sabato 31 dicembre 2011

L'occhio. La mano.



Era tornato a casa e lei non c’era. Anche le sostanze erano finite, ma per quelle non c’era problema, bastava andare per strada, poco lontano da dove abitava e aspettare che arrivassero i ragazzi. Ne conosceva tre o quattro. Arabi e africani.
Si era cambiato, si era messo una tuta ed era sceso in strada. Era già buio e intorno ai lampioni si allargavano aloni arancioni, sui marciapiedi delle persone camminavano, i negozi erano in  mano a stranieri. Pakistani e bengalesi. Negozi di frutta e verdura, internet point, negozi con abiti orientali. Si comprò una beck’s da trentatrè e andò all’angolo. Lì era più buio, c’era qualche albero e l’inizio di una zona pedonale. Salutò un ragazzo arabo, scambiarono qualche parola, lui gli diede i soldi, il ragazzo gli diede alcune sostanze, lui lo ringraziò e poi si dissero arrivederci.
Finì di bere la beck’s davanti ad un negozio di artigianato orientale. Guardava un paio di orecchini e pensava che le sarebbero stati molto bene. Era quasi tentato di comprarli ma poi si rese conto che non aveva altri soldi con lui. Le avrebbe fatto un regalo un altro giorno.
Camminò ancora e la notte stava diventando più fredda, era piacevole la sensazione di avere le sostanze con sé, di portarle a casa e di usarle. Di metterle in una scatoletta di legno, che aveva comprato a Barcellona anni prima. La scatoletta era dipinta di azzurro e verde e sulla parte che si apriva c’era disegnata un mano. Una mano con un occhio dentro.
Teneva la scatoletta sotto un feticcio africano. Una divinità trovata per caso in un mercatino di Amsterdam.

Parlarono molto nella sua mente i protagonisti di una storia. Lo scrittore poteva già vedere i contorni e le sfumature della loro anima. Il dolore che avevano provato.  Quello che si sarebbero detti. I dialoghi erano sempre la parte più difficile. E il centro delle azioni sembrava essere l’amore. L’origine di ogni incomprensione, della paura, della sofferenza stessa.

Incontrò una ragazza che portava a spasso il suo cane. Parlarono una decina di minuti. Di un film che lui aveva visto, degli esami della ragazza all’università, di un possibile viaggio, di come la mente, con il tempo, fosse in grado di cancellare ricordi e cose vissute.

E se la nostra mente avesse per davvero questa capacità? Di resettarsi completamente?
Quanto tempo perdiamo in cose inutili, chiese lo scrittore a se stesso. Tutto il tempo che dobbiamo sprecare per azioni e discorsi che non ci interessano. E cresciamo. Poi invecchiamo. E questi minuti, queste ore diventano sempre più preziose.

Un punto di rottura. Ecco cosa ci vorrebbe.

Lo scrittore camminava per alcune stradine. Amsterdam era gelida e bellissima. Era mattina e la luce risplendeva lisergica sui bordi delle case, nei riflessi dei vetri. Non aveva grandi cose da fare, quella mattina. E passeggiare gli era sembrata la scelta migliore. Avrebbe anche comprato alcune sostanze. E visto le maschere nel negozio del vecchio sciamano. Sarebbe andato a trovare Penny, che ancora lavorava in un sexy shop del quartiere a luci rosse. Avrebbero parlato e magari fumato insieme durante una pausa che lei si sarebbe presa.

Tornò a casa. Le stanze erano calde e accoglienti. Sistemò le sostanze nella scatoletta sotto il feticcio africano. Si guardò le mani.

Lei non era ancora tornata. 

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