domenica 7 gennaio 2018

freewheelin' #34


Feste notturne in saloni poco illuminati, vestiti, braccia e bicchieri in movimento, una donna asiatica che distribuisce inviti, un bacio leggero sulle labbra, i lavori in città sconosciute, il senso di smarrimento, i corridoi e le vetrate, i nomi in codice e gli incontri in cortili e case d’infanzia, le illusioni ripetute di tutta una vita, non c’era mai stata una reale possibilità di fuggire, di creare un distacco, di osservare gli eventi da lontano, dalla cima della montagna lisergica, come avrebbe detto Al, ancora perso in qualche villaggio balinese nell’attesa che il vulcano finisse le sue esuberanze telluriche. E ancora tutte le parole che avevano riempito copioni e sceneggiature ormai dimenticate, interi scaffali di discorsi impolverati, gli schemi che ognuno ripeteva per uno stupido senso di facilità, ci si abbracciava, si dicevano due stronzate, si finiva al letto insieme, ne avevo abbastanza, c’erano oasi che solo gli oceani della mente e i deserti del corpo potevano ancora nascondere, presagi d’oriente, sonorità arabe, donne dagli occhi a mandorla e oli su cui scivolano le dita, sarei andato avanti e ancora più lontano, ennesime porte che il buio proteggeva, la testa poggiata su un muro di bianca quiete, le immagini della scimmia che risale la collina dei sakura, niente grida, niente danze, nessuna maschera a trasformare le nostre sembianze, un anello di costrizione gettato in un lago, la lieve foschia che gli alberi accarezzano, le ombre in un pozzo, i disegni floreali sui tappeti del piacere e i corpi sdraiati ad ascoltare sospiri e orgasmi proibiti.

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