Le due famiglie si incontravano quasi esclusivamente
per delle grandi mangiate. Sembrava che quel rituale fosse l’unico modo
per stabilire un contatto, un punto di incontro fra loro. Intorno
alla tavola si parlava sempre delle solite cose. I cani erano l’argomento di
maggiore interesse, visto che entrambe le famiglie erano fornite di amabili
quadrupedi. Poi c’erano le macchine, le case, i soldi e naturalmente il cibo.
Da questo circolo vizioso, in cui si mangiava e si parlava di cosa mangiare,
sembrava non esserci via d’uscita. Più le pance si ingrossavano, più il parlare
di cibo diveniva una necessità, un bisogno fisiologico, un
fagocitare pensieri inutili per riempire anche la mente, per gonfiarla, fino a
farla scoppiare. L’aggiunta di notevoli quantità di vino rendeva poi possibilie
la fuoriuscita dalle bocche dei componenti delle due famiglie di
innumerevoli stronzate.
Una delle altre caratteristiche di
quelle mangiate era lo sfoggio del proprio benessere.
Durante le feste, natale e pasqua, la tradizione voleva che le abbuffate
fossero devastanti, una volta a casa di una famiglia e quella dopo
a casa dell’altra. Le due donne-mogli-madri erano sorelle e la sfida era prevalentemente tra loro.
Era una gara a chi preparasse i piatti più fantasiosi e in maggior
quantità. Per meglio santificare la nascita di nostro
signore gesù cristo o la sua morte, queste persone andavano anche
in chiesa a fare la comunione (forse come aperitivo) prima
di sedersi a quelle tavole a mangiare come maiali.
Le donne poi si alzavano, quando i mariti erano
talmente pieni che un divano, un sigaro e un goccio di grappa erano le uniche
cose che desiderassero e prendevano i cani per farli scendere.
Sotto casa, libere dal fardello della farsa
matrimoniale, chiamavano i loro amanti, si scambiavano gentili
sciocchezze e inventavano i loro tradimenti futuri.
Poi risalivano su casa e iniziavano,
silenziose, a lavare i piatti.
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