domenica 14 aprile 2013

Amsterdam #19



Leggeva un libro di poesie seduto su una poltrona, nel soggiorno della casa di Penny, davanti ad una delle grandi vetrate. Beveva tè nero. Penny era uscita a fare un po’ di spesa, a comprare qualcosa per il pranzo e per la cena. Le aveva chiesto di prendere anche del vino rosso. Per la serata. Magari dopo un paio di bicchieri, se erano dell’umore giusto, avrebbero potuto fare qualcosa. Gli piaceva sedurre una donna. Una donna che conosceva. Era un gioco meraviglioso. Gli piaceva la complicità degli sguardi. Il contatto della pelle. Gli piaceva quando Penny portava delle calze velate e lui le accarezzava l’interno delle cosce, poi le sfilava le scarpe con il tacco e iniziava a massaggiarle i piedi, Penny rideva e dava un sorso dal bicchiere. Alcune volte le leccava i piedi. A lei piaceva. Erano le serate migliori. Alcune volte lei gli faceva una sega con i piedi. Dopo l’orgasmo lo ripuliva come fosse un bambino. Era divertente. E i suoi occhi erano stupendi mentre gli toglieva la sborra dal corpo con un fazzolettino di carta.

Posò il libro su un tavolino basso vicino alla poltrona. Sbucciò un mandarino e ne mangiò uno spicchio. Un odore gli invase le narici. Un ricordo. L’odore della colla che suo padre usava quando avevano costruito un plastico per i trenini elettrici. Ci avevano messo un mese a finirlo e ogni tanto, la sera, mettevano i trenini sui binari e li facevano girare. Avrà avuto otto o nove anni. Nel plastico c’erano anche delle case, gli alberi, le luci, le strade. Lo avevano fatto su una tavola di compensato. Erano così calme quelle serate, silenziose, con i trenini che passavano e passavano sui binari. Poi suo padre lo accompagnava a letto e gli leggeva una favola. La voce di suo padre. Erano anni che non la sentiva.

Una volta Penny gli aveva raccontato che per un periodo aveva lavorato come massaggiatrice in un centro nel red light district. La maggior parte delle persone andava lì per farsi svuotare le palle. Alcuni clienti erano degli uomini migliori e sapevano apprezzare e capire la magia di quella esperienza. La magia delle mani femminili sul proprio corpo. Anche lui aveva avuto la fortuna di farsi massaggiare da Penny. Sapeva accarezzarti l’anima con le sue dita. Sapeva quando far crescere l’eccitazione, quando calmarla. Era una gioia fatta di luce, esplodere nelle sue mani. E ringraziarla. Come ringraziava ogni donna dopo che l’aveva fatto godere.

Penny tornò a casa. Posò le bottiglie e le buste in cucina. Si avvicinò a lui e gli diede un leggero bacio sulle labbra.

-         Perché?
-         Perché oggi ti voglio bene

Lui sorrise. Lei anche. Si sedette sul divano vicino alla poltrona. Lui si alzò e si mise accanto a lei. Con un gesto malizioso Penny si tolse le scarpe e piegò le gambe sotto di lei. I piedi sfioravano i suoi pantaloni. Lui ne prese con delicatezza uno in mano e cominciò a massaggiarlo. Si guardarono negli occhi senza dire una parola. Non c’era nessun bisogno di parlare. Non con lei.

Fuori, un cane, passò abbaiando.

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