lunedì 4 agosto 2014

San Pedro #3


Il suono del tamburo era ritmico, una voce ululava nella notte, dei fischi animaleschi bucavano l’aria, facendomi vedere figure concentriche che si allargavano al loro passaggio nel vuoto, il suono appariva come la scia lucente di una freccia che fendeva l’aria, vista al rallentatore, che fioriva in corolle circolari, una dopo l’altra, una ad ogni colpo del tamburo, volammo poi nel cielo stellato, arrivando su un altura che dominava uno sterminato deserto, le rocce millenarie, aliene, preistoriche, che si ergevano come colonne vertebrali dalla terra, la luce e il buio si alternavano in maniera ritmica, ogni volta che il tamburo batteva, adesso più lentamente, le ombre delle pietre rosse ed enormi assumevano i contorni e le forme di volti dimenticati, questi sono i miei antenati, i padri di centinaia di altri padri, perduti nel tempo eppure adesso presenti, la loro lingua è quella dei sogni – disse il vecchio, volai sopra quelle ombre e ascoltai i loro racconti, attraverso immagini mentali, simili a quelle che percepiamo durante le esperienze oniriche, vidi le antiche cerimonie di quegli uomini, li vidi mentre salivano sul dorsale pietroso che costeggiava la valle della luna, di notte, in attesa che le divinità si manifestassero, salivano in fila, portando delle fiaccole in mano e una sacca sulla spalla, avevano delle vesti di lana che li ricoprivano interamente, come dei mantelli, mentre la testa passava attraverso un buco aperto nel centro di quello splendido tessuto, la luce delle torce tremolava nel buio e i canti di quegli uomini sembravano fatti di vento e sabbia e una volta in alto, al limite del dorsale, la luna uscì dalle nubi e loro si inginocchiarono e continuarono i loro canti, le fiaccole vennero usate per accendere un enorme fuoco e loro si sedettero in cerchio, intorno al fuoco, ognuno su una pietra con sopra inciso un simbolo, accanto alle pietre c’era il sacco di lana che si erano portati dietro la schiena durante la salita, dal sacco presero un lungo tubo dallo stretto diametro, alcuni lo avevano di osso altri di legno, poi presero una tavoletta, ce ne erano di diversi tipi: rettangolari, iperboliche, trapezoidali, ellissoidali, con una parte leggermente scavata, sempre rettangolare, su alcune tavolette c’erano delle incisioni che raffiguravano animali, giaguari, lama, alpaca stilizzati, lo sciamano aveva una piccola borsa di pelle attaccata alla sua cintura, la aprì e iniziò a tirare fuori dei semi di cebil, ne consegnò cinque ad ognuno degli uomini che sedevano sulle pietre, in cerchio, davanti al grande fuoco. Gli uomini presero un altro oggetto dalle loro sacche, un piccolo mortaio di pietra, ci misero dentro i semi e li iniziarono a pestare con una delle pietre che si trovavano da tutte le parti intorno a loro. Una volta che i semi divennero polvere gli uomini si fermarono, intonarono un nuovo canto, sommesso, a voce molto bassa, poi presero i lunghi tubi e tutti insieme, contemporaneamente, aspirarono la polvere. Poi fu silenzio e il tamburo del sacerdote e lo spazio infinito intorno, le stelle, il deserto, le montagne, l’intero universo raccolto in suono ipnotico. Nel cielo i punti luminosi si univano in forme archetipiche di animali, che cambiavano a seconda del ritmo del tamburo, il cosmo si espandeva e si restringeva, poi fu di nuovo silenzio, una nuova melodia nacque nel mondo, meravigliosa e infinita, come la visione di ognuno di quegli uomini.

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