Arbusti di artemisia e pietre e silenzio. Poi lo scorrere fangoso di un fiume e la terra arancione, le grotte, le cavità oscure, i passi danzanti nella notte illuminata dai ritmi elettronici di sonorità vibranti, serpenti a sonagli, cactus, divinità femminili sparse sulla circonferenza di un tempio in disuso, piante esagonali sussurrate nel crepuscolo del deserto, punti immaginari tessuti fra i canti di uccelli primitivi, le vane fughe, gli abbracci che gli occhi ricordano, donne impazzite in abiti africani, i loro piedi nudi che seguono un percorso di sensualità iridescente, le macchine abbandonate, le roulotte scaraventate dal passato su altari di sabbia e vento, i canneti che ondeggiano nei colori tenui del tramonto, componendo versi e arie di canzoni mai scritte, le colline si sdraiavano lascive sulle ultime luci del giorno, gli alberi se ne stavano immobili, a raccontarsi storie di semi e gemme, osservatori discreti di azioni che avevano dimenticato il pudore, i corpi senza vestiti che ne coprissero linee e desideri, le aberrazioni morali trasformate in posizioni di gioia estatica, le divinità della polvere, i grandi insetti aztechi, i millepiedi etilici, poi le palpitanti modificazioni visive di un’eccentricità acida che tutto avrebbe trasformato e mai più reso comprensibile ad una mente razionale e consumatrice, gli adepti del Mercato Cosmico, compravendita di anime fatiscenti, i parcheggi sconfitti dalle lamiere arrugginite, cadaveri solitari in avanzato stato di putrefazione etica, i balletti sincopati delle mosche, i teatri conici di lampade oscillanti, i profughi del presente persi nei flussi migratori del tempo, il velo colorato che copre il tuo volto, ogni sorriso che svela la grazia che hai dentro e che risplende di vita e mistero.
venerdì 3 gennaio 2020
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freewheelin' #82
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