giovedì 15 giugno 2017

Come da tradizione (2009)

Le due famiglie si incontravano quasi esclusivamente per delle grandi mangiate. Sembrava che quel rituale fosse l’unico modo per stabilire un contatto, un punto di incontro fra loro. Intorno alla tavola si parlava sempre delle solite cose. I cani erano l’argomento di maggiore interesse, visto che entrambe le famiglie erano fornite di amabili quadrupedi. Poi c’erano le macchine, le case, i soldi e naturalmente il cibo. Da questo circolo vizioso, in cui si mangiava e si parlava di cosa mangiare, sembrava non esserci via d’uscita. Più le pance si ingrossavano, più il parlare di cibo diveniva una necessità, un bisogno fisiologico, un fagocitare pensieri inutili per riempire anche la mente, per gonfiarla, fino a farla scoppiare. L’aggiunta di notevoli quantità di vino rendeva poi possibilie la fuoriuscita dalle bocche dei componenti delle due famiglie di innumerevoli stronzate.

Una delle altre caratteristiche di quelle mangiate era lo sfoggio del proprio benessere. Durante le feste, natale e pasqua, la tradizione voleva che le abbuffate fossero devastanti, una volta a casa di una famiglia e quella dopo a casa dell’altra. Le due donne-mogli-madri erano sorelle e la sfida era prevalentemente tra loro. Era una gara a chi preparasse i piatti più fantasiosi e in maggior quantità. Per meglio santificare la nascita di nostro signore gesù cristo o la sua morte, queste persone andavano anche in chiesa a fare la comunione (forse come aperitivo) prima di sedersi a quelle tavole a mangiare come maiali.

Le donne poi si alzavano, quando i mariti erano talmente pieni che un divano, un sigaro e un goccio di grappa erano le uniche cose che desiderassero e prendevano i cani per farli scendere.

Sotto casa, libere dal fardello della farsa matrimoniale, chiamavano i loro amanti, si scambiavano gentili sciocchezze e inventavano i loro tradimenti futuri.


Poi risalivano su casa e iniziavano, silenziose, a lavare i piatti.

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