lunedì 1 aprile 2013

Valparaiso


La mattina presto, al terminal de buses di Santiago. Seduto su una panchina, la borsa accanto ai piedi. Guardo i riflessi della luce sul pavimento. L’aria è fresca. La vita intorno frenetica. Voci e corpi.

Da Santiago a Valparaiso. Dormo un po’. Guardo i piedi della donna seduta accanto a me, ogni tanto le nostre gambe si sfiorano. Ho un’erezione.

Valparaiso. Dal terminal de buses vedo le colline colorate di case, in alto, fino a toccare l’inizio del cielo. Anarchia architettonica. Vagabondo per le strade in salita. Ogni possibile forma diventa reale. Mi immagino in quelle strutture, nei materiali. Immagino la vita al loro interno. La mia vita.

Arrivo a casa di Francisco. Le lamiere che ricoprono le pareti esterne dell’edificio. Una scala ripida fino al secondo piano. Una piccola stanza dove potrò stare per qualche giorno. Dalla finestra: la città che scende verso il mare. A sinistra, il porto. A destra ancora case e colori, senza interruzioni. Il sole è splendente, l’aria calda. Francisco mi raggiunge nella piccola stanza e sorride. Mi passa una pillola rossa.

Vaghiamo per le strade. Gli effetti della pillola iniziano. Distorsioni visive e cambi di prospettiva, le salite diventano discese. Le discese diventano salite. Ho le mani sudate. Guardo i murales, i disegni cambiano dolcemente le loro linee, i colori sembrano esplodere, in alcuni momenti, come fuochi d’artificio. I bordi dei muri, dei palazzi, tremolano e brillano. Il cielo si muove a ondate, come fosse di acqua.

Seduti nel cimitero, sento le antiche voci dei morti. Melodie marine e canzoni di ubriachi. I marinai all’interno dei locali, la notte, a bere margaritas, scherzando con le ragazze con le scarpe con il tacco alto, il tango argentino, le danze, le risate, perché alle ragazze piaceva ridere e divertirsi ed essere corteggiate. Il contatto di una schiena nuda e sudata, soffice, morbida, le mani sulle sue natiche, mentre è piegata davanti a te e glielo spingi su, dentro la fica.

Saliamo su una cremagliera fino a una terrazza panoramica, davanti al museo navale, le rotaie sembrano sciogliersi e ricomporsi in orgasmi metallici. Ammiro il porto, il gioco delle gru e dei container colorati, una prospettiva infantile, in scala, il movimento verticale, caricare/scaricare, la logica del mercato contemporaneo in movimenti orizzontali, dimensioni sempre più piccole dei mezzi di trasporto. Cargo/camion/muletto/carrello/busta. Consumo. Bevo un jugo di fragola e basilico.

Un barbone raccoglie bottiglie di plastica e le mette in un sacco. Ha un cappello rasta enorme con dentro una massa di capelli gigantesca. Guardo un muro. Mandala colorati davanti ai miei occhi in movimenti concentrici. Lo stesso con gli occhi chiusi. Mi siedo sotto un albero e giro insieme alle visioni. I cani sdraiati all’ombra.

L’arrivo della notte. Le stelle che si accendono nel cielo. La croce del sud. In riva al mare sdraiato sulla sabbia. Lenta discesa nel reale. Respiro piano.

L’intero universo è dentro di me.




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