lunedì 15 aprile 2013

senza titolo


Parlavi nella mia mente, ragazzo, ed era così dolce la tua voce. E mi parlavi dell’amore e della quiete dorata, dei respiri al tramonto, del sorriso della luna prima della fine della notte. E a volte, ragazzo, l’amore che provavi sembrava essere qualcosa di sbagliato ed era doloroso vedere negli occhi degli altri il loro desiderio e l’attesa, la voglia di toccarti, era doloroso capire le loro illusioni e farne parte. E tu, ragazzo, eri sempre con me e ti guardavo seduto sotto un albero, mentre leggevi o scrivevi una poesia, ti guardavo sdraiato su un prato con gli occhi chiusi, ti guardavo così spesso, in silenzio, quando credevi che nessuno ti pensasse, che nessuno ti volesse vicino.
Ed è strano come i nostri sentimenti non trovino mai il giusto modo di esprimersi, le persone che hai ferito e continui a ferire, questo pensiero costante di percorrere strade accompagnato dal nulla, nessuno a cui sussurrare le tue parole, nessuno con cui abbracciarsi, nessuno con cui ammirare il cielo e scambiarsi la pelle.

Ti ho visto così tante volte mentre ti nascondevi nel buio e ti domandavi quanto non fosse giusto il ripetersi della sofferenza. Non c’è niente di giusto nel dolore. Non c’è niente di giusto nel modo in cui ci allontaniamo gli uni dagli altri. Eppure è così. Echi di discorsi già perduti nel tempo. Sorrisi sbiaditi. Labbra che non bacerai mai più.

Possa la tua strada essere ancora la mia. 

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