domenica 14 settembre 2014

freewheelin' #12

Una colazione sull’erba, come in un quadro di Manet sotto gli effetti di sostanze psichedeliche, un canale quieto davanti ai miei occhi, una barca che ci scivola sopra, l’acqua opaca, mangio una spacecake, fumo sativa e mi incammino verso la stazione di Amsterdam, prendo un treno per Harleem e passeggio per la cittadina, trovo un angolo di calma verde e luce rassicurante, mi stendo sotto un salice, il vento tra le foglie, mi addormento nel prisma poliedrico della mia mente, riflessi di arcobaleni appaiono e scompaiono sotto le mie palpebre.

Nella sala Maria versa gocce di codeina in un piccolo bicchiere di plastica bianca, ce lo passiamo, poi le luci si spengono e affondiamo nel caldo abbraccio di poltrone rosse, i tessuti dei tendaggi e quelli delle pareti, li sento sulla punta delle dita, si apre il sipario e Antonin cammina senza parlare sul palco, il teatro del silenzio di Mullholand Drive, metto un braccio intorno alle spalle di Maria, chiudo gli occhi, si creano visioni di uomini sulle rocce di un dimenticato paese del Messico, i corpi torturati sulla pietra, gli antichi sacrifici, una farfalla chiusa in un pugno, gli occhi piramidali dello sciamano, una porta che si apre nel cielo e nella terra, Antonin seduto in una stanza bianca, il diario su cui scrive, la candela accesa, la danza del peyote su cumuli di macerie, il deserto mi stava chiamando, in sogno planavo sulle sue dune, osservavo le rocce, poi mi fermavo su un ramo di un albero nero.

La vita scorreva in filamenti incandescenti.

Il ritmo dei tamburi.

La melodia della voce.


In volo su mondi capovolti.

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