martedì 9 marzo 2021

Orgiva #25

Prima neve sulle cime delle montagne e nuvole basse intorno e la drammaticità della luce e delle sue ferite nel cielo e tutte le notti in cui mi sono ritrovato a nascondermi, fumando erba e masturbandomi, addormentandomi e scivolando nelle fantasie dei Piaceri Proibiti e poi l’attesa di qualcosa che non sapevo bene che cosa fosse, forse solo l’arrivo del giorno in cui avessi potuto rimettermi in cammino, senza nessuna destinazione, solo per muovermi e andare e scomparire di nuovo.

Era sempre meglio non ascoltare le voci di chi ti stava accanto, a un tavolo, in un bar, lungo la via, in un ufficio, era sempre meglio annuire, ammiccare un sorriso che non significava un cazzo e farsi gli affari propri eppure ogni tanto qualche idiota continuava a farmi girare i coglioni e un pò del vecchio nervosismo tornava, pensavo di essermelo lasciato dietro nei corridoi, nelle stanze e fra i muri crollati dei miei anni di servizio come insegnante di italiano e invece no, qualcuno la voglia e l’energia di dire vaccate ce l’aveva ancora… Ma perdio non qui, no nel luogo dove vivo e dovrebbe essere la mia casa, no quando ho stappato il rosso e sto sorseggiando il primo bicchiere!

Poi lasciavo stare, era una lotta persa, soprattuto contro le donne, si discuteva, ci si arrabbiava, mi tornava pure la voglia di scoparle, quanta fatica, quante parole, quante dissanguanti incomprensioni, poi cercavo riparo nei respiri e nella quiete interiore, facevo pulizia nella testa, fra i pensieri, scaricando nella fogna tutte le frasi che non mi appartenevano e che non erano altro che echi sonori di monologhi stantii.

Rifugiati in te stesso, lascia chiuse le porte, accosta le finestre, abbassa le tendine, serra le persiane, il rumore del vento, quello della pioggia, l’unico linguaggio che abbia ancora la voglia di ascoltare.

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