sabato 3 dicembre 2011

Rabat


Città di sogno, lunghe strade alberate, dove il sole crea illusioni di luce sull’asfalto. Camminavo senza una direzione, guardando per terra, i vestiti sporchi e strappati, giorni passati a vagare, a cercare cibo tra gli avanzi dei pasti altrui. A strappare cicche di sigarette dalle mani della miseria, a guardarsi nelle vetrine senza riconoscersi.

Città di sogno, dove le persone parlavano una lingua dal suono melodioso e di cui non capivo nulla. Le notti ancora calde, in riva al mare, a sentire i canti dei pescatori e le loro musiche, ogni tanto mi offrivano da mangiare e io rimanevo accucciato vicino a loro e al fuoco che accendevano sulla spiaggia. A volte mi offrivano il loro hashish e io fumavo dalle loro pipe e l’oblio arrivava, denso e accogliente, cieli e mari oscuri e ancora la loro musica che modulava i miei pensieri e faceva danzare insieme sogni e ricordi.

Le donne erano meravigliose, mentre le guardavo seduto sotto un albero. Ad un angolo della strada. Portavano vestiti lunghi e avevano il viso coperto. Erano meravigliose perché potevo immaginare i loro segreti e perdermi in quelle fantasie e vedere stanze in penombra e sentire profumi di spezie che non conoscevo e il loro corpo sarebbe stato caldo e accogliente e le loro mani avrebbero svelato alla mia pelle i misteri dell’amore.

Avevo fame, ero stanco, le ombre sui muri disegnavano strane figure. Avevo con me un po’ di hashish che un pescatore mi aveva lasciato. Caricai una pipa, che mi ero intagliato da solo, con l’hashish e del tabacco che mi era rimasto sparso nelle tasche della giacca strappata e ho fumato sdraiato per strada e le persone hanno iniziato a muoversi più lente e i disegni delle ombre a trasformarsi in strani arabeschi, mentre le forze mi abbandonavano e respiravo piano e non c’era più passato o presente o futuro, la vita che avevo vissuto in un altro paese, le facce che avevo visto, non c’era più niente, qualcuno si sedette accanto a me, potevo sentire la sua presenza.

Città di sogno e amici scomparsi. Le strade erano sempre diverse, nel quartiere vicino al porto incontrai la compassione di una donna, più grande di me, mi portò a casa sua, rimasi nel suo letto, la sentivo uscire e rientrare, darmi da mangiare, accarezzarmi i capelli lunghi. Mi aveva lavato, mi aveva messo dei vestiti nuovi. Una lunga tunica bianca. Mangiai e dormii e continuai a sognare.

Mi raccontò della voce del suo popolo e di quella della sua terra.

Il suono di quelle parole erano dolci onde nelle quali affogare. 

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