose, poi ero dentro la stanza e non c’era nessuno, solo alcuni letti con le lenzuola bianche, sfatti e mi chiedevo su quale avrei dovuto dormire, c’era ancora bisogno di risposarsi? O era solo un’altra inutile abitudine da cui non riuscivo a liberarmi? Poi ero per terra, supino ed Eleonora era stesa sopra di me in un gioco di corpi che non capivo, sentivo il suo peso e non riuscivo ad alzarmi, poi camminavo con Marta per i vicoli di una città, avevamo preso una metro ed eravamo tornati in superficie e in un parcheggio l’ho persa di vista e mi sono ritrovato da solo - Su un sentiero c’era un bambino disteso, sembrava che qualcuno lo avesse picchiato, non si muoveva e altre persone gli si erano accalcate intorno - Una sala da pranzo, con tavoli apparecchiati e molte cose da mangiare, mi preparo un piatto, anche se non ho molta fame - Avevo comprato dell’erba da un ragazzo, avevo ancora la bustina nella tasca dei pantaloni, pensavo alla festa e che se mi fossi sporcato non avrei avuto un cambio e così, dopo, sarei dovuto andare a prendere un aereo che esisteva solo nella mia immaginazione con tutti i vestiti sporchi e sgualciti - Aspettavo una ragazza, anche se non volevo vederla - La musica è iniziata nella sala, c’erano alcune maschere di cuoio sui volti dei ragazzi, uno di loro mi ha passato un popper che ho inalato immediatamente, poi mi è arrivata una pasticca che ho buttato giù, le luci stroboscopiche si muovevano, le pareti diventavano molli, le mie gambe di gomma, ero una marionetta da cui partivano fili di tungsteno scintillanti, i tuoi occhi erano fari mentre mi attraevano verso di loro senza che potessi guardare altrove, un sortilegio, una cura, una punizione, per l’amore dato e mai più ritrovato.

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