martedì 4 settembre 2012

industrial #7


Era in piedi, in una delle sale del terzo piano. Camminò fino ad una parete, meno rovinata delle altre, con una parte di intonaco ancora intatta. Toccò con la mano la superficie liscia della parete. Sembrava che in quella zona di muro la distruzione non fosse passata. Il caos aveva risparmiato quella superficie bianca. Una superficie rettangolare e geometrica. L’uomo si allontanò di alcuni metri. Poi rimase in silenzio. E assunse una pillola arancione. 
Il suo occhio sinistro iniziò a proiettare sulla superficie bianca un fascio di luce, che appena toccò la parete si espanse in immagini, l’occhio destro guardava. L’occhio sinistro proiettava, l’occhio destro guardava. 
Le immagini della vita fuori dalla Fabbrica, della vita passata. Dei giorni tutti uguali, delle azioni ripetute. I giorni di Svegliati! Lavati! Vestiti! Vai a lavorare! I giorni degli ordini e della vita scritta dalla mano di altre persone. Rivide i suoi vestiti, la sua casa, la macchina. Rivide sua moglie. Un montaggio veloce di dettagli. Le labbra. Gli occhi. Il naso. Le gambe. Dissolvenze dei loro momenti più intimi. Il mare racchiuso in una sfera di vetro. 
La morte portava maschere allegre per non farsi riconoscere e il diavolo vestiva sempre di bianco. Aveva una teoria sulle immagini del diavolo nella società dei consumi, quella più bella si poteva trovare sulla copertina di un album dei Beatles, Abbey Road. John Lennon era il primo della fila ad attraversare la strada sulle strisce. John Lennon era vestito interamente di bianco. John Lennon era il diavolo. 
Immagini di atti sessuali suoi e di sconosciuti. Immagini di pratiche sadomasochistiche. Donne in uniforme e in divisa. Stivali neri con i tacchi alti. Il cazzo gli venne duro. Immagini di notti solitarie, immagini del deserto. Lo sciamano danzava intorno al fuoco al ritmo dei tamburi, lentamente entrava in un altro mondo, attraverso l’assunzione di sostanze sacre, la fatica, la musica, i ritmi ossessivi. Lo sciamano compieva movimenti rituali e aveva una maschera da uccello con un lungo becco e una costume piumato. Lo sciamano urlò, in maniera primitiva, disarticolata. 

L’uomo venne in raggi di luce. La proiezione era finita. La Fabbrica, silenziosamente, respirava con lui. 

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