domenica 21 gennaio 2018

London #7


Flussi sotterranei di pensieri, immagini dal sottosuolo, i volti giganteschi che si affacciano nelle gallerie, le voci di uomini polacchi, strascicate e stridule, le birre in mano, i gruppi di turisti, le marche e i loghi, i miraggi elettronici che corrono in fili colorati, fibre ottiche che attendono di esplodere in prismi di luce, in nuovi boati a cui le bombe avrebbero rinunciato per una rivoluzionaria strategia di silenzio e terrore, tecniche di guerriglia emotiva nascoste nelle facce che ci scambiavamo, protetti da vetri invisibili i corpi evitavano contatti e contaminazioni, le alte torri della centrale elettrica, i maiali volanti, le stanze nascoste dietro l’oscurarsi delle visioni, milioni di mattoni che trasformavano utopie e avanguardie in fabbriche mentali, le stazioni in cui il tempo non voleva fermarsi, la sensazione notturna di espandersi, di rallentare il respiro in allucinazioni che ripetevano il susseguirsi di tunnel psichici in prospettiva, erano troppe le persone e i loro mondi di parole e rumore, connessioni verbali sul punto di trasformarsi in solide statue di linguaggio marmoreo, le serie di fotografie che cercano di riprodurre un movimento centrifugo impazzito, la frammentazione dei perimetri di protezione, sguardi oltre i resti di notti artificiali, i laboratori clandestini in cui si sperimentavano svastiche in sostanze stupefacenti, gli angoli uncinati delle strade e gli sguardi di chi controllava le telecamere a circuito chiuso, tornavo da dove ero fuggito, il cerchio aveva punti che trascendevano la sua circonferenza, spazi e cortili di immaginazione, pure architetture che solo nei riflessi del futuro potevano diventare sintesi di astrazione.

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